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Giorgetti Meloni Manovra

Ecco il Def di Meloni e Giorgetti con il taglietto al cuneo fiscale

Il Consiglio dei ministri ha approvato il Def, il Documento di economia e finanza. Ecco numeri, tabelle e commenti

 

Pronto il primo Def del governo Meloni. Ecco che cosa contiene.

IL DEF CON IL TAGLIETTO AL CUNEO FISCALE

Il governo taglierà ulteriormente i contributi a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi per un valore complessivo di «oltre tre miliardi a valere sul periodo maggio-dicembre 2023». Lo ha deciso ieri il Consiglio dei ministri che ha approvato il Def, il Documento di economia e finanza.

I NUMERI SUL TAGLIO AL CUNEO FISCALE

I tre miliardi che verranno utilizzati per «sostenere il potere d’acquisto delle famiglie» derivano dal mantenimento dell’obiettivo di un deficit quest’anno pari al 4,5% del prodotto interno lordo a fronte di un tendenziale (cioè a legislazione vigente) del 4,35%. Il governo aumenterà dunque di poco più di 3 miliardi il deficit, portandolo al 4,5%, per ridurre il cuneo fiscale, «con un provvedimento di prossima attuazione», a favore dei lavoratori a reddito medio-basso. Sulla scia, quindi, di quanto fatto con l’ultima legge di Bilancio, che aveva confermato per il 2023 il taglio di due punti dei contributi sulle retribuzioni fino a 35 mila euro lordi, aggiungendo un punto (per un totale di tre) per quelle fino a 25 mila euro, ha sottolineato il Corriere della sera: “Un’operazione costata complessivamente 4,2 miliardi. Ai quali ora se ne aggiungono appunto tre per 7 mesi: da maggio a dicembre”.

LE PAROLE DI MELONI

“Il Governo oggi ha tracciato la politica economica per i prossimi anni, una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico. Sono le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa”, ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al termine del Cdm che ha approvato il Def.

Dalla prossima legge di Bilancio — ha detto Meloni durante il Consiglio dei ministri — bisogna porsi il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate». E il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, osserva: «Abbiamo davanti grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana, ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo. Le riforme intendono riaccendere la fiducia nel futuro, tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi».

LA SPIEGAZIONE DI GIORGETTI

“A fronte di una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35 per cento del PIL, il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5 per cento) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso. Ciò sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie e contribuirà alla moderazione della crescita salariale. Unitamente ad analoghe misure contenute nella legge di bilancio, questa decisione testimonia l’attenzione del Governo alla tutela del potere d’acquisto dei lavoratori e, al contempo, alla moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”. L’ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

I tecnici del ministero dell’Economia hanno lavorato nelle ultime settimane sul documento di economia e finanza tenendo conto delle indicazioni di massima prudenza sulle stime visto il quadro macroeconomico, caratterizzato dalla grande incertezza per le tensioni globali innescate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con il successivo rialzo dei prezzi, a partire da quelli dell’energia, che ha portato ad alti livelli di inflazione.

Altro dato chiave del documento atteso in Cdm è la previsione sulla crescita: il Pil tendenziale 2023 (che analizza la situazione al netto delle manovre di finanza pubblica) si attesterà allo 0,9%, una cifra rivista al rialzo rispetto a quanto scritto nel Dpb che stimava una “perdita di slancio dell’attività”, con la crescita “rivista al ribasso” allo 0,6%”. Mentre il rapporto deficit/Pil tendenziale per il 2023 sarà del 4,35%.

IL CALO DELLA PRESSIONE FISCALE

Il Def prevede “un andamento discendente della pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3 nel 2023 al 42,7% entro il 2026”. Lo si legge documento di economia e finanze del 2023 per il triennio 2024-2026 approvato dal Consiglio dei ministri.

LE VALUTAZIONI DI BANKITALIA

Un trend in crescita che viene confermato da Bankitalia, che nell’ultimo bollettino economico, osserva: “secondo i nostri modelli, in Italia l’attività economica sarebbe leggermente aumentata nel primo trimestre del 2023, sostenuta dal settore manifatturiero, il quale beneficia della discesa dei corsi energetici e dell’allentamento delle strozzature lungo le catene di approvvigionamento”.

Cala il rapporto tra indebitamento e crescita nelle stime contenute nel Def. Nel 2025, viene riferito, il rapporto tra debito pubblico lordo e il Pil sarà del 140,9%, in diminuzione rispetto al 144,4% del 2022. Una stima leggermente migliore rispetto al Dpb di fine anno, che annotava invece nel 2023 un debito lordo della Pa “al 144,6% del Pil, mentre nell’anno finale della proiezione, il 2025, al 141,2%”.

UN APPROCCIO “PRUDENTE”

Fonti del ministero ricordano che nella redazione del documento di economia e finanza, il ministro Giancarlo Giorgetti ha adottato un approccio “prudente e serio” sulle stime relative alla crescita e all’indebitamento, in linea con l’interlocuzione e il rapporto con l’Ue e con la situazione del debito pubblico del Paese. Un tipo di approccio, viene ricordato, che era stato già adottato dai mesi scorsi con la Nadef e la legge di bilancio.

