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Come va l’economia ucraina

Fatti, numeri, problemi e prospettive sull'economia dell'Ucraina. L'intervento di Leonardo Dini da Sambir (Ucraina).

In questa controversa e difficile fase della guerra in Ucraina che non accenna a indirizzarsi a una tregua, mentre la guerra coinvolge sempre più paesi – con combattenti del Nepal e dalla Siria, dal lato russo; della Colombia e Polonia, dal lato ucraino – l’economia ucraina, grazie al leale sostegno europeo, non solo tiene, nonostante la diffusa corruzione interna, ma è addirittura in crescita.

COSA PENSA IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE DELL’ECONOMIA UCRAINA

La leader del Fondo Monetario Internazionale evidenzia in una sua riflessione che l’Ucraina ha meritato il sostegno economico-finanziario della comunità internazionale con le sue azioni di saggezza sul lato della economia interna: quest’anno, ad esempio, ha raccolto il 36% del PIL mediante le tasse: “non conosco molti paesi che lo facciano, anche senza una guerra” ricorda Georgieva.

Durante la guerra l’Ucraina ha ridotto l’inflazione dal 27 al 5%. Inoltre le prospettive di crescita economica sono in uno sviluppo pari al 4,5%; Georgieva ha anche ricordato la necessità di proseguire con il sostegno internazionale.

CHE NE È DELL’HUB TRA EUROPA E ASIA?

Per quanto attiene all’economia ucraina, come è noto il paese stava diventando, prima della guerra, un hub di collegamento tra Europa e Asia, tanto che la Belt and Road che oggi arriva in Bielorussia dovrebbe invece avere come punto di arrivo i porti, le stazioni, gli aeroporti e le autostrade dell’Ucraina.

Inoltre, al momento dell’inizio del conflitto, in Ucraina la Cina e la Turchia erano i maggiori investitori orientali e in assoluto, in Ucraina, tanto che ben undicimila cittadini cinesi, fra tecnici e imprenditori, si trovavano in Ucraina il 24 febbraio 2022.

Tuttavia, pur essendo di fatto al centro del mondo, il paese è tuttora considerato in via di sviluppo, sebbene il grano ucraino sia determinante nell’economia internazionale e nonostante la qualità della ricerca e della tecnologia ingegneristica della ricerca delle industrie ucraine a Dnipropetrovsk.

IL CAMBIO CON L’EURO

Sul lato del cambio fra hrivnia, la valuta nazionale ucraina, e euro, il cambio medio attuale è pari a 0,024 euro e a 0,020 sterline, dunque un euro vale oggi 40 hrivnia e una sterlina è pari a circa 48 hrivnia, 1 dollaro è pari a 38 hrivnia. Infatti, in Ucraina, particolarmente nelle regioni occidentali, è diffuso l’uso dei dollari nelle transazioni finanziarie, spesso usato anche per l’acquisto di appartamenti o terreni. Dunque, paradossalmente, il dollaro, anche nel suo corrispettivo che è il dollaro canadese, così come avviene con la sterlina, ha ormai un ruolo stabile nella economia ucraina. I dollari sono usati in modo più comune e diffuso rispetto agli euro, essendo vantaggioso il rapporto di cambio fra hrivnia e dollaro.

LE PRIVATIZZAZIONI

L’Ucraina sta anche sviluppando, nonostante la guerra, una intensa attività di privatizzazioni, già in atto prima del conflitto, sino dal tempo della desovietizzazione dopo l’indipendenza del 1991.

Il fenomeno delle privatizzazioni, sia immobiliari che industriali, è comune a tutti i paesi postsovietici e a quelli europei postcomunisti. Il premier ucraino Denis Šhimal ha dichiarato nel 2023 che si rende opportuno ridurre al minimo la presenza dello Stato nell’economia, pur mantenendo il controllo sugli asset strategici securitari del paese.

L’UCRAINA TRA CRESCITA DELL’ECONOMIA E LOTTA ALLA CORRUZIONE

È tuttora discussa la dicotomia fra la necessità oggettiva di contribuire alla ricostruzione e rinascita dell’economia ucraina e la simultanea necessità di limitare e controllare l’endemica e diffusa corruzione, nel sistema economico e politico ucraino, che rende difficile e ostacola anche il complesso processo di integrazione dell’ucraina nell’ Unione Europea. Se infatti molto è stato fatto in questa direzione, molto rimane da fare.

