Lo scorso luglio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha avviato un’indagine nei confronti delle società Christian Dior Couture S.A., Christian Dior Italia S.r.l. e Manufactures Dior S.r.l. per possibili violazioni del Codice del Consumo, relative alle condizioni di lavoro e al rispetto della legalità presso alcuni fornitori.
Oggi l’Antitrust ha chiuso l’istruttoria senza riscontrare alcuna violazione. Tuttavia, tra gli impegni vincolanti che Dior dovrà rispettare c’è l’investimento di 2 milioni di euro contro lo sfruttamento sul lavoro.
L’INDAGINE DELL’ANTITRUST SU DIOR
L’indagine dell’Autorità rispetto a Dior era partita da possibili violazioni del Codice del Consumo, in particolare per la “diffusione di dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale ritenute potenzialmente non veritiere”.
Il focus era sulle condizioni di lavoro e sul rispetto della legalità presso alcuni fornitori coinvolti nella produzione di pelletteria della celebre maison francese. In pratica, si sospettava che le affermazioni pubbliche di Dior sul suo impegno etico non corrispondessero pienamente alla realtà operativa di alcuni suoi terzisti.
L’AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA
La società Manufactures Dior era quindi stata posta in amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Milano, dopo essere stata coinvolta indirettamente, in una serie di episodi di sfruttamento del lavoro in opifici cinesi (subfornitori delle società Dior).
Alla società era stato contestato di aver affidato la produzione di borse e articoli da viaggio a un’azienda con evidenti carenze produttive, la quale, a sua volta, avrebbe subappaltato le commesse a opifici cinesi per abbattere i costi ricorrendo all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento.
Lo scorso febbraio era arrivata la revoca della misura dallo stesso tribunale. I giudici infatti avevano dato atto alla società di aver “avviato un notevole sforzo di programmazione, economico e culturale per posizionarsi nel settore moda come un’impresa ad un alto grado di connotazione etica e di responsabilità sociale”. In concreto, Manufactures Dior ha inserito 17 nuove figure professionali che si occupano esclusivamente di “rendere più stringenti i presidi” sulla “catena di produzione” e della “risoluzione” dei contratti con i “fornitori” critici.
ESITO DELL’ISTRUTTORIA
L’Agcm oggi ha comunicato la chiusura dell’istruttoria, con la procedura che si conclude senza accertare alcuna violazione, ma accettando e rendendo vincolanti gli impegni proposti dalle stesse aziende.
CONTRO LO SFRUTTAMENTO SUL LAVORO
Pur non riscontrando irregolarità, l’Acgm ha concordato con la società un pacchetto di misure volte al rafforzamento del sistema di controllo interno e alla promozione di condizioni di lavoro eque.
Tra gli impegni approvati dall’Autorità figura un piano di sostegno economico da 2 milioni di euro in cinque anni, da destinare a iniziative specifiche – aperte anche ad altri marchi della moda che producono in Italia – per identificare le vittime di sfruttamento lavorativo e accompagnarle in percorsi di protezione, formazione, assistenza e inclusione socio-lavorativa.
GLI ALTRI IMPEGNI VINCOLANTI
Dior si è inoltre impegnata a modificare le proprie dichiarazioni in materia di etica e responsabilità sociale, rafforzando al contempo le procedure di selezione e controllo dei fornitori.
Sono previste attività formative interne, rivolte ai dipendenti che si occupano di comunicazione e marketing, sulla normativa a tutela dei consumatori. A queste si affiancheranno sessioni formative esterne per fornitori e subfornitori, incentrate sul diritto del lavoro e sui principi etici contenuti nel Codice di Condotta dei Fornitori adottato dalle società del gruppo.
QUALCHE NUMERO SU DIOR
Come ha scritto in precedenza Start, il gruppo Dior, fondato nel 1946 dallo stilista Christian Dior, è da aprile 2017 parte del gruppo LVMH (nato nel 1987 dalla fusione di Louis Vuitton e Moët Hennessy). LVMH, multinazionale francese con sede a Parigi, ha oggi nel suo carnet 75 maison e può contare su 213mila dipendenti di cui il 71% è donna. Nel 2023 il fatturato si è attestato a 86,2 miliardi (oltre 20 miliardi in più in 2 anni) per 6 miliardi di imposte sulle società versate. L’impronta economica globale di LVMH in Francia, si legge sul sito, rappresenta l’1,1% del Pil francese.