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Lettera Bruxelles

Ecco come i leghisti Bagnai e Borghi sfruculiano Juncker e Moscovici sulla manovra

L'articolo di Fernando Soto

Macché riscrittura della manovra. Macché accoglimento in toto del verbo di Bruxelles. Macché stravolgimenti della legge di Bilancio all’insegna dell’austerity.

Certo le trattative sono in corso tra Palazzo Chigi, Mef e Commissione europea sulla manovra finanziaria del governo dopo l’annuncio da parte dell’esecutivo europeo di una procedura d’infrazione per il debito sull’Italia.  Ma la conclusione della trattativa non sarà una retromarcia del governo Conte.

E’ questo quello che si desume dalle ultime dichiarazioni, che non ha avuto larga eco sui media, di due esponenti di rilievo della Lega di Matteo Salvini. Ossia degli economisti Alberto Bagnai e Claudio Borghi, rispettivamente presidente della Commissione Finanze del Senato e presidente della Commissione Bilancio della Camera.

CHE COSA HA DETTO ALBERTO BAGNAI

Che cosa ha detto a Radio Rai Alberto Bagnai? “Abbiamo in corso un dibattito che è di natura squisitamente politica: dal punto di vista economico è un dibattito surreale. C’è un Paese guidato da un governo con un orientamento politico diverso dagli orientamenti politici prevalenti quando l’attuale Commissione Ue prese il suo incarico, e quindi questa Commissione cerca di combatterlo con gli strumenti che ha a disposizione”. “Il problema – ha aggiunto Bagnai – è che quel vecchio orientamento politico sta portando l’intero progetto europeo, e ha già portato interi Paesi, al fallimento, e noi vorremmo evitare ai nostri concittadini questo triste destino”. Conclusione: “Non esiste effettivamente alcun motivo né economico né secondo me politico per deflettere dall’impianto della manovra”.

ECCO LE PAROLE DI BORGHI

E Borghi? Ecco il tweet del presidente della Commissione Bilancio della Camera: “Anche il mio cane sa che non si parte il primo gennaio a pagare pensioni e reddito. Fare i conti di quanto si spende in meno alla realistica data di inizio dell’erogazione dei soldi non è piegarsi a nessuno, ma fare un conto minimamente realistico e liberare risorse per gli investimenti”. Poi, una dichiarazione a Radio 24: “La Commissione Ue è politicamente morta, ma vorrei aggiungere che il punto di partenza della Commissione era lo 0,8% di deficit. Se noi diremo che faremo più investimenti e loro approveranno, resterà una sconfitta di Bruxelles, non nostra. Non vale la pena per una Commissione morente arrivare a uno scontro del genere”. E ancora: “Nessuno è così cretino da pensare che si possa utilizzare il metodo Grecia con l’Italia. La verità è che avrebbero già voluto provare a metterci in ginocchio con spread e cose di questo tipo, perché invece di piegarci alle loro logiche, che sono le logiche dell’ipocrisia assoluta, noi siamo facendo vedere a tanti che l’Italia dei Padoan e dei responsabili nelle manovre scriveva dei numeri, poi se ne sbatteva e faceva quello che voleva”.

LO SCENARIO DI CAPEZZONE

Che cosa può accadere ora? Daniele Capezzone sul quotidiano La Verità, dopo aver ricordate le parole di Bagnai e Borghi, ha delineato questo scenario: “Per ciò che riguarda “quota 100” e la revisione della Legge Fornero, gli stanziamenti iniziali (7 miliardi per il primo anno) appaiono non solo capienti, ma sovradimensionati. Basteranno meno soldi, grazie alle “finestre” che razionalizzeranno i flussi dei lavoratori in uscita. Per il reddito di cittadinanza, si punta a una partenza differita, comunque nella primavera del 2019. Ancora ieri Luigi Di Maio ha confermato l’idea di adottare un decreto già intorno a Natale: ma l’erogazione sarebbe ad aprile. E se i Cinquestelle accettassero il (saggio) suggerimento dei loro alleati leghisti, la misura potrebbe anche cambiare volto. Il Carroccio suggerisce che, una volta accettata l’offerta di lavoro, la misura muti la sua natura originaria: non più un sussidio assistenziale, ma una defiscalizzazione per l’impresa che assume. Costo inferiore, e anche maggiore presentabilità del provvedimento. Le risorse risparmiate porterebbero a un taglio secco del rapporto deficit/Pil, oppure potrebbero essere (anche parzialmente) dirottate sul capitolo degli investimenti“.

L’AUSPICIO

Conclusione di Capezzone dalle colonne del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro: “Forse governo e maggioranza farebbero meglio – a nostro avviso – a considerare un altro problema, legato alle esigenze di crescita dell’Italia in un 2019 che si annuncia non facile: nella cubatura complessiva della manovra, i tagli di tasse appaiono estremamente sacrificati: c’è solo un intervento – positivo ma assai limitato negli stanziamenti – per le partite Iva. Sarebbe una sorpresa positiva se, nell’azione emendativa, i tagli di tasse, oggi così gracili, fossero sensibilmente irrobustiti”.

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