La ripresa dell’export italiano passa dagli scambi commerciali con le due economie più ricche del pianeta: Stati Uniti e Cina.
USA – Italia: una lunga storia di scambi
Gli Stati Uniti anni sono tra i nostri maggiori partner commerciali, con un’incidenza sull’export italiano di quasi il 10% nel 2020, in graduale risalita dopo il 2009, annus horribilis della Crisi Finanziaria Globale (CFG). Le esportazioni di beni italiani verso Washington sono passate da 26 miliardi di euro nel 2001 a 42,5 miliardi. Dal 2009 la crescita delle nostre esportazioni verso gli USA è stata accentuata e ben superiore a quella del Made in Italy totale (nell’ordine, +6,4% e +1,4% tra 2011 e 2020).
L’Italia negli USA: non solo vino e moda
Il commercio di beni italiani negli Stati Unito è variegato. Stando ai dati riportati dal rapporto Sace la meccanica strumentale rappresenta oltre un quinto del totale seguita da chimica, mezzi di trasporto, alimentari e bevande. “Negli ultimi venti anni la crescita è stata particolarmente marcata per la chimica, passata da 1,9 miliardi di euro nel 2001 a 7,5 miliardi nel 2020 grazie al traino della farmaceutica, ma anche per i mezzi di trasporto, dove a crescere a ritmi sostenuti sono state l’automotive e la cantieristica navale – si legge nel Rapporto -. Il mercato statunitense costituisce inoltre una larga parte della domanda di alimentari e bevande Made in Italy – specie vino e pasta – avendo accolto oltre il 13% dell’export italiano del settore nel 2020. Pur rimanendo ancora un’importante destinazione per il settore moda e degli altri consumi, il peso degli stessi sull’export italiano verso il Paese si è ridotto negli anni”.
Le aspettative di crescita di export verso gli USA: +11%
Il dialogo commerciale con Washington diventerà ancora più florido. Secondo le stime di Sace dopo la contrazione del 6,7% nel 2020 l’export riprenderà a marciare con un +11% quest’anno e un + 4,7%, nel triennio successivo, superando i 54 miliardi di euro nel 2024. Le ottime prospettive di ripresa negli Usa sono legate agli ingenti pacchetti di aiuto e rilancio previsti prima dall’Amministrazione Trump e ora da quella Biden. La Build Back Better Agenda punta a creare posti di lavoro e tagliare le tasse, tutto al fine di aumentare la liquidità nelle mani delle famiglie americane.
L’aumento di domanda dei beni intermedi
Inoltre l’Infrastructure Investment and Jobs Act è un piano di investimenti da 715 miliardi di dollari che durerà 8 anni. Il programam stanzia aiuti federali per infrastrutture come autostrade, veicoli a motore, ricerca e sviluppo, programmi ferroviari, banda larga, il rinnovamento della rete elettrica ma anche programmi di sostegno sociale. Secondo gli analisti di Sace questo piano determinerà un aumento della domanda per alcuni beni importati. “Proprio in tale ottica si prevede una sostanziale ripresa già quest’anno e una dinamica sostenuta nel triennio successivo per l’export italiano di beni intermedi e di investimento (rispettivamente +10,4% e +10,6% nel 2021, +6,7% e +3,6% all’anno, in media, tra 2022 e 2024) – si legge nel report -. Più lenta la ripresa per i beni di consumo, che riusciranno a superare il livello pre-pandemia solo nel 2022”. Andrà ancora meglio per il settore agroalimentare che, dopo il +5,4% registrato nonostante la crisi, dovrebbe espandersi fino al 9,4% quest’anno”.
Atlante del made in Italy negli USA
Il territorio statunitense è vasto ed eterogeneo e racchiude stati molto diversi tra di loro in termini di popolazione, ricchezza, propensione all’acquisto, tipologia di industria e fabbisogno di beni importati. Sono gli Stati sulla costa orientale e nel Midwest ad accogliere la maggior parte delle nostre esportazioni e tra i maggiori importatori di prodotti Made in Italy figurano gli Stati più ricchi e popolosi come: New Jersey (circa 6,1 miliardi di euro di export italiano nel 2020), New York (4,4 miliardi), California (3,2 miliardi) e Texas (2,9 miliardi). Per quanto riguarda i beni alimentari i maggiori importatori sono la California (circa 0,8 miliardi di euro nel 2020), il New Jersey (1,2 miliardi) e lo Stato di New York (0,7 miliardi), che contano una vasta comunità italoamericana. In questi Stati vanno molto bene anche il settore della gioielleria, oggetti d’arte e articoli di pelletteria, articoli in ceramica e pietra, tessile e abbigliamento (New York e New Jersey importano oltre i due terzi del tessile e abbigliamento italiano verso il Paese). Per i beni intermedi, specialmente della farmaceutica, le esportazioni di prodotti italiani sono dirette verso Pennsylvania, Tennessee e New Jersey. La domanda di beni di investimento è invece particolarmente elevata in Michigan (circa 2,5 miliardi di euro nel 2020), uno tra gli Stati dove l’industria automotive è più forte, considerati anche i legami societari all’interno del gruppo Stellantis, ma anche in Texas (1,6 miliardi), dove esportiamo principalmente valvole e turbine per il settore Oil&Gas.
