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doValue, tutti i subbugli sindacali sull’ex doBank leader negli Npl

Cosa sta succedendo nella più importante società di gestione degli Npl in Italia, doValue, ex doBank

 

Sindacati in ansia per doValue (ex doBank), società leader nella gestione degli Npl, che di recente ha ottenuto dalla Banca centrale europea la revoca della licenza bancaria. Sottraendosi, di fatto, alla vigilanza della Banca d’Italia. E se questo è già di per sé un tema delicato, a far montare sulle barricate le organizzazioni sindacali è stato l’annuncio di 160 esuberi su 1.250 dipendenti e la chiusura di sette sedi su 16 (Brescia, Firenze, Lecce, Messina, Padova, Perugia, Reggio Calabria), che ha portato allo sciopero del 28 giugno scorso. L’ultimo atto della schermaglia una lettera inviata da tutte le sigle del settore all’amministratore delegato, Andrea Mangoni, in cui si annuncia lo stop al confronto con l’azienda sul piano industriale.

L’ULTIMO PIANO INDUSTRIALE

Nell’ultimo piano industriale doBank ammetteva di puntare a una “una crescita dei costi del personale controllata” e a risparmi ottenuti “grazie all’ottimizzazione del modello operativo e alla razionalizzazione di strutture non legate alla gestione dei crediti e della rete territoriale”. Ed ecco invece l’annuncio degli esuberi e della chiusura delle sedi che porterebbe alcuni dipendenti ad essere spostati fino a 300 km di distanza. “Avevamo raggiunto un accordo, poi hanno fatto saltare il banco”, sottolinea Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi, secondo cui “l’intesa si basava sugli esuberi volontari e una trentina già c’erano. Poi la società ha cambiato idea parlando di esuberi obbligatori e paventando i licenziamenti collettivi. Se torniamo agli esuberi volontari, noi siamo pronti a firmare”.

A preoccupare i sindacati anche la rinuncia alla licenza bancaria. “La gestione degli Npl va ricondotta all’interno del settore creditizio con regole certe e socialmente sostenibili, altrimenti rappresenterà a breve il vero problema del Paese”, secondo Morelli. Un tema, questo, portato all’attenzione dell’Abi durante gli incontri per il rinnovo del contratto bancario.

Intanto lo scorso anno gli utili sono cresciuti del 17%, a 52,6 milioni di euro, e i ricavi del 9%, a 233 milioni, il che evidenzia che c’è già stata una riduzione dei costi. Segno più anche per il margine operativo lordo, +20%, e per il portafoglio di gestione Npl che è passato da 76 a 82,2 miliardi di euro. Brindano gli azionisti, che si sono spartiti un dividendo da 30 milioni, e i manager che hanno incassato un maxi premio.

LE ACCUSE DEI SINDACATI

Giovedì scorso, dicevamo, i sindacati hanno scritto una lettera all’ad di doValue, Mangoni, avvertendo che riprenderanno i rapporti con l’azienda quando ci sarà “una decisa inversione di marcia nelle relazioni industriali”. Giorni prima Sara Barberotti, della segreteria nazionale First Cisl, rilevava come – tra le ragioni che avevano portato a organizzare lo sciopero – ci fosse pure “il comportamento poco rispettoso di doValue nei confronti dei lavoratori e dei sindacati, testimoniato dall’approccio unilaterale con cui è stata gestita questa fase difficile. Lo dimostra il modo in cui l’azienda ha proceduto alla chiusura di alcune filiali, ai cui lavoratori – aveva rilevato – è stato offerto di proseguire il rapporto attraverso il ricorso al telelavoro o allo smartworking, con modalità che però appaiono ai limiti del rispetto delle norme di legge in materia”.

Per il momento, perciò, i sindacati non parteciperanno al confronto sul piano industriale annunciato il 1 luglio scorso. Le segreterie nazionali di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin nella lettera puntano il dito contro “l’atteggiamento di chiusura dell’azienda rispetto alle tematiche oggetto di confronto relativamente alle ricadute del piano industriale 2018–2020” e ricordano lo sciopero del 28 giugno cui ha aderito l’85% dei dipendenti del gruppo con presidi a Roma, Milano, Verona, Palermo e Messina. “La chiusura dell’azienda non ha consentito di trovare l’opportuna sintesi al tavolo negoziale né tantomeno in sede Abi durante il tentativo di conciliazione. Abbiamo più volte denunciato come la totale mancanza di relazioni industriali, rispettose del ruolo delle organizzazioni sindacali, non consentisse di avere confronti costruttivi nell’interesse dell’azienda stessa e dei lavoratori che rappresentiamo. Rileviamo tuttavia come questo atteggiamento continui a caratterizzare la gestione dei processi di riorganizzazione da parte aziendale e come la volontà di coinvolgere il sindacato si limiti solo all’attivazione di procedure dovute per Ccnl e per legge, senza la reale volontà di confrontarsi per trovare soluzioni condivise”.

Per i sindacati “la gestione delle eccedenze, la chiusura delle filiali, la mancata conferma dei lavoratori a tempo determinato, il continuo tentativo di eludere le disposizioni contrattuali continuano a generare tensioni non più tollerabili tra i lavoratori. Questa situazione è stata peraltro oggetto di denuncia in Abi in occasione del primo incontro per il rinnovo del contratto nazionale, proprio perché questo atteggiamento risulta unico nel settore e deleterio per il settore stesso, con particolare riferimento al mondo degli Npl e degli UTP che rivestono particolare importanza in questo momento e, pertanto, particolarmente attenzionati da tutti”.

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