Tutto sembra andare a favore di Vladimir Putin, ma il contesto non è esattamente così favorevole come Mosca riesce a rappresentarlo. Il deficit di bilancio della Russia quest’anno dovrebbe arrivare a 55 miliardi di dollari, non una cifra siderale ma difficile da gestire per un Paese tagliato fuori dal sistema finanziario globale.
IL CALO DEI PREZZI DI PETROLIO E CARBONE
Anche perché il prezzo del petrolio russo, Ural, è tornato quasi ai suoi minimi, intorno ai 54 dollari al barile. E un conto è fare la guerra quando è a 70-80, un altro se si dimezza e c’è praticamente un unico compratore, la Cina, dopo che gli Stati Uniti hanno iniziato a fare pressione su Paesi più malleabili come l’India per limitare la raffinazione.
Inoltre, si intensificano le azioni nel Mar Baltico ma perfino in Africa per fermare le esportazioni illegali di petrolio russo con le cosiddette navi fantasma.
Il prezzo del carbone, altra risorsa da esportazione russa, sta collassando.
PUTIN HA BISOGNO DI UN ACCORDO?
Insomma, anche Putin ha bisogno di chiudere ora un qualche accordo prima che il vantaggio relativo sul campo di battaglia venga oscurato dalle fragilità economiche in patria.
IL RUOLO DI STEVE WITKOFF
L’Europa è fuori gioco nelle trattative, non resta che affidarsi all’immobiliarista di Trump, Steve Witkoff, che però sappiamo essersi fatto dettare la prima versione del piano di pace in 28 punti direttamente da Mosca.
Nel mondo trumpiano, dilettanti come Witkoff fanno sembrare un professionista dei negoziati perfino Jared Kushner, il genero del presidente, che nel primo mandato ha mediato la pace di Abramo in Medio Oriente prima di mettersi poi in affari con tutti i Paesi coinvolti.
Adesso che è tornato in campo come consigliere informale, l’onere di concludere qualcosa con Putin è soprattutto su di lui.
(Estratto da Appunti)
