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Come va l’economia italiana?

Ecco cosa mostrano gli indicatori €-Coin e ITA-Coin della Banca d'Italia. L'analisi di Giuseppe Liturri.

 

Cominciano ad avverarsi le peggiori previsioni sull’andamento dell’economia italiana nei prossimi mesi. Gli indicatori €-Coin ed ITA-Coin pubblicati dalla Banca d’Italia relativamente al mese di settembre, mostrano un andamento congiunturale in territorio ampiamente negativo. Andando indietro nel tempo, solo nei mesi della pandemia si sono registrati valori peggiori.

Questi indicatori sono costruiti da Bankitalia sfruttando mensilmente un vasto insieme di serie storiche macroeconomiche (quali, ad esempio, gli indici di produzione industriale, i sondaggi congiunturali, gli indicatori di domanda e gli indici di borsa) da cui viene estratta l’informazione rilevante per la stima della dinamica di fondo del PIL dell’area. In questo modo si riesce a fornire con notevole anticipo una indicazione sulla variazione congiunturale del PIL, al netto delle componenti più erratiche e quindi meno prevedibili.

A settembre l’indicatore dell’eurozona si è attestato a -0,73 (da 0,23 di agosto) e quello relativo all’Italia a -0,67 (-0,57 agosto).

Pesano il calo della fiducia di imprese e famiglie ed il rallentamento della produzione industriale. Aumenta così sempre di più la probabilità che a fine ottobre la variazione congiunturale del PIL del terzo trimestre appena concluso mostri un segno negativo, seppure di modesta entità.

Ciò induce ad aumentare sempre più la recriminazione verso la politica attendista del governo Draghi a partire dallo scorso autunno. Quando – di fronte agli evidenti fatti che segnalavano il divampare della crisi dei prezzi energetici e in presenza di un costo di finanziamento del debito pubblico ancora a tassi molto bassi intorno al 1,5% – ha rinunciato a mettere fieno in cascina, emettendo titoli pubblici a lungo termine, i cui proventi avrebbero potuto costituire una riserva di liquidità da spendere nei tempi di magra.

Purtroppo, ha prevalso la bolsa retorica della “virtuosità” e della “credibilità”, ed abbiamo puntato su non meglio definiti e mitologici “Recovery Fund per l’energia”, ottenendo fino ad ora miseri risultati e restando a bordo strada col piattino in mano, mentre la Germania ci passa davanti a tutta velocità facendo da sé.

Ora spenderemo di più, finanziandoci – mercati permettendo – a tassi triplicati rispetto a quelli dell’autunno scorso.

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