IL COMMENTO DEL CORRIERE DELLA SERA

“La prudenza sulla politica di bilancio è dettata dalla necessità di tenere sotto stretto controllo deficit e debito. Non a caso il Def 2023 conferma gli obiettivi di indebitamento netto presenti nella NaDef (la nota di aggiornamento al Def 2022 dello scorso novembre): 4,5% del Pil nel 2023; 3,7% nel 2024; 3% nel 2025; 2,5% nel 2026. Per il 2024 il 3,7% del quadro programmatico va confrontato col 3,5% del deficit tendenziale. Questo significa che il governo conta su appena uno 0,2% del Pil, cioè circa 4 miliardi, per finanziare in deficit la prossima manovra. Verranno destinati, dice l’esecutivo, al «Fondo per la riduzione della pressione fiscale». Pochi comunque rispetto agli ambiziosi programmi di taglio delle tasse e di età pensionabile flessibile. Riforme che quindi si dovranno coprire con tagli della spesa e aumenti delle entrate”.

L’ANALISI DEL SOLE 24 ORE

“I tre miliardi che si “liberano” quest’anno grazie alla piccola divaricazione fra deficit tendenziale al 4,35% e programmatico al 4,5% nel Documento di economia e finanza approvato ieri dal consiglio dei ministri saranno indirizzati a un nuovo taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con reddito medio-basso. La cifra, che servirà a finanziare «un provvedimento di prossima attuazione» come filtrato dalla riunione di governo, non è leggera se si considerano due aspetti: l’ultima legge di bilancio ha destinato allo stesso scopo poco meno di 5 miliardi di euro, rinforzando le misure già prese l’anno scorso dal governo Draghi con 3 miliardi, ma i nuovi fondi si concentreranno su una base verosimilmente semestrale. L’effetto sulla singola busta paga, quindi, oltre a sommarsi a quelli prodotti dalla manovra 2023 potrebbe rivelarsi anche più intenso.

La misura annunciata ieri è il frutto più concreto che il governo può trarre dal nuovo programma di finanza pubblica, e punta a sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori in tempi ancora complicati dalla corsa dei prezzi senza innescare quella spirale fra prezzi e salari che allontanerebbe ancora il tramonto dell’inflazione. Perché sui prossimi anni, a partire dalla manovra, gli orizzonti si fanno più difficili.

Proprio il carovita che fatica a scendere complica infatti il percorso verso la legge di bilancio, su cui pesano ancora anche gli effetti del Superbonus come tengono a sottolineare dal ministero dell’Economia. Ma il Def offre anche l’occasione per tradurre in cifre le ricadute sui conti italiani dell’impennata degli interessi sul debito alimentata dalla politica monetaria anti-inflazione della Bce. E sono cifre imponenti: la spesa per interessi, che negli anni dei tassi a zero viaggiava tranquilla poco sopra i 60 miliardi all’anno, salirà dai 74,7 miliardi del 2023 ai 91,3 del 2025 per sfondare il muro dei 100 miliardi annui nel 2026. Rispetto alle ipotesi di dodici mesi fa, si tratta di 66,9 miliardi in più nel solo triennio 2023-25”.

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IL COMUNICATO DI PALAZZO CHIGI

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato il Documento di economia e finanza (DEF) 2023, previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).

Il Documento delinea i tre principali obiettivi programmatici della politica economica e di bilancio del Governo per il medio termine:

  1. la rinuncia graduale ad alcune delle misure straordinarie di politica fiscale attuate negli scorsi tre anni e l’individuazione di nuovi interventi a sostegno dei soggetti più vulnerabili e per il rilancio dell’economia;
  2. la riduzione graduale, ma in misura sostenuta nel tempo, del deficit e del debito della pubblica amministrazione in rapporto al prodotto interno lordo (PIL). Il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto in rapporto al PIL già dichiarati a novembre nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB), ossia 4,5 per cento quest’anno, 3,7 per cento nel 2024 e 3,0 per cento nel 2025. L’obiettivo per il 2026 viene posto pari al 2,5 per cento;
  3. il sostegno alla ripresa dell’economia italiana, volto a conseguire tassi di crescita del PIL e del benessere economico dei cittadini più elevati di quelli registrati nei due decenni scorsi.

Nel breve termine, si opererà per sostenere la ripartenza della crescita segnalata dagli ultimi dati, nonché per il contenimento dell’inflazione. Il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5 per cento) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima adozione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sul periodo maggio-dicembre di quest’anno. Ciò sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie e contribuirà alla moderazione della crescita salariale. Unitamente ad analoghe misure contenute nella legge di bilancio, questa decisione testimonia l’attenzione del Governo alla tutela del potere d’acquisto dei lavoratori e, al contempo, alla moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi. Anche per il 2024, le proiezioni di finanza pubblica mostrano che, dato un deficit tendenziale del 3,5 per cento, il mantenimento dell’obiettivo del 3,7 per cento del PIL creerà uno “spazio di bilancio” di circa 0,2 punti di PIL, che sarà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, al finanziamento delle cosiddette ‘politiche invariate’ a partire dal 2024 e alla continuazione del taglio della pressione fiscale nel 2025-2026, e concorrerà a una significativa revisione della spesa pubblica e a una maggiore intesa tra fisco e contribuente.

In tale contesto, le previsioni di crescita del PIL del DEF sono le più prudenti, intente all’elaborazione di proiezioni di bilancio ispirate a cautela e affidabilità. Nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il PIL è previsto crescere in termini reali dello 0,9 per cento nel 2023 – dato rivisto al rialzo in confronto al Documento programmatico di bilancio (DPB) di novembre, in cui la crescita del 2023 era cifrata in uno 0,6 per cento – e quindi all’1,4 per cento nel 2024, all’1,3 per cento nel 2025 e all’1,1 per cento nel 2026.

Grazie alle nuove misure fiscali per il 2023 e 2024 delineate, la crescita del PIL nello scenario programmatico è prevista pari all’1,0 per cento quest’anno e all’1,5 per cento nel 2024.

Nella tabella seguente la rappresentazione dei principali indicatori di finanza pubblica.

def def

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