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Ecco balletti e fuffe di Conte e Gualtieri sulle misure anti Covid-19

I traccheggi nei palazzi europei. Le indecisioni del governo Conte. E il ruolo della Bce (non sfruttato dal Gualtieri?). L'approfondimento di Giuseppe Liturri

Qualche giorno fa ci chiedevamo quale fosse la linea del governo sul Mes. Quella del Presidente Giuseppe Conte che rifiutava “strumenti del passato” ed invocava “strumenti di debito comune”? O quella del ministro Roberto Gualtieri che, partecipando all’Eurogruppo del 24 marzo, avallava il comunicato finale di Mario Centeno, in cui si parlava, con dovizia di dettagli, del Mes come strumento pronto all’uso?

I dubbi appaiono dissipati con l’intervista pubblicata mercoledì sul Fatto Quotidiano, in cui Gualtieri sostiene che lui e Conte “sono sempre stati sulla stessa linea”, ribadisce che “tutte le risorse disponibili devono essere immediatamente messe a disposizione degli Stati senza alcuna condizionalità e che occorre dotarsi di strumenti nuovi attraverso l’emissione di titoli comuni”. Stupisce che nel comunicato finale dell’Eurogruppo di martedì non sia rimasta traccia della pugnace attività del ministro. E stupisce ancor di più la successiva affermazione secondo cui “all’Eurogruppo mi sono opposto all’adozione di un documento conclusivo perché non rifletteva questa impostazione”. Affermazione non verificabile, in quanto l’Eurogruppo non redige verbali ed i partecipanti sono vincolati alla riservatezza. Ed è un peccato che della fiera opposizione di Gualtieri non ci sia traccia né nel comunicato finale di Centeno e né nella lettera, più dettagliata, inviata da quest’ultimo al Presidente del Consiglio Charles Michel.

Si erge addirittura a fiero difensore del suolo patrio quando afferma che “era illusorio pensare che avremmo ceduto noi”, riferendosi alla illusione che il blocco nordico potesse accettare un Mes senza condizionalità. Registriamo con favore la definizione della posizione negoziale del ministro, sperando che sia quella definitiva. Perché, come hanno ribadito in sequenza Ursula Von der Leyen, Centeno e Michel, le soluzioni sul tavolo sono quelle “nell’ambito di quanto previsto dai Trattati”. Non c’è spazio per altro. Anche perché la costruzione di un veicolo finanziario in grado di emettere titoli di debito per finanziare le spese degli Stati per un ammontare significativo è operazione complessa e lunga. Fattibile oggi sia dalla Bei che dal Mes, ma Gualtieri ritiene “fuori discussione un suo uso sulla base dei meccanismi attuali” e parla di potenziamento della Bei – di cui abbiamo descritto le finalità e le risorse finanziarie inadeguate rispetto alle dimensioni del problema – e di “soluzioni nuove”.

E, a questo proposito, ieri Gualtieri, nel question time alla Camera, ha aggiunto che “l’Italia è al lavoro su una proposta concreta di emissione comune di titoli” come risposta all’esigenza di un ruolo dei bilanci degli stati dell’eurozona alla crisi da Covid-19, da affiancarsi all’azione di politica monetaria della Bce. Merita ricordare a Gualtieri che Angela Merkel giovedì scorso invitò Conte a mettere sul tavolo proposte “realistiche”. Per Gualtieri la “Banca Centrale deriva la sua forza dal fatto di essere europea”. Purtroppo dimentica che fu l’ultima a cominciare il QE nel 2015, solo grazie all’abnegazione di Mario Draghi. Per non parlare del divieto di finanziamento del deficit degli Stati che la vincola in modo decisivo.

In tutto questo non può non avere avuto un ruolo l’opposizione al Mes e la spinta del M5S verso gli eurobond, efficacemente riassunta da Di Maio che mercoledì ha dichiarato che “Il Mes già non ha funzionato in Grecia, figuriamoci adesso. E poi il Mes è il modo per dire ai Paesi vi diamo uno strumento, ma ve la vedete da soli. Noi invece stiamo proponendo agli Stati europei di condividere i rischi adesso, per condividere in futuro le opportunità”. Posizione sicuramente coraggiosa ma pericolosa dal punto di vista negoziale, poiché non più ritrattabile in caso di utilizzo del Mes, con qualsiasi anche modesta condizionalità.

Quello che nessuno dice è che gli eurobond non si creano dal nulla. Serve un capitale o garanzie per attrarre gli investitori e, inevitabilmente, come accade per il MES e per la Bei, l’Italia sarebbe tra i maggiori finanziatori e finirebbe per ricevere in una tasca quanto ha già sborsato dall’altra. Il nuovo veicolo (SURE) annunciato ieri da Ursula Von der Leyen e subito stroncato dall’onorevole Stefano Fassina, per erogare prestiti fino a 100 miliardi per finanziare le spese degli Stati a favore di strumenti come la cassa integrazione, non sfugge a questa elementare regola della finanza. Al di là di tutta la grancassa mediatica, si è rivelato essere un prestito erogato a specifiche condizioni e nemmeno per importi particolarmente elevati. Infatti, esso si affianca sempre a strumenti del bilancio nazionale.

Apprezziamo l’impegno di Gualtieri nell’esplorazione di nuove frontiere della finanza creativa, tuttavia lo vorremmo così audace anche sul fronte delle emissioni di titoli, su cui mostra insolitamente prudente, pur avendo l’ombrello della Bce.

Ombrello che si rivela decisivo anche sul fronte della spesa per interessi. Infatti, quelli pagati dal Tesoro a Bce/Bankitalia ritornano al Tesoro sotto forma di dividendi pagati da Bankitalia. Ben 7,8 miliardi solo nel 2019. Di fatto, il 20% circa del debito pubblico italiano non genera interessi per il bilancio dello Stato.

Nei prossimi 9 mesi, si stima che la Bce, sommando tutti i programmi, esegua acquisti netti di titoli pubblici per circa €790 miliardi. Considerando anche i reinvestimenti dei titoli giunti a scadenza, potrebbe acquistare, rispettando la base di ripartizione tra tutti i Paesi, circa 120 miliardi di titoli italiani. Ma la Bce si è già detta pronta ad operare senza limiti. In soli 2 giorni di acquisti col nuovo programma PEPP ha acquistato titoli per 15,6 miliardi, 40 miliardi nelle ultime due settimane (conosceremo il dettaglio per Paese il prossimo 6 aprile). Allora, cosa aspetta Gualtieri a fare il pieno di emissioni ad aprile? Quale paura lo attanaglia? L’impegno della Bce è davvero illimitato o è condizionato alla partecipazione a qualche marchingegno, comunque denominato e finalizzato a tenerci sotto controllo nella spesa per ricostruire il Paese?

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