Negli ultimi mesi molti commenti di mercato si sono concentrati sulla possibilità che l’economia statunitense effettui un “atterraggio morbido”. Di cosa si tratta esattamente?
È la situazione in cui un’economia rallenta abbastanza da permettere all’inflazione di scendere, ma non tanto da sfociare in una recessione, circostanza che molti investitori dubitavano potesse verificarsi due anni fa, quando la Federal Reserve (Fed) ha avviato la sua lotta contro l’inflazione.
Anche noi ritenevamo che questa eventualità fosse poco probabile. Da allora, tuttavia, l’inflazione è calata, la creazione di posti di lavoro è diminuita, pur restando positiva, e l’economia statunitense ha evitato una recessione. La battaglia contro l’inflazione non è ancora conclusa, poiché rimane al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla Fed, ma è abbastanza prossima a tale target da indurre il presidente della Fed, Jerome Powell, a promettere un taglio dei tassi durante il suo recente intervento a Jackson Hole, in Wyoming. Se tale riduzione sarà approvata nella riunione di settembre, sarà il primo taglio dei tassi dalla recessione causata dal COVID nel marzo 2020, segnando la fine della storica campagna biennale di inasprimento monetario avviata dalla Fed nel marzo 2022.
Cosa succederà ora?
Sebbene non esista una definizione ufficiale di atterraggio morbido, ai fini della presente analisi si ritiene che esso si verifichi quando la crescita del PIL reale si espande, in media, per tre trimestri a un ritmo inferiore al tasso di crescita potenziale dell’economia (attualmente pari al 2,0% secondo le stime del Congressional Budget Office), senza che in nessuno di questi trimestri si registri una vera e propria contrazione. Se nel terzo trimestre del 2024 l’economia statunitense crescerà a un tasso annualizzato dell’1,5%, come previsto dall’attuale stima di consensus, avrà centrato la definizione di atterraggio morbido.
Sarebbe un risultato significativo, poiché in passato, quando questo scenario si è verificato, l’economia ha tendenzialmente accelerato nei periodi successivi. Questo schema potrebbe ripetersi nel 2025, soprattutto se la Fed abbassasse i tassi.
Festeggeremo come nel 1995?
Se l’economia dovesse effettuare un atterraggio morbido nell’attuale trimestre, la situazione potrebbe essere simile alla fine di un altro ciclo aggressivo di inasprimento della Fed, all’inizio del 1995, che si è concluso con un tasso sui Fed Fund pari al 6,0%. Nonostante quel rapido aumento, l’economia si è notevolmente espansa fino al 2000, superando diverse difficoltà finanziarie, tra cui la crisi del peso messicano, la svalutazione del baht thailandese, il default russo e il crollo dell’hedge fund Long-Term Capital Management.
Durante tale periodo la Fed ha apportato modesti aggiustamenti al tasso sui Fed Fund: un taglio di 75 punti base, un aumento di 25 punti base, di nuovo un taglio di 75 punti base e poi ancora un aumento di 175 punti base per concludere il ciclo al 6,5%, il tutto mentre l’inflazione core rimaneva pari o al di sotto dell’obiettivo della Fed del 2,0%. Se oggi il percorso fosse simile, il tasso sui Fed Fund potrebbe raggiungere il minimo del ciclo pari al 4,125% concludendo il ciclo al 5,875%.
Nel 1995, però, l’economia statunitense era più debole di quella attuale, con un tasso di disoccupazione pari al 5,5% (poi sceso al 3,8%). Attualmente il tasso di disoccupazione è del 4,3%, quindi è meno probabile che si verifichi una lunga espansione. Inoltre, è possibile che oggi lo stesso livello di tassi d’interesse eserciti un freno maggiore sull’economia rispetto ad allora, a causa dei livelli di debito più elevati e dei cambiamenti demografici.
Al contrario, tra i fattori che potrebbero attenuare il freno dell’aumento dei tassi vi sono gli stimoli fiscali, il reshoring strutturale e le spese in conto capitale legate all’intelligenza artificiale.
Finora, tuttavia, l’economia sembra tollerare un aumento dei tassi di interesse. Nonostante le recenti preoccupazioni, anche il mercato del lavoro pare reggere. Il recente aumento del tasso di disoccupazione è avvenuto in concomitanza con la creazione di 114.000 nuovi posti di lavoro, il che indica che l’incremento è stato determinato principalmente dall’aumento della forza lavoro. Questo è esattamente ciò che i funzionari della Fed auspicano e che considererebbero un atterraggio morbido, ovvero un allentamento del mercato del lavoro in grado di moderare la crescita dei salari mentre l’occupazione continua ad aumentare.
Naturalmente, se l’afflusso di forza lavoro rallenterà e l’economia riaccelererà nel 2025, il tasso di disoccupazione potrebbe ricominciare a scendere.
Previsioni sui tassi d’interesse: meglio moderare le aspettative
Sulla base dell’attività del mercato dei futures sui tassi di interesse, gli investitori si aspettano che la Fed tagli i tassi di 50-75 punti base entro la fine di quest’anno e di oltre 100 punti base nel 2025. A mio parere, invece, i tagli saranno inferiori. Dopo alcuni tagli, se l’economia statunitense continuerà a crescere, o addirittura ad accelerare in base agli atterraggi morbidi del passato, e la crescita dell’occupazione rimarrà solida, dubito che la Fed voglia rischiare di surriscaldare un’economia in buona salute, in particolare se l’inflazione rimanesse in una fascia superiore al 2%, possibilità indicata da Powell nelle sue osservazioni della scorsa settimana.
Ogni volta che Powell interviene, sembra di assistere a un test di Rorschach: ognuno sente ciò che vuole sentire e vede ciò che vuole vedere, e probabilmente io non faccio eccezione. A mio parere la Fed non taglierà i tassi in modo così aggressivo come si aspetta il mercato. Tuttavia, ammettiamo di aver ritenuto improbabile qualsiasi taglio da parte della Fed nel 2024. A meno che non giungano dati estremamente sorprendenti nelle prossime due settimane, la nostra previsione potrebbe essere sbagliata di qualche mese. È comunque probabile che il 2024 si chiuda con un numero di tagli sostanzialmente inferiore rispetto alle previsioni di inizio anno del mercato.
Se, all’inizio del prossimo anno, l’economia statunitense si espanderà al di sopra del suo tasso di crescita potenziale, grazie a uno o due tagli dei tassi, la Fed potrebbe dichiarare la missione compiuta e lasciare le cose come stanno. Avrebbe senso mettere in pausa la politica monetaria, vista l’importanza della stabilità dei prezzi dopo il peggior picco di inflazione degli ultimi 40 anni.
Anche con un numero di tagli inferiore alle attese, questo contesto potrebbe sostenere le azioni e le obbligazioni. Un’economia in crescita dovrebbe fornire sostegno ai prezzi delle azioni nel lungo periodo, mentre i tassi potrebbero rimanere a un livello tale da offrire agli investitori obbligazionari una reale alternativa alle azioni.