L’Ucraina ora è migliorata di tre punti percentuali nel CPI, indice internazionale di percezione della corruzione, trovandosi al centoquattresimo posto, su 180, nel mondo. E conseguendo, durante la guerra, un significativo miglioramento.

Il ministero più coinvolto dal problema della corruzione è quello delle Infrastrutture e della ricostruzione, parallelamente al ministero della Difesa; tuttavia il problema risale a molto indietro nel tempo. Già nel 2006 addirittura Cipro era il paese con maggiori investimenti in Ucraina, a causa di un sistema di investimenti deviato: molte imprese ucraine trasferivano surrettiziamente i loro capitali all’estero a Cipro, per poi reinvestirli, mediante società terze fittizie, sul loro stesso bilancio e poi vendere i prodotti industriali ricavati, proprio sfruttando la Borsa Merci e il sistema di detassazione cipriota.

Oggi lo stesso fenomeno accade tra l’Ucraina e la Svizzera, se ne è parlato anche per i recenti scandali concernenti il ministero della Difesa. Lo stesso fenomeno accade nei riguardi dei paradisi fiscali offshore e di Dubai, ove pure si svolgono vaste operazioni finanziarie connesse al sistema corruttivo ucraino e che includono strane alleanze finanziarie di oligarchi russi e ucraini, mediante le economie dei Paesi del Golfo.

COME VANNO GLI INDICATORI ECONOMICI

Circa gli indicatori economici l’Ucraina, prima e dopo la guerra, si attesta allo 0,2% di quota di mercato sull’export mondiale; il prodotto interno lordo, PIL, è significativamente salito da 115 nel 2018 fino a 164,3 miliardi di euro oggi, mentre l’indice dei prezzi al consumo è passato dal 26 del primo anno di guerra al 5% normalizzato oggi.

La popolazione è diminuita da 42,2 milioni del 2018 agli attuali 37 milioni, cui vanno detratti i dati aggregati sull’immigrazione forzata dovuta alla guerra e quelli dei caduti militari nella guerra.

In crescita esponenziale l’indebitamento netto sul PIL, passato dal 9,1 del 2018 al 20,6% attuale, così come il debito pubblico, passato dal 60% all’attuale 97% sul PIL; il saldo della bilancia commerciale, dai 5,8 miliardi di euro del 2021, è passato ai 19,1 di oggi.

Netto il danno sull’export ucraino, passato dai 59 miliardi di euro, del 2021, quando era in piena espansione, agli attuali 36 miliardi. A questo vanno aggiunti i gravi problemi causati dal blocco dell’export del grano, prima nel porto di Odessa e poi nel Mar Nero, rotta commerciale parzialmente ripristinata ma sempre a costante rischio interruzione; e vi si sommano i problemi prodotti dai ripetuti blocchi degli agricoltori stranieri, sia dal lato polacco che da quello romeno, che inibiscono il regolare export del grano e dei prodotti alimentari agricoli ucraini.

Si aggiungono i problemi nei rapporti bilaterali commerciali con la Polonia: nel settore agricolo l’import ha visto picchi di sviluppo, sia nel pre-guerra, nel 2021, con 63 miliardi di euro, sia nell’anno più recente, con 52 miliardi di euro.

A tutto questo vanno integrati i flussi finanziari di aiuti economici statali e privati, soprattutto quelli europei e americani, che hanno consentito la tenuta del sistema economico ucraino, con il pagamento di pensioni e stipendi e hanno evitato il default del sistema economico pubblico, conseguente allo sforzo bellico.

Sul lato industriale vanno considerati i numerosi e gravi danni all’industria ucraina causati dalla guerra: basti pensare ai danni a Dnipropetrovsk e nel relativo oblast, dotato di industrie ad alta tecnologia e alta produttività, alla perdita definitiva dell’intero sistema industriale minerario del Donbass, alla perdita dei raccolti agrari, in zone di guerra, alla distruzione di parte del grano e cereali prodotti e di molti depositi di derrate alimentari. E ancora alla distruzione diretta e indiretta di industrie in tutto il paese (basti citare l’acciaieria di Mariupol) nel territorio bombardato e alla distruzione e al danneggiamento di innumerevoli centrali elettriche, ai danni alla centrale nucleare di Zaporizhia e alla perdita del relativo potenziale energetico (la più grande centrale nucleare d’Europa).

DANNI FINANZIARI, TRANSIZIONE ENERGETICA E SOVRANITÀ

Quanto ai danni finanziari, circa la Borsa ucraina l’indicatore economico si attesta oggi a quota 507, al netto della guerra. Ma l’intero sistema economico ucraino si è dovuto forzatamente riconvertire a un’economia di guerra. Intere industrie hanno dovuto trasformare, talvolta addirittura improvvisare, in tempi rapidi, nuove linee di produzione o adattarsi alla necessità di uno stato in guerra. Molte delle miniere di carbone ucraine, con un ampio potenziale, si trovavano in Donbass, dunque, fin dal 2014, colpite.

Paradossalmente poi, la guerra ha velocizzato la transizione energetica in Ucraina tanto che, già nel 2019, le emissioni di gas serra del paese erano inferiori a quelle di gran parte dei paesi europei; inoltre l’eolico e il solare contribuiranno per il 30% al mix energetico già nei prossimi anni.

Anzi, qui in Ucraina, nelle regioni occidentali, ho avuto modo di osservare, in molti viaggi, tra il 2019 e 2024, l’efficienza e qualità degli impianti eolici sui Carpazi che non sono stati colpiti per ora dalla guerra e anzi appaiono sinergici con quelli analoghi vicini, dal lato europeo e polacco.

Passando al piano dell’indipendenza e sovranità economico-finanziaria ucraina, va in ricordato che i paesi che già prima della guerra avevano maggiori investimenti in Ucraina sono Cina, Turchia, Polonia e Germania. Di recente la Dragon Capital, società a partecipazione inglese, ha acquistato lo stabilimento di produzione di acqua termale e sta creando un nuovo bioparco a Truskavets, il maggiore centro termale ucraino occidentale: target dell’investimento è distribuire in tutta Europa l’acqua termale ucraina.

Analizzando invece i dati economici strutturali ucraini si denota che, nel fatturato commerciale ucraino, Polonia, Germania e Italia sono i tre primi tre paesi, mentre l’Italia segue la Polonia come maggiore destinazione in Europa dell’export ucraino, la quarta nel mondo dopo Cina Polonia e Turchia: emerge infatti che non solo non si è analizzato e considerato abbastanza, finora, a livello macroeconomico, in Occidente, il ruolo leader di paesi come Cina e Turchia, stakeholders asiatici per eccellenza, nell’economia ucraina, e il ruolo, emergente, di paesi come l’Arabia Saudita, che già oggi detiene, mediante il suo ministero dell’Agricoltura, il ruolo di investitore strategico nella Continental, uno dei leader della produzione Ucraina.

Emerge anche la presenza significativa degli investimenti nordamericani in ambito agricolo: in particolare Pinco, Fidelity e la discussa BlackRock, che sono tra i maggiori collettori di titoli di Stato ucraini negli States, mentre la banca di affari JPMorgan ha attivato le sue risorse, acquistando 20 miliardi di dollari di obbligazioni ucraine nel 2019 e ha coordinato la ristrutturazione del debito nazionale ucraino per 20 miliardi di dollari, nel 2022, oltre ad aver coordinato una raccolta di 23 miliardi di dollari in debito sovrano, fin dal 2010.

IL BOICOTTAGGIO RUSSO

Chi invece ha boicottato l’Ucraina è stata la Russia, autocratica per definizione nella storia ucraina antica e contemporanea, che oltre a invadere il paese ha ostacolato l’avvicinamento e la integrazione normale dell’Ucraina all’Europa, prima attraverso il presidente ucraino filorusso Janukovich, fino al 2014, e poi con la guerra.

Eppure tuttora e in futuro l’Unione europea, l’Unione euroasiatica, la Asean e la AAB, la Banca Asiatica di Investimento a leadership cinese, potrebbero essere in sinergia, collaborando allo sviluppo ucraino, se si andasse oltre la guerra e la lotta in corso, sull’Ucraina, che fin dal nome si definisce come territorio di confine, pacifico e hub naturale, fra Europa e Asia.

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