Tecnologia, innovazione, welfare e capitale umano. Sono questi i quattro fattori sui quali le aziende dei distretti industriali hanno fondato la ripresa, dopo il calo del 2020, per farsi trovare pronte per il 2024 quando, secondo le stime, la domanda dovrebbe tornare a crescere a ritmi più sostenuti. Il centro studi di Intesa Sanpaolo ha condotto un’analisi dei bilanci di più di 90 mila imprese. Tra queste 22.302 imprese appartenenti a 159 distretti industriali hanno mostrato una capacità di reazione alla flessione subita nel periodo pandemico superiore alle 68.377 imprese non distrettuali.
IL RECUPERO POST PANDEMICO
Le imprese distrettuali, in termini mediani, già nel 2021 hanno registrato un fatturato del 5,2% superiore ai livelli del 2019, due punti percentuali in più rispetto alle aree non distrettuali. Migliore è anche la redditività: l’EBITDA margin nei distretti è salito al 7,7%, tre decimi di punto in più rispetto al 2019. In particolare, l’EBITDA margin è cresciuto di più tra le imprese distrettuali con brevetti: è salito al 9,9% nel 2021, dal 9,1% nel 2019. La differenza la fa il posizionamento strategico, gli investimenti strategici e la partnership con le imprese capofila. Tra queste ultime spicca il caso del settore Moda. “Nel Sistema moda – rileva Intesa Sanpaolo – le imprese fortemente inserite nelle filiere del lusso nel 2021 hanno mostrato una marginalità unitaria decisamente più elevata rispetto a quella dei fornitori marginali o non continuativi (9,4% vs 7%)”.
LA MIGLIORE RISPOSTA DELLE IMPRESE DISTRETTUALI ALLA CRISI ENERGETICA
Le aree ad alta intensità distrettuale hanno dimostrato una migliore prontezza nel risolvere i problemi derivanti dall’aumento dei costi dei beni energetici. Le strategie sono state diverse: dalla riduzione dei consumi, all’avvio e al potenziamento dell’autoproduzione di energia. In termini mediani emerge tra il 2019 e il 2022 un aumento del 57% degli importi pagati da imprese distrettuali a favore di utilities energetiche. Inoltre, le imprese distrettuali che hanno installato almeno un impianto per la produzione di energia rinnovabile hanno una marginalità più elevata (9,8% vs 8,1%). Le imprese piccole e micro sono quelle che traggono i maggiori vantaggi.
I DISTRETTI INDUSTRIALI CON I RISULTATI MIGLIORI
Ai primi tre posti della classifica dei migliori distretti italiani per crescita, export, profitti e solidità finanziaria, ci sono: la Gomma del Sebino Bergamasco, il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e i Vini e distillati del Friuli. A seguire le Materie plastiche di Treviso, Vicenza, Padova, l’Oreficeria di Valenza, le Macchine agricole di Padova e Vicenza, i Vini e distillati del bresciano e la Meccatronica di Trento. Nel complesso, nel 2022 la crescita dei distretti è proseguita: l’export ha toccato la cifra record di153 miliardi di euro, 25 miliardi in più rispetto al 2019 (+19,9% a prezzi correnti), mentre il fatturato, secondo le stime di Intesa Sanpaolo, ha registrato un aumento del 16,7% in termini mediani. L’inflazione e l’aumento del costo delle materie prime è stato, in parte, traslato sui prezzi e ha condizionato la marginalità unitaria la quale, tuttavia, ha subito una riduzione inferiore a un punto percentuale anche grazie all’efficientamento dei processi, all’autoconsumo e ai sostegni governativi. Le cose dovrebbero continuare ad andare bene anche nel 2023-24: la crescita nominale del fatturato dovrebbe continuare ad essere superiore al manifatturiero, +3,3% contro +0,9%.
ESSERE GIOVANI CONVIENE
La capacità delle imprese di rinnovare e potenziare le proprie competenze passa, secondo Intesa Sanpaolo, anche dall’aprirsi con più facilità alla transizione tecnologica e green, che può essere facilitata attraverso il passaggio generazionale. Nel 2022 nei distretti è salita al 12,6% la quota di imprese guidata solo da persone con almeno 65 anni, quasi due punti percentuali in più rispetto al 2019. Al contempo, è scesa al 19,9% l’incidenza delle imprese distrettuali con almeno un under quarantenne nel board, solo tre anni fa erano il 23,4%. Anche in questo settore, le performance delle aziende non distrettuali sono lievemente peggiori. I dati economici evidenziano come sia profittevole affidarsi agli under 40: le imprese con almeno un under 40 nel board sono cresciute di più in termini di fatturato nell’ultimo triennio e risultano più innovative e attente agli aspetti ambientali (il 25,1% ha certificati ambientali vs il 9,7% delle imprese con il board composto solo da over sessantacinquenni).
OFFRIRE WELFARE AZIENDALE AUMENTA LA PRODUTTIVITÀ
Per attrarre e trattenere competenze, soprattutto giovani, le aziende si sono affidate a mirate politiche di welfare aziendale. L’analisi, che si concentra su un campione di circa 2.000 imprese, rileva come siano proprio i distretti ad adottare più misure di welfare, lo scostamento rispetto alle aree non distrettuali è pari a due punti percentuali, che arriva al 10% se si considerano le microimprese. L’analisi evidenzia coma i ritorni dall’adozione di politiche di welfare sono evidenti: le aziende che hanno adottato misure di welfare nel 2021 hanno raggiunto livelli di produttività per addetto pari a 69.400 euro, con una differenza dalle altre imprese che è salita a oltre 18.000 euro, il doppio rispetto al divario del 2019. Far star bene i propri dipendenti riduce l’assenteismo e aumenta il legame e la fidelizzazione con l’impresa, con ritorni significativi anche in termini di produttività.
IL 75% DELLE IMPRESE DISTRETTUALI REGISTRA BREVETTI
Infine, l’analisi di Intesa Sanpaolo, si concentra sui ritorni della tecnologia. Questi dipendono fortemente dalla qualità del capitale umano, non è un caso se, negli ultimi anni, è aumentata la ricerca di figure e tecnici ICT. Nelle aree a media intensità distrettuale questa sfiora, infatti, il 50% (45,6% il dato totale). Inoltre, le imprese distrettuali mostrano un forte impegno anche sul fronte dei brevetti, circa 75 brevetti ogni 100 imprese vs. 51 nelle aree non distrettuali, cosa che ne rafforza strutturalmente la competitività. L’adozione di tecnologie 4.0 hanno riguardato i processi, venendo utilizzate per favorire l’automazione delle diverse fasi produttive e per monitorare e controllare i passaggi lungo la catena del valore. Anche in questo caso i vantaggi della tecnologia si riflettono sulla redditività e sulla produttività. Il centro studi ha concentrato la sua analisi su 423 imprese localizzate nel Triveneto, in Emilia-Romagna e nelle Marche, in gran parte attive in settori ad alta intensità distrettuale come Meccanica, Agro-alimentare e Legno-arredo. Tra le imprese 4.0 emerge la miglior dinamica dell’EBITDA margin, che si è rafforzato tra il 2019 e il 2021. Le differenze diventano più grandi rispetto alle imprese più piccole: nel 2021 quelle 4.0 hanno registrato un EBITDA margin pari al 14%; il resto delle microimprese si è fermato all’8%.