Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca si annuncia positivo per l’azionario statunitense. Le sue politiche si annunciano piuttosto favorevoli al mercato. Dal nostro punto di vista, in qualità di investitori, monitoreremo il possibile impatto che esse avranno sugli utili delle quotate, perché questi ultimi guidano i prezzi delle azioni. In particolare, abbiamo individuato otto temi da monitorare.
La questione dei dazi
Il primo è l’utilizzo che farà Trump dei dazi. Trump ha annunciato dazi del 60% alla Cina e dal 10 al 20% sul resto del mondo. Molto dipenderà dalla posizione che assumerà durante la negoziazione e non esiterà a utilizzare le tariffe per raggiungere i suoi obiettivi. È probabile che in alcuni casi i dazi saranno molto elevati, ma non pensiamo che complessivamente arriveranno al 20%, perché un’imposizione così estrema frenerebbe la crescita degli Stati Uniti. Nel breve termine i dazi rappresentano una tassa sui consumi. Le aziende che hanno una grande percentuale dei loro ricavi dall’estero, inoltre, potrebbero essere penalizzate dai dazi e da un dollaro più forte.
Deregulation: impatti positivi su finanziari ed energetici
Le politiche di deregolamentazione annunciate da Trump potrebbero avere un impatto molto potente, e favorevole al mercato azionario, soprattutto nel settore finanziario ed energetico. Le norme previste da Basilea 3 saranno alleggerite, soprattutto, sul fronte dei requisiti patrimoniali. Nell’oil & gas, invece, sono attese più trivellazioni, in luoghi dove in precedenza non erano consentite, e un’accelerazione delle licenze per il GNL grazie alla rimozione di molti vincoli ambientali per la realizzazione delle altre infrastrutture energetiche. Ci aspettiamo che ci siano cambiamenti normativi radicali e molti di questi potrebbero essere apportati tramite un ordine esecutivo. Prevediamo, quindi, uno scenario favorevole per la crescita degli utili delle società energetiche, ma non per le rinnovabili che probabilmente saranno penalizzate da una possibile riduzione degli incentivi previsti dall’Inflation Reduction Act.
Gli effetti dei tagli alle tasse
Riteniamo molto probabile un’estensione degli sgravi fiscali avviati da Trump a partire dal 2017 e che ciò influisca positivamente sui consumi. Trump durante la sua campagna elettorale ha parlato anche di un ulteriore taglio alle tasse delle imprese, abbassando l’aliquota fiscale societaria dal 21% al 15% per le aziende che producono negli Stati Uniti, anche se quest’obiettivo potrebbe essere molto difficile da raggiungere perché avrebbe un costo di circa 600 miliardi di dollari. Tuttavia, potrà contare sui tagli alla spesa dalla revoca di alcune disposizioni dell’Inflation Reduction Act sull’energia pulita, una manovra che consentirà alcuni risparmi sulla spesa federale che il governo potrebbe reindirizzare altrove. Mentre la riduzione delle imposte sulle società rimane una questione ancora aperta, l’estensione degli sgravi fiscali introdotti da Trump nel 2017 per le persone fisiche, la cui scadenza è prevista nel 2025, è sicuramente un aspetto positivo.
Venti favorevoli per le mid e small cap
Con Trump si prevede un contesto normativo più favorevole al mercato e nel breve termine è probabile che le società a grande capitalizzazione continuino a prosperare. Ci aspettiamo che un dipartimento di Giustizia con Trump alla Casa Bianca assuma un atteggiamento molto meno antagonista sul fronte delle operazioni di fusioni e acquisizioni rispetto all’amministrazione precedente, sotto la quale abbiamo visto bloccare alcune importanti operazioni di fusione nel settore dei media e nell’healthcare. Quindi l’M&A dovrebbe registrare una ripresa degna di nota e ci aspettiamo che a beneficiarne sarà soprattutto il segmento mid e small cap.
Gli altri settori che beneficiano della crescita USA
L’economia degli Stati Uniti, se si guarda alle previsioni del Pil della Fed di Atlanta, nel trimestre in corso crescerà del 2,5%. È un contesto di forte crescita, in particolare se lo si confronta con la crescita globale e con quella degli altri mercati sviluppati, favorevole soprattutto per le società statunitensi orientate al mercato interno. In questo scenario, potrebbero essere favoriti i titoli industriali ed energetici, in particolare quelli legati agli hyperscaler e alla domanda di energia richiesta dall’IA generativa, che richiede un’enorme potenza di calcolo. Oltre all’IA, un’altra tendenza secolare da monitorare è l’onshoring. Dopo la pandemia di Covid-19, molte imprese hanno scoperto che le catene di approvvigionamento non erano affidabili e hanno dato il via a un enorme sforzo per accorciarle e per costruire catene di approvvigionamento onshore. Questa tendenza secolare porterà a nuovi investimenti per trasporti, infrastrutture ed energia.
Il rischio deficit
Trump nel suo primo mandato non ha fatto nulla per cercare di affrontare il deficit di bilancio e probabilmente non farà nulla neanche questa volta, con il deficit che ora rappresenta il 6-7% del Pil americano. La preoccupazione è che Trump aggraverà il deficit a tal punto da alimentare tendenze inflattive che porterebbero frenare i tagli della Fed.
La concentrazione del mercato
Il mercato resta ancora molto concentrato. Se guardiamo alla crescita degli utili, la maggior parte proviene dai “Magnifici Sette” del tech e solo una minima parte dal resto del mercato. Saremmo preoccupati se la loro crescita fosse ingiustificata, ma i fondamentali sono in gran parte molto solidi, con ritmi di crescita rapidi, in particolare gli hyperscaler. Gli investitori monitoreranno molto da vicino la performance di queste aziende e ci si aspetta che queste continueranno a fare meglio del mercato.
Utili in crescita
Gli utili delle quotate negli USA continuano a battere le attese. Nel terzo trimestre il consensus ha previsto una crescita degli utili a circa il 6%, che in realtà sta arrivando a circa l’8%, con utili attesi al 9% per quest’anno e in accelerazione nei prossimi due anni. La traiettoria di crescita, quindi, sembra abbastanza buona e sulla base di tale aspettativa, il mercato è scambiato in questo momento a poco meno di 22 volte gli utili. Se le attese non si concretizzeranno, gli investitori potranno rimanere delusi perché significherebbe che il mercato è in realtà più costoso, considerando anche una media storica di 16 volte gli utili negli ultimi cinquant’anni. Le prospettive per l’azionario restano comunque piuttosto positive, con un vento favorevole dalla politica monetaria che dovrebbe continuare a essere di sostegno.