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Fed

Come va l’economia Usa e cosa farà la Fed

La Fed che tendeva a dare priorità ai prezzi degli asset ora si affiderà ai mercati per far tornare l’inflazione sotto controllo. Questa sì che è una svolta. Ma è una svolta diversa da quella che i mercati si aspettavano. L'analisi di Sonal Desai, Chief Investment Officer di Franklin Templeton Fixed Income.

Dopo la riunione del Federal Open Market Committee dell’1-2 novembre, i mercati si devono essere chiesti se il Presidente della Federal Reserve (Fed) Jerome Powell avesse deciso di vestire i panni del Grinch per questo Halloween.

I mercati finanziari guardavano alla riunione di novembre della Fed sperando in una “svolta”, un segnale di cambiamento che, dopo il previsto rialzo di 75 punti base (bps) di oggi, la Fed avrebbe deciso un paio di aumenti minori, quindi avrebbe fatto una pausa per poi ricominciare l’anno prossimo a tagliare nuovamente i tassi. I mercati erano convinti che questo avrebbe confermato il calo dei rendimenti obbligazionari che si è verificato la settimana scorsa e l’avrebbe trasformato nell’inizio di un declino costante. Uno scenario abbastanza roseo e costruttivo.

Ma Powell l’ha spazzato via. Rispondendo alle domande sulla riunione di dicembre, ha fatto intravvedere una luce di speranza, affermando che si potrebbe verificare un altro aumento di 75 bps o inferiore, a seconda dei dati. A questo punto della conferenza stampa, i movimenti sul mercato hanno dimostrato chiaramente che gli investitori si aspettavano un’apertura verso un rialzo minore. Invece è arrivata la doccia fredda, anzi più che altro una cascata gelata.

Non pensiamo al ritmo dei rialzi, ha detto Powell, ciò che conta adesso e quanto aumentano i tassi. Arriveranno più in alto di quanto pensava prima la Fed, ha affermato, e rimarranno alti più a lungo; è estremamente prematuro anche solo pensare a una pausa. La Fed non ha ancora fatto abbastanza, non si è nemmeno avvicinata, ha concluso.

L’inflazione è ancora decisamente troppo alta e l’inflazione core non mostra alcun segno di diminuzione. E la Fed non si preoccupa di una stretta eccessiva; i decisori politici sanno come intervenire in questa eventualità. Powell ha spiegato che la Fed invece si preoccupa – e molto – che la stretta non sia sufficiente (o di ridurre i tassi troppo presto), perché in quel caso l’inflazione si cristallizzerebbe.

Tutto questo conferma la mia consolidata opinione che il tasso di riferimento aumenterà di più e rimarrà alto più a lungo di quanto pensano i mercati e che gli investitori non dovrebbero aspettarsi tagli dei tassi nel 2023. Io ho avuto la netta impressione che Powell non voglia fermarsi finché non sarà sicuro che il tasso di riferimento sia abbastanza elevato; non vuole fermarsi e poi dover riprendere ad aumentare il tasso perché l’inflazione non scende. Preferisce sbagliare per eccesso di prudenza.

Penso che il tasso dei Fed Fund probabilmente raggiungerà il 5,25%–5,50%. Powell ha ammesso che il tasso di riferimento deve crescere oltre il tasso di inflazione core perché se il tasso di riferimento reale è negativo significa che la stretta non è sufficiente (come avevamo affermato anche noi in precedenza, quando le previsioni della Fed ipotizzavano che l’inflazione potesse scendere anche con tassi di riferimento negativi). Il team Franklin Templeton Fixed Income prevede che l’indice dei prezzi al consumo (CPI) core rimarrà attestato al 6,5% fino a fine anno, e che continuerà a restare sopra il 6% nel primo trimestre del 2023, scendendo poco al di sotto del 6% nel secondo trimestre. La spesa personale in consumi (PCE) core – l’obiettivo ufficiale della Fed – sarà un po’ più bassa e consentirà alla Fed un certo spazio di manovra; tuttavia, Powell ha già ammesso che la Fed guarda anche al CPI, perché è questo che conta per le persone.

Quindi, io ritengo che il tasso dei Fed Fund sia diretto verso quota 5,5% e i mercati devono ancora assorbire questo dato nella curva dei rendimenti. Per essere chiari, guardando al 2023, le nostre previsioni per i titoli a reddito fisso sono abbastanza positive; tuttavia, continueremo inizialmente ad affrontare gli sprazzi di volatilità elevata che abbiamo visto negli ultimi mesi come reazione a ogni nuovo dato, mano a mano che la curva dei rendimenti si adatta all’idea di una Fed più aggressiva. Sono anche convinta che difficilmente vedremo tagli dei tassi l’anno prossimo, contrariamente a quanto si aspettano i mercati.

Se le nostre previsioni sono corrette e l’inflazione core si mantiene testardamente elevata nel 2023, il declino guidato dall’energia dell’inflazione primaria non offrirà molto conforto ala Fed. La Fed vorrà essere sicura che l’inflazione core stia calando in modo sostenuto verso l’obiettivo del 2%. E se abbiamo ragione nel prevedere che il CPI core si manterrà eccessivamente elevato mentre ci avviciniamo alla fine dell’anno prossimo, un tasso dei Fed Fund del 5,5% non apparirebbe troppo alto. Ricordiamo che Powell ha affermato che la Fed non vuole rischiare di tagliare i tassi troppo presto.

E l’impatto sull’economia? Powell ha ammesso che al momento una recessione è probabile, ma ha aggiunto che dovrebbe essere di modesta entità. Io concordo, per gli stessi motivi citati da Powell: il mercato del lavoro è ancora straordinariamente solido e la spesa dei consumatori è ben supportata da risparmi elevati. Una recessione mite, se sempre accompagnata da un’inflazione elevata, difficilmente farà deviare la Fed dal cammino prefissato.

E l’impatto sui mercati? La conferenza stampa ha dato vita a un esperimento rivelatore. Verso la fine, a Powell è stato chiesto cosa ne pensava del fatto che si fosse verificata una ripresa dei mercati in risposta alla sua conferenza stampa. A quel punto però si trattava di una notizia vecchia: i mercati si erano ripresi inizialmente, ma questa ripresa era stata seguita da un’immediata flessione; Powell tuttavia non poteva saperlo. Come reazione, Powell ha semplicemente ripetuto il suo messaggio: i tassi aumenteranno più di quanto previsto in precedenza e rimarranno alti per più tempo; la Fed non teme una stretta eccessiva, ha paura di non stringere abbastanza o di un allentamento troppo precoce; e nessuno dovrebbe dubitare della determinazione della Fed a far scendere l’inflazione.

Noi avevamo previsto che sarebbe successo perché l’inflazione elevata non avrebbe lasciato altra scelta. La Fed che tendeva a dare priorità ai prezzi degli asset ora si affiderà ai mercati per far tornare l’inflazione sotto controllo. Questa sì che è una svolta. Ma è una svolta diversa da quella che i mercati si aspettavano.

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