Cosa succederà allo spread e al debito pubblico con un governo di centrodestra a guida Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia?
Ecco fatti, numeri, commenti e analisi.
Lo spread in assestamento, ma non stabile intorno ai 230-250 punti nei prossimi mesi, in attesa che i mercati valutino la composizione della squadra di governo del centrodestra e la legge di bilancio. E’ la valutazione degli analisti di Unicredit e di Equita nel dopo voto.
“Ci aspettiamo una reazione contenuta sui mercati in termini di spread sui Btp nel breve periodo dato che il risultato delle elezioni e’ ampiamente in linea con i sondaggi. Restiamo del parere che lo spread resti intorno ai 250 punti base fino a fine anno – afferma Unicredit – ci aspettiamo che il presidente Mattarella dia al centro-destra l’incarico di formare un nuovo governo e che Giorgia Meloni sia la candidata premier. Nel frattempo, Mario Draghi resterà in carica e iniziera’ la stesura della legge di Bilancio del 2023”.
“Ci aspettiamo che lo spread possa assestarsi attorno a 230-250 in attesa che il mercato vada a valutare la composizione del governo e la legge di bilancio, a meno che non ci sia un nuovo cambio di tono da parte del governo o un deciso peggioramento del contesto macro. Una maggiore entrate fiscali sia sul 2022 che sul 2023 lascia qualche spazio per mantenere il rapporto debito/Pil sotto con le maggiori entrate fiscali in grado di compensare oneri finanziari e spese pension piu’ alte”
Quasi 100 miliardi di euro a partire da oggi, 26 settembre, fino al termine dell’anno e altri 335 miliardi nel 2023, per un totale di 435 miliardi. È l’ammontare dei titoli di Stato in scadenza che il nuovo governo dovrà rimborsare e poi rinnovare, con nuove emissioni, tra bot, btp, cct e ctz. In totale, i titoli di Stato in circolazione valgono 2.229 miliardi e oltre il 10% di questa cifra va gestito nei primi 15 mesi della prossima legislatura. È quanto emerge da un report realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale l’89% delle obbligazioni emesse dal Tesoro corrisponde a btp, il 6,1% a cct, il 4,6% a a bot e lo 0,6% a ctz.
«La gestione del debito pubblico sarà lo scoglio principale del nuovo governo, soprattutto perché saranno messe a nudo le difficoltà nell’attuare tutte le promesse fatte dalle forze politiche durante la campagna elettorale. La coperta è corta e serviranno sforzi enormi per poter assicurare alle imprese e alle famiglie le risorse necessarie a fronteggiare uno dei momenti più difficili della storia recente. Servono fondi per alleviare il rialzo dei prezzi, in particolare quelli dei prodotti energetici e servono fondi anche per sostenere le imprese più in difficoltà, stremate prima dalla pandemia e poi dalle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina» dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il report del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati del ministero dell’Economia, il totale del debito pubblico in scadenza ammonta a 2.229,2 miliardi di euro: di questi, 103,1 miliardi (4,6%) corrispondono a bot, 135,6 miliardi sono cct (6,1%), 12,4 miliardi sono ctz (0,6%) e 1.990,4 miliardi corrispondono a btp (89,3%). Subito dopo il 25 settembre e fino al termine del 2022, arrivano a fine corsa 95,9 miliardi: di questi, 33,3 miliardi sono bot (34,8%), 12,5 miliardi sono cct (13,0%), 12,4 miliardi sono ctz (13,0%) e 50,04 miliardi sono btp (52,2%). Nel corso del 2023, poi, va rinnovato debito per altri 335,9 miliardi: di questi, 69,7 miliardi sono bot (20,8%), 23,2 miliardi sono cct (6,9%) e 242,9 miliardi sono btp (72,3%). Per quanto riguarda il prossimo anno, 80,5 miliardi vanno rinnovati nel primo trimestre, 81,2 miliardi nel secondo trimestre, 92,6 miliardi nel terzo trimestre e 81,4 miliardi nel quarto trimestre. Proseguendo nell’analisi temporale, si osserva che nel 2024 arrivano a fine corsa titoli per 254,4 miliardi, nel 2025 per 214,6 miliardi, nel 2026 per 195,4 miliardi, nel 2027 per 138,4 miliardi, nel 2028 per 127,7 miliardi, nel 2029 per 99,5 miliardi, nel 2030 per 133,1 miliardi, nel 2031 per 95 miliardi e nel 2032 per 73,4 miliardi. Nel periodo che va dal 2033 al 2072, poi, i titoli di Stato in scadenza ammontano a 465,4 miliardi.
A giudizio del Centro studi di Unimpresa, a partire dall’anno in corso, l’acuirsi delle tensioni sullo spread, cagionata dall’inflazione, dalle elezioni e dalla difficile congiuntura economica, potrebbe avere ripercussioni sulla gestione del debito pubblico. Occorre poi considerare l’impatto derivante dall’aumento dei tassi di interesse, che rendono più alto il costo del servizio del debito. Gli appuntamenti col mercato, nel programmato calendario di emissioni stabilito dal Tesoro, non sono stati caratterizzati, finora, da situazioni critiche. Un quadro positivo favorito in particolare dalle misure di politica monetaria adottate e assicurate dalla Banca centrale europea che sono ormai arrivate a conclusione. Vanno quindi tenute sotto controllo le prossime reazioni da parte dei fondi degli investitori istituzionali, i soggetti che determinano gli esiti delle aste e i relativi tassi di interesse, in relazione ai quali non sono da escludere forti rialzi nei prossimi mesi.