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Pnrr

Ecco le sfide del Pnrr per gli enti locali

Obiettivi, sfide e scenari sul Pnrr. L’intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente del Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio

 

Parecchio è già stato e evidenziato sui rilevanti impegni che l’Italia si è assunta con il suo “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (Pnrr) che, come nel caso dei Piani di tutti gli altri stati membri dell’Unione europea (Ue), ha specificato i progetti (ossia la combinazione di riforme, investimenti pubblici e sostegno agli investimenti privati) da finanziare con i fondi del RRF e da attuare entro il 2026 in tempi e con modalità predefinite e vincolanti.

Nel lungo periodo, la temporanea centralizzazione della politica fiscale indotta da “Next generation EU” potrebbe diventare il primo e cruciale tassello per un accentramento permanente della politica fiscale a livello europeo e per il connesso compimento dell’integrazione europea.

L’Italia è i tra i Paesi europei più avanti nell’erogazione dei fondi: ha avuto accesso sia al 13% dei fondi come pre-finanziamento sia a una percentuale dell’11% come prima tranche. Nel complesso, la Commissione europea ha erogato, quindi, quasi un quarto del Pnrr italiano, pari a 45,9 miliardi (di cui il 41% in sussidi e il 59% in prestiti), che stanno finanziando le azioni previste nel Piano del nostro Paese Una grande parte del successo dell’attuazione del Pnrr passa dalla sua dimensione territoriale.

La territorialità del Piano costituisce un anello fondamentale nel processo di conseguimento degli obiettivi di ripresa economica e di trasformazione del sistema Paese. Questo risulta a maggior ragione vero se si considera che gli enti territoriali rivestono la funzione di soggetti attuatori per una percentuale non trascurabile delle azioni di investimento comprese nel Pnrr. Questa quota può  tocca i 70 miliardi, circa il 35% del volume delle risorse assegnate all’Italia dallo strumento europeo di ripresa e resilienza. In particolare, essi svolgono questo compito nelle aree di competenza degli enti decentrati, ad esempio nella sanità e nelle politiche sociali, ma anche negli ambiti che più afferiscono alla transizione energetica.

Se dovessimo guardare alle performance italiane in materia di spesa dei fondi derivanti dalla tradizionale programmazione europea, non ci sarebbe da trarne indicazioni incoraggianti.

Cè un 17% circa dei fondi assegnati all’Italia che non viene rilevato a causa di inefficienze delle amministrazioni nella gestione del sistema di monitoraggio. D’altra parte, non è solo sugli enti territoriali che gravano le carenze amministrative. Al contrario, le percentuali di spesa dei programmi operativi nazionali, di cui sono titolari le amministrazioni centrali, sono inferiori rispetto a quelle registrate per i programmi a gestione regionale.

Una chiara criticità nell’adesione delle amministrazioni locali alle linee di investimento del Piano è rappresentata dalle carenze di dotazione del personale. I limiti di organico si sono via via aggravati a partire dal 2014, quando con varie misure, ai fini del contenimento degli oneri per la finanza pubblica, si è frenato il turn-over della pubblica amministrazione, con conseguenze evidenti su numeri, età media e competenze delle strutture. Non per caso, quindi, si rivela necessario, non da ora, un ampio ricorso a risorse esterne, quali le società di consulenza.

Sarà da verificare se i provvedimenti presi in materia per sostenere l’attuazione del Pnrr (accelerazione e semplificazione delle procedure di concorso, aumento delle possibilità di assunzione e di trasferimento delle risorse, potenziamento dell’assistenza tecnica etc.) si tradurranno in incremento della capacità amministrativa.

Una variabile chiave legata alle abilità di programmazione e gestione degli enti territoriali è la lunghezza dei processi. Una  sfida è rappresentata dalla complessità della “funzione obiettivo” alla base dell’attuazione del Pnrr. Esso, infatti, presenta una molteplicità di obiettivi e vincoli a cui le misure devono corrispondere: i target di settore vanno contemperati con risultati trasversali e criteri di carattere territoriale, quali la soglia di spesa per le regioni del Mezzogiorno. La strutturazione dei bandi e la formulazione delle graduatorie di selezione dei progetti dovranno risultare pertanto particolarmente efficienti per non compromettere il conseguimento di risultati generali e specifici.

La Corte dei Conti vigila mensilmente sullo stato di avanzamento dei progetti e della loro realizzazione e pochi giorni fa ha compiuto una prima analisi sulle amministrazioni centrali dello Stato che, a giudizio della Corte, hanno reagito positivamente al primo impatto con il Pnrr, con il conseguimento pressoché totale degli obiettivi previsti dal Piano. Tuttavia, l’attenzione sulla sua esecuzione resta particolarmente elevata e il giudizio complessivo sul 2022 potrà delinearsi solo a fine anno.  È quanto emerge dalla relazione approvata, con Delibera n. 47/2022/G, dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, in cui la magistratura contabile ha riportato gli esiti delle analisi svolte, attraverso un campionamento qualitativo e quantitativo, sullo stato di attuazione di 31 su 45 degli interventi ricompresi nel Pnrr e sul conseguimento degli obiettivi previsti per il primo semestre 2022.

Malgrado il dato formale positivo, nei settori esaminati sono emerse sostanziali criticità, in un contesto, come quello attuale, che ha visto modificare il quadro economico finanziario rispetto alle previsioni iniziali, determinando l’emersione di elementi di incertezza destinati ad influenzare il rialzo dei costi di realizzazione di alcuni progetti. In tale prospettiva, la Corte ha sottolineato il permanere di difficoltà notevoli nella capacità di spesa delle singole amministrazioni, a dimostrazione del fatto che una maggiore disponibilità ed un maggior impiego di risorse non corrispondono automaticamente a reali capacità di sviluppo. Un aspetto, quest’ultimo, da valutare in un lasso di tempo più ampio, che consenta di elaborare previsioni sull’impatto reale degli interventi del Pnrr sul Pil.

Sul versante attuativo degli interventi sul territorio – ha rilevato la Corte – è richiesta, soprattutto in alcune aree del Paese, un’azione di razionalizzazione che assicuri uniformità e omogeneità di presidio e di offerta di servizi, oltre a consentire lo svolgimento di efficaci controlli sui flussi di risorse e sul raggiungimento degli obiettivi finali. Alla conclusione del Piano, per governare il ritorno a una gestione ordinaria priva delle attuali, ma momentanee, disponibilità legate alle risorse europee, sarà fondamentale garantire la stabilizzazione dei flussi finanziari destinati alle amministrazioni, anche per evitare la messa in sofferenza delle imprese che hanno tarato organizzazione e strategie aziendali sull’attuale entità degli stimoli economici e finanziari.

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