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Commissione Ue

Ecco come Bruxelles ha fatto festeggiare le big della consulenza

Tra 2016 e 2019, infatti, la Commissione Ue ha speso più di 462 milioni di euro in contratti con le Big Four della consulenza strategica: Deloitte, Price Waterhouse Coopers (PwC), Kpmg e Ey. A rivelarlo è un’inchiesta di Euractiv. Ecco numeri e dettagli

 

A far parlare, anche se per volumi d’affari sensibilmente più ridotti (25mila euro), era stato già a inizio mese il contratto di consulenza che il ministero dell’Economia e delle Finanze del governo Draghi aveva concluso con McKinsey per la stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Adesso, e con ben altre cifre, l’acceso dibattito sul coinvolgimento delle aziende private nella gestione delle politiche pubbliche si sposta a Bruxelles e assume contorni continentali.

Tra 2016 e 2019, infatti, la Commissione europea ha speso più di 462 milioni di euro in contratti con le Big Four della consulenza strategica: Deloitte, Price Waterhouse Coopers (PwC), Kpmg e Ernst & Young (Ey). A rivelarlo è un’inchiesta di Euractiv, il network d’informazione pan-europeo con sede a Bruxelles, a partire da informazioni presenti in documenti ufficiali della Commissione, molte delle quali accessibili anche attraverso l’Fts, il sistema di trasparenza finanziaria dell’esecutivo Ue, il portale da dove si può risalire a tutti i beneficiari dei fondi europei a gestione diretta.

Maggiore destinatario dei fondi Ue, nel periodo considerato dall’indagine di Euractiv, è Kpmg, per un totale di quasi 155 milioni di euro, seguito da Ey (121,3), PwC (93,7) e Deloitte (92,2).

SOSTEGNO ALLE RIFORME STRUTTURALI

Negli ultimi anni, le consulenze sono cresciute in particolare in connessione con il programma di sostegno alle riforme strutturali, lo “sportello” dell’Unione europea che fornisce agli Stati membri competenze tecniche su misura, da parte di personale interno alla Commissione o da esterni assunti attraverso altre organizzazioni internazionali, aziende private o Ong, per progettare e attuare le riforme in vari ambiti, dalla competitività al sistema giudiziario, dal settore finanziario alla pubblica amministrazione, dalle politiche sociali e del lavoro alla gestione dei conti pubblici.

I governi possono, attraverso un’autorità di coordinamento, chiedere il sostegno dello strumento Ue (che è completamente sovvenzionato da Bruxelles e non richiede cofinanziamento nazionale) in particolare per l’attuazione delle riforme strutturali previste dalle raccomandazioni specifiche per Paese nel quadro del Semestre europeo, il quadro di coordinamento delle politiche economiche Ue.

Da qualche mese (un profilo molto recente non preso però in considerazione dai calcoli dell’inchiesta), le competenze fornite dallo strumento di sostegno alle riforme strutturali (nel frattempo rinominato Strumento di sostegno tecnico), è diventato anche un pilastro importante della predisposizione e della modifica dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR), le strategie nazionali attraverso cui le capitali possono sbloccare i fondi di Next Generation EU (672,5 miliardi) destinati agli Stati.

UN TERZO DELLA TORTA

Nel 2017, primo anno in cui il programma di sostegno alle riforme è stato operativo, appena il 2% del totale è andato a società di consulenza private e il resto ad appannaggio di organizzazioni internazionali. Le cose sono però rapidamente cambiate e nel 2019, l’ultimo anno preso in esame dall’inchiesta, le Big Four hanno incassato circa un terzo del budget disponibile per la consulenza nella predisposizione delle riforme strutturali (circa 25 milioni di euro: 10,3 a PwC, 6,7 a EY, 3,9 a Deloitte e 3,4 a KPMG).

La “potenza di fuoco” delle grandi realtà della consulenza strategica è destinata ad accrescere in clima Recovery, prevede l’inchiesta di EURACTIV, con una dotazione finanziaria annuale di circa 115 milioni di euro ogni anno prevista dalla Commissione per lo Strumento di sostegno tecnico.

“LA MIGLIORE EXPERTISE”

Le società di consulenza contrattualizzate da Bruxelles “forniscono la migliore expertise mondiale lì dove è più necessaria”, il commento di un portavoce della Commissione citato da Euractiv, che ha anche precisato come tutti gli appalti in questione seguono una procedura pubblica che premia l’offerta economicamente più vantaggiosa e che l’esecutivo Ue rimane coinvolto in tutta la fornitura del servizio. Eppure, sono in molti a sollevare qualche dubbio su questa normalizzazione del coinvolgimento delle società private di consulenza strategica nella predisposizione delle politiche pubbliche degli Stati membri in ambiti chiave.

Incaricate sulla carta di fornire le conoscenze necessarie ai governi per prendere decisioni in ambiti tecnici ed estremamente specializzate (come sottolineato anche dalla vicepresidente esecutiva della Commissione Margrethe Vestager), le Big Four concludono i loro report con delle raccomandazioni circa la strada da intraprendere, che poi l’esecutivo nazionale è libero di seguire o meno. Ma secondo alcuni contratti citati dall’inchiesta sarebbero anche coinvolte in momenti decisionali.

CONFLITTO D’INTERESSI?

Secondo alcuni europarlamentari citati dal portale, tra cui il capogruppo dei Verdi Philippe Lamberts, non ci sarebbe solo il dilemma etico su un ruolo tentacolare delle società nella consulenza ai governi (“Come la Commissione ha i soldi per assumere consulenti esterni, così li avrebbe per fare nuove assunzioni nei suoi ranghi”): i contratti solleverebbero anche problemi di conflitto d’interessi, visto che le Big Four hanno in parallelo, e sugli stessi temi, anche la fornitura di pareri strategici agli attori privati. Un nodo intercettato di recente anche dall’ufficio del Mediatore europeo, presieduto da Emily O’Reilly, che già nei mesi scorsi aveva messo in guardia dall’esternalizzazione di consulenze a operatori del mercato con un chiaro interesse regolatorio nell’ambito in questione.

Interpellata da Euractiv, la Corte dei Conti dell’Unione europea ha confermato che “sta valutando le spese per contratti di consulenza esterna fatte dalla Commissione così da capire se ottiene un buon rapporto qualità/prezzo e se al contempo protegge i suoi interessi”.

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