Il Consiglio dell’Unione europea, presieduto dalla Polonia, ha annullato lunedì i negoziati sulla cosiddetta direttiva contro il greenwashing, cioè quella pratica volta a ingannare i consumatori sui presunti impatti ambientali positivi di un prodotto: un esempio di greenwashing potrebbe essere un’indicazione falsa o fuorviante della percentuale di materiale riciclato presente all’interno di un capo di abbigliamento o di un dispositivo elettronico.
LA COMMISSIONE VON DER LEYEN SEMPLIFICA SÉ STESSA
La stessa Commissione europea, che aveva proposto la Green Claims Directive nel 2023, è favorevole oggi alla sua cancellazione perché rappresenterebbe un onere eccessivo per le piccole imprese. Il dietrofront sulla direttiva non è un caso isolato: l’attuale Commissione di Ursula von der Leyen sta procedendo alla semplificazione di buona parte della regolamentazione green introdotta negli anni passati – sotto la stessa presidenza – con l’obiettivo di ridurre i costi amministrativi e rafforzare la competitività industriale.+
PERCHÉ LA COMMISSIONE HA RIPUDIATO LA DIRETTIVA CONTRO IL GREENWASHING
Un portavoce della Polonia, che avrà la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea fino al 30 giugno, ha spiegato che i negoziati sulla direttiva contro il greenwashing sono stati messi in “pausa” perché “ci sono troppi dubbi e abbiamo bisogno di chiarezza da parte della Commissione europea sulle sue intenzioni, in base alle quali potremo decidere i prossimi passi”. Non c’è certezza sulla ripartenza, in futuro, delle trattative.
Venerdì scorso un portavoce della Commissione aveva dichiarato che l’intenzione degli stati membri di espandere la portata della direttiva contro il greenwashing per farvi rientrare trenta milioni di piccole imprese europee va “in contrasto con il programma di semplificazione della Commissione”: di conseguenza, Bruxelles ha ritirato la proposta di legge, che obbligherebbe le aziende a rispettare un preciso criterio per la verifica della sostenibilità dei loro prodotti (chiamato Product Environmental Footprint Category Rules).
POPOLARI E CONSERVATORI CONTRO LA LEGGE
A premere sulla Commissione per il ritiro della direttiva c’erano i gruppi europarlamentari del Partito popolare europeo (Ppe) e quello dei Conservatori e riformisti (Ecr), di centro-destra. La decisione è stata criticata dagli schieramenti socialista e liberale.
UN ACCORDO TRA MELONI E VON DER LEYEN PER AFFOSSARE LA DIRETTIVA?
L’Italia ha ritirato il suo appoggio alla direttiva contro il greenwashing – precedentemente espresso nel giugno del 2024, come riporta Eunews -, facendo venire meno la maggioranza tra i governi degli stati membri nel Consiglio dell’Unione europea.
Stando alla ricostruzione dell’eurodeputato di Renew Sandro Gozi, riportata da Repubblica, “è evidente che c’è stata un’intesa tra von der Leyen e Meloni per il ritiro del sostegno al Consiglio” e dunque per l’affossamento della Green Claims Directive.
A detta di Gozi, “eravamo già d’accordo per esentare le microimprese” dalla direttiva. “Sarebbe stato deciso nella riunione di oggi [cioè di ieri, lunedì 23, ndr] che sarebbe stata l’ultima. Gli obblighi sono previsti solo per le grandi, medie e piccole imprese, per le micro ci sarebbe stata la volontarietà, perché comunque l’etichetta Ue di sostenibilità è un fattore di competitività, oltre che uno strumento di tutela dei consumatori che sono disposti a pagare di più per prodotti sostenibili”.