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Bce

Ecco come Unicredit suona la sveglia alla Bce

Perché la Bce non può dormire. Che cosa scrive Erik Nielsen, capo economista globale di Cib Research (UniCredit Bank, Londra) nel suo ultimo Morning Wrap.

 

L’Europa ha bisogno di stimoli di politica fiscale e monetaria a causa anche del danno concreto e visibile che sta facendo il presidente Usa, Donald Trump, sul fronte della guerra dei dazi con la Cina. Lo scrive Erik Nielsen, capo economista globale di Cib Research (UniCredit Bank, Londra) nel suo ultimo Morning Wrap.

CHE COSA SCRIVE NIELSEN DI UNICREDIT SULLA BCE

Il sentiment è in calo in tutto il mondo e ha cominciato a danneggiare gli investimenti, con effetti sul commercio globale in calo nelle principali economie quali Ue, Cina e Stati Uniti. Pechino, dal canto suo, spiega Nielsen, sta mettendo a punto un programma di stimolo impressionante e persino la Fed ha cambiato i suoi orientamenti di politica monetaria in materia di rialzo dei tassi. Ma, sottolinea l’economista, mentre la Bce ha espresso preoccupazione, non ha finora dato indicazioni chiare di voler cambiare direzione, per non parlare di muoversi nel concreto, determinando uno stato di attuale incertezza.

L’ANALISI DI NIELSEN

Secondo Nielsen, a questo punto Francoforte dovrebbe agire sia con aggiustamenti attraverso politiche mirate a debolezze congiunturali, che a strumenti in grado di agire sui problemi strutturali. A questo si aggiunga che viviamo in un ambiente globale competitivo, in cui la digitalizzazione richiede un approccio molto più mirato agli investimenti e all’istruzione.

IL RUOLO DEGLI STATI UNITI

Un’altra questione di una certa rilevanza è la tassazione in Europa, che dovrebbe essere armonizzata. L’economista di Unicredit cita una ricerca di Brad Setser di CFR secondo cui le aziende statunitensi hanno investito otto volte più in Olanda che in Germania, otto volte più in Lussemburgo che in Francia, e dieci volte più in Irlanda che in Italia. La Bce deve reagire a questo, anche perché sono trascorsi ormai anni di inflazione al di sotto dei target previsti dalla Banca centrale europea. E oggi le aspettative inflazionistiche tedesche a 10 anni (misurate dalle obbligazioni indicizzate all’inflazione) sono inferiori all’1% per la prima volta dal 2016.

ECCO PERCHE’ LA BCE DEVE MUOVERSI

E’ un’altra ragione per cui la Bce dovrebbe annunciare un altro round di Tltro a 3 anni con un tasso fisso pari a zero (anche se la versione a tasso variabile che dovrebbe essere annunciata andrà bene lo stesso). Il programma di Targeted Long Term Refinancing Operation è importante, perché interviene come strumento per affrontare il meccanismo di trasmissione del denaro ancora mal funzionante.

DOSSIER TASSI

Tuttavia questo meccanismo di trasmissione è compromesso fin dalla nascita dai tassi negativi (-0,4% il costo del denaro nell’Eurozona). E i tassi negativi non vengono trasferiti ai clienti delle banche (in alcuni Paesi per motivi legali), quindi agiscono come una semplice imposta sulle banche. E qui Niesel si chiede: in un momento in cui la Bce vuole che le pmi e le altre società dell’economia reale ricevano credito a condizioni allettanti, perché tassano gli intermediari?

CHE COSA SUCCEDE A FRANCOFORTE

Per l’economista “la sensazione è che la maggior parte delle persone a Francoforte capisca questa contraddizione, ma, in un momento in cui anche meccanismi complessi di politica monetaria devono essere spiegati al pubblico generale attraverso la stampa, i membri della Bce faticano a trovare un ragionamento semplice e concreto per far capire l’importanza di riportare i tassi a zero”.

GLI AUSPICI DI UNICREDIT

Invece la Bce dovrebbe parlare “in maniera più aggressiva sugli obiettivi di inflazione, promettendo di reinvestire l’intero portafoglio per tutti gli anni che serviranno in modo da far rialzare finalmente il costo della vita secondo gli obiettivi di Francoforte. E, se necessario, aggiungere un altro round di Quantitative Easing”, conclude Nielsen.

(estratto di un articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza)

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