Le porte della Cina sono più che aperte a investitori e imprese. Ai dazi e al protezionismo statunitense, Pechino vuole rispondere ergendosi a leader di una globalizzazione meno “solida” di un tempo. E quindi prova a convincere il suo vicinato, ma anche i paesi europei e i delusi dagli Stati Uniti, a rafforzare i rispettivi legami economici.
I NUOVI INVESTIMENTI ITALIANI
Il caso dell’Italia è emblematico. Il governo di Giorgia Meloni non ha rinnovato il memorandum d’intesa per la Via della Seta, firmato tra Roma e Pechino nel 2019 dall’allora premier Giuseppe Conte. Ma ciò non ha fermato i tentativi cinesi dal promuovere affari, il più delle volte mettendo sul piatto opportunità in zone economiche speciali.
Ieri è andata in scena una presentazione a Milano da parte di una delegazione dell’amministrazione di Lingang, un’area “free trade zone” – quindi a dazi zero – a sud est di Shanghai. Per fare un esempio, quella dove Elon Musk ha costruito una gigafactory di Tesla. A organizzare l’evento la Bank of China, il Consolato commerciale e la Camera di commercio delle aziende cinesi in Italia, sottolinea il Sole 24 Ore.
E Pechino, o meglio in questo caso Shanghai, si è portata a casa un paio di risultati importanti dall’Italia. La casa automobilistica Stellantis, infatti, ha firmato un accordo con l’amministrazione di Lingang per la realizzazione nell’area di un centro di riciclo per i veicoli e i loro pezzi di ricambio. Inoltre, anche Venchi, noto marchio italiano di cioccolato, ha deciso di costruire lì un centro regionale di confezionamento e distribuzione di cioccolato per tutta l’area Asia-Pacifico. L’annuncio trionfante è stato dato ai profili social della stessa amministrazione dell’area speciale.
LA CINA E LE SIRENE PER L’EUROPA
La Cina, quindi, sta premendo e vuole sfruttare il momento di gelo tra le due sponde dell’Atlantico per inserirsi tra Europa e Usa. Il dialogo con i paesi del Vecchio Continente prosegue, come testimonia la visita in queste ore del premier spagnolo Pedro Sanchez a Pechino, dove ha incontrato il presidente Xi Jinping. Nel faccia a faccia, Sanchez ha ribadito l’importanza degli scambi con la Cina. Ma anche a livello dell’Unione europea, i contatti con Pechino si sono intensificati dopo le mosse commerciali aggressive di Donald Trump. Ursula von der Leyen ha parlato con il premier Li Qiang, il commissario al Commercio Ue Maros Sefcovic ha discusso con il ministro cinese Wang Wentao. Proprio questi ultimi due hanno ragionato sulla possibilità di stabilire dei prezzi minimi per i veicoli elettrici prodotti in Cina, sostituendo i dazi europei aumentati lo scorso ottobre al 45,3%. I negoziati andranno avanti.
Inoltre, secondo un’esclusiva del South China Morning Post, la leadership europea – con von der Leyen e con il presidente del Consiglio Antonio Costa – starebbe valutando un viaggio in Cina a fine luglio con l’obiettivo di incontrare il presidente Xi. Sarebbe un segnale evidente della volontà di Bruxelles a rafforzare i rapporti quantomeno economici con Pechino alla luce del contesto internazionale attuale. Una sfida inaccettabile agli occhi di Washington. Il segretario al Tesoro Scott Bessent, infatti, ha affermato che un avvicinamento alla Cina sarebbe per l’Europa “come tagliarsi la gola”.
GLI OCCHI SUL SUD EST ASIATICO
Ad ogni modo il mondo si muove. E la Cina non rimane ferma ma sembra voler tirar dritta con la sua strategia di reazione alla guerra commerciale di Trump. Xi Jinping ha in programma la prossima settimana un tour in alcuni paesi del sud est asiatico. Perché non c’è solo l’Europa. Il presidente cinese dal 14 al 15 aprile sarà in Vietnam, poi dal 15 al 18 è il turno di Malesia e Cambogia. Tre dei paesi più colpiti inizialmente dalle minacce di dazi della Casa Bianca, poi rimangiate da Trump. Il viaggio servirà a dimostrare il desiderio di Pechino di integrazione con i propri vicini. Era stato lo stesso Xi ad affermare di voler approfondire la “cooperazione a tutto tondo” con essi. Un segnale indirizzato sia a loro sia agli Usa. Tanto più che, secondo indiscrezioni, con il Vietnam la Cina dovrebbe firmare una quarantina di accordi economici specifici.