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Deepfake, il Biscione di Mediaset sputacchia Meta

Su Facebook e Instagram transitano deepfake che riproducono diversi volti noti di Canale 5 e Rete 4 ma, soprattutto, Pier Silvio e Marina Berlusconi: Mediaset prova a chiederne la rimozione ma Meta nicchia. Così da Cologno Monzese si leva un grido d'aiuto (indirizzato a Roma?): "Occorre responsabilizzare le piattaforme social". Fatti e polemiche

Chi di deepfake ferisce di deepfake perisce. Era il 2019, in Italia ancora non si parlava di deepfake e Striscia la Notizia, il tg satirico di Antonio Ricci, trasmetteva un video con tanto di scritta “esclusivo” in cui un Matteo Renzi quasi del tutto identico all’originale diceva cose mai dette e compiva cose mai fatte. Ne nacque un polverone mediatico sull’opportunità di mandare in onda un video fasullo senza alcuna indicazione a schermo costantemente presente: “Non accenna a placarsi la polemica intorno al video del finto Renzi che Striscia la notizia ha mandato in onda il 23 settembre”, si legge ancora in una pagina del sito Mediaset. E proprio Mediaset, ora, accusa Meta di veicolare troppi deepfake.

MEDIASET SFIDA ANCORA I COLOSSI DEL WEB

Il Biscione ci ