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Di che cosa dovrebbe occuparsi la prossima Commissione Ue (invece delle solite fissazioni). Il commento di Polillo

Tutti gli argomenti sui quali la nuova Commissione europea, sotto la presidenza di Ursula von der Leyen, dovrebbe cominciare a riflettere. Almeno così si spera. Il commento di Gianfranco Polillo

 

Le ultime previsioni della Commissione europea indicano che l’economia italiana continua a strisciare sul fondo. L’anno in corso, nonostante i pronostici del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte (“sarà bellissimo!”), registrerà un aumento dello 0,1 per cento. Un niente: encefalogramma piatto. Dovrebbe andare meglio l’anno successivo, con una leggera crescita dello 0,7 per cento. Ma in larga misura, come sottolinea con perfidia la stessa Commissione, dovuta agli scherzi del calendario. Vi saranno infatti due giorni lavorativi in più. Sempre che la congiuntura internazionale si dimostri propensa. Se lo stop nel commercio, per effetto delle latenti tensioni protezionistiche, dovesse continuare, anche quel possibile scarso risultato potrebbe dimostrarsi fin troppo ottimista.

Il report della Commissione guarda allo scenario europeo con minore pessimismo. “Il Pil – si constata – è previsto in crescita in tutti gli Stati membri dell’Ue quest’anno ed il prossimo, ma la crescita sarà notevolmente più robusta in alcune aree (per esempio: Europa centrale ed orientale, Malta ed Irlanda) che in altre (come l’Italia e la Germania)“. Mal comune, mezzo gaudio. Se i differenziali tra questi ultimi due Paesi non fossero così forti. Berlino crescerà di meno, dopo la migliore performance degli anni precedenti (oltre il 2 per cento), ma sarà sempre allo 0,5 per cento quest’anno ed all’1,4 per cento il prossimo. Nemmeno tentare un paragone con gli altri elementi del quadro macroeconomico e finanziario: tasso di disoccupazione tra il 3 ed il 4 per cento. Rapporto debito-Pil al 60 per cento.

Dalla Germania, l’Italia importa soprattutto la crisi del comparto manifatturiero. La sua produzione “terzista”, inserita com’è nelle grandi catene del valore, non può non risentire delle turbolenze del mercato. E dello spirare di venti contrari, che dagli Usa si diffondono in tutto il Pianeta. Con un duplice effetto: diretto per quanto riguarda le vendite in loco. Indiretto, come riflesso delle limitazioni che l’Amministrazione americana sta imponendo al resto dei Paesi, frenandone la crescita. E, di conseguenza, amplificando una spirale di bassa congiuntura. Gli resta la valvola di sfogo delle minori importazioni: dovute soprattutto alla debolezza del comparto petrolifero. Manterrà di conseguenza un forte attivo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Che si tradurrà in un eccesso di risparmio interno, destinato, come al solito (verrebbe da dire), ad essere ceduto a favore dell’estero.

“Gli investimenti – insiste la Commissione – specialmente in attrezzature, sono previsti in contenimento, a causa di una domanda stagnante legata alle incerte prospettive politiche”. Con un riflesso negativo sui livelli di occupazione, nonostante i recenti miglioramenti. Visto che le famiglie sono portate ad accrescere la loro propensione al risparmio per motivi di carattere prudenziale. Insomma non c’è vita all’ombra del tricolore. Non c’è voglia di fare, ma solo la snervante attesa della Fortezza Bastiani, del bel libro di Dino Buzzati. Quella “fuga del tempo” che scorre tra le dita del tenente Giovanni Drogo, costretto ad un’inutile corvée, avendo come sfondo il deserto dei Tartari.

Eppure le inquietudini, per spronare la recherche, non dovrebbero mancare. L’economia del Vecchio continente ha il suo punto di forza in un settore maturo. Quella manifattura che, per quanto illuminata dalla crescente presenza di tecnologia avanzate, legate soprattutto all’informatica, appartiene interamente alla old economy. Mentre i settori di punta, che condizioneranno gli scenari futuri, gli sono non solo estranei. Ma appartengono a mondi, forse non tutti ostili, come potrebbe essere la Cina della Huawei, ma certo competitivi, come la stessa America di Donald Trump. Argomenti sui quali la nuova Commissione europea, sotto la presidenza di Ursula von der Leyen, dovrebbe cominciare a riflettere. Almeno così si spera.

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