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Derivati Tesoro, ecco perché la Cassazione non tocca Morgan Stanley

Che cosa ha stabilito la Cassazione sui derivati del Tesoro con la banca americana Morgan Stanley

 

Benché l’informazione omologata si sta da un lato eccitando e dall’altro celando tutti gli aspetti la notizia, oggi la Cassazione non ha condannato Morgan Stanley per la vicenda derivati del Tesoro.

Vale a dire, la banca d’investimento americana non può essere coinvolta nella vicenda che da quasi 10 anni la vede impegnata nei tribunali italiani: da quelli civili alla Corte dei Conti fino alla Cassazione.

Motivo: ipotetici danni erariali per essere uscita da un derivato nel 2012.

“Difetto di giurisdizione”, la parola magica. L’ha riconosciuta la Cassazione e prima ancora due gradi di giudizio della Corte dei Conti.

La procura della magistratura contabile registra così una sconfitta netta.

Si può rifare con l’altra parte della sentenza della Cassazione, che chiede di riaprire il giudizio contro i dirigenti del Mef (tutti i direttori generali, tranne uno: Mario Draghi) che hanno operato in derivati.

Da Domenico Siniscalco a Vittorio Grilli a Vincenzo La Via, passando per Maria Cannata, già direttore del debito pubblico.

Per tutti costoro la Corte dei Conti deve tornare ad esprimersi per danno erariale, benché in due gradi di giudizio abbia già stabilito a sezioni riunite il proprio “difetto di giurisdizione”.

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AGENZIA ANSA DI OGGI:

Tornano a giudizio davanti alla Corte dei Conti, per la vicenda della stipulazione di contratti in prodotti finanziari derivati ad alto rischio con la banca Morgan Stanley, gli ex ministri dell’Economia Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco, e gli ex vertici del Mef Maria Cannata, ex dirigente del debito pubblico, e l’ex dg del Tesoro Vincenzo La Via. Lo ha deciso la Cassazione che ha accolto il ricorso del Pg della Corte dei Conti – che lamenta mala gestio e un danno erariale totale di 3,9mld di euro – contro l’archiviazione del caso per difetto di giurisdizione.

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI REPUBBLICA:

“Ferma restando l’insindacabilità giurisdizionale delle scelte di gestione del debito pubblico, da parte degli organi governativi a ciò preposti, mediante ricorso a contratti in strumenti finanziari derivati, – afferma la Cassazione – rientra invece nella giurisdizione contabile, in quanto attinente al vaglio dei parametri di legittimità e non di mera opportunità o convenienza dell’agire amministrativo, l’azione di responsabilità per danno erariale con la quale si faccia valere, quale petitum sostanziale, la mala gestio alla quale i dirigenti del Ministero del Tesoro (oggi Mef) avrebbero dato corso, in concreto, nell’adozione di determinate modalità operative e nella pattuizione di specifiche condizioni negoziali relative a particolari contratti in tali strumenti”.

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BREVE CORRIERE DELLA SERA:

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