2001-2021: vent’anni di esportazioni italiane in Cina
Dal 2001, anno in cui la Cina è entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio, le esportazioni italiane sono cresciute di pari passo alla crescita della sua economia passando in quest’arco temporale da 3,3 a 12,9 miliardi di euro e crescendo a un tasso annuale del 7,1%.
I settori principi dell’export del made in Italy: meccanica, chimica e beni di investimento
Il principale settore di export italiano è la meccanica strumentale ma vanno molto bene anche la chimica, il tessile e abbigliamento, i metalli e i mezzi di trasporto. Nei prossimi anni gli analisti di Sace attendono una crescita del nostro export pari al 10% quest’anno e del 3,4% nel triennio successivo. “Tale dinamica permetterà alle vendite italiane nel Paese del Dragone di raggiungere i 15,6 miliardi di euro alla fine dell’orizzonte di previsione – si legge nel report -. Particolarmente positivo l’andamento atteso per i beni di investimento, diffuso a tutti i settori, specie per la meccanica strumentale (+11,3%, per un valore che dovrebbe superare i 4,7 miliardi) e per gli apparecchi elettrici (+7,7%), categoria, quest’ultima, cresciuta anche nei 12 mesi precedenti”.
I piani di spesa del Governo cinese
L’esportazione di beni di investimento è favorito dai piani di spesa messi in campo dal governo cinese al fine di sostenere la ripresa economica e spingere l’economia cinese verso un sistema più innovativo e ad alto contenuto tecnologico (sviluppo del 5G, Intelligenza Artificiale, infrastrutture moderne dei trasporti, veicoli elettrici e alta velocità.
Le tante economie cinesi
L’economia cinese non è un monolite ma un insieme di più realtà che godono di livelli di sviluppo differenti. Le province sulla costa orientale (Bejing, Fujian, Guangdong, Hainan, Hebei, Jiangsu, Shandong, Shanghai, Tianjin e Zhejiang) rappresentano il motore della crescita cinese, contando per oltre il 50% del Pil sebbene ospitino circa un terzo della popolazione nazionale. Le province interne cinesi hanno mostrato negli ultimi 10 anni tassi di crescita più sostenuti in termini di reddito e produttività rispetto all’area costiera. Inoltre lo sviluppo delle economie interne è stato spinto dalla ricerca di minori costi di produzione da parte dell’industria manifatturiera e dalla crescente importanza delle materie prime, che abbondano nelle province centrali.
L’export italiano tra le province cinesi
Le differenze tra i livelli di sviluppo sono riflesse nella distribuzione territoriale dell’export italiano tra le 31 diverse province cinesi nel 2020. “Nove delle dieci province della costa orientale risultano tra le principali destinazioni delle vendite italiane all’interno dei confini cinesi – si legge nel report -. Inoltre, le prime cinque mete, in ordine di valori esportati, Shanghai, Guangdong, Beijing, Jiangsu e Zhejiang, rappresentano oltre l’80% del nostro export in Cina, con Shanghai che da sola vale addirittura il 41%. La provincia di Guangdong è la destinataria di beni Made in Italy per oltre 1,5 miliardi di euro nel 2020, nello Jiangsu, abbiamo esportato oltre 1,2 miliardi di euro, le province di Zhejiang (811 milioni di euro di beni venduti nel 2020) e Shandong (379 milioni di euro) offrono molteplici sbocchi settoriali, grazie alla presenza di numerosi cluster industriali (metalli, elettronica e packaging).
Shanghai e Pechino: destinazioni del made in Italy di lusso
Nelle province di Shanghai e Beijing sono le capitali della finanza e della politica del Paese. Il reddito pro-capite registrato in queste due province è molto più rispetto alla media cinese (oltre 72.000 yuan a Shanghai e 69.000 a Beijing alla fine del 2020, superiori a 37.000 dollari in parità del potere di acquisto). Questo rende Pechino e Shanghai due destinazioni particolarmente appetibili per l’export di beni finali di consumo, come quelli connessi al lusso o alla moda di cui l’Italia è tra i principali leader mondiali. Questo è tanto più vero visto il “cambio di rotta degli obiettivi economici del Partito Comunista cinese, intenzionato a supportare una crescita sempre più sostenibile e che favorisca lo sviluppo della domanda domestica, come sottolineato anche in occasione del 14° Piano Quinquennale (2021-2025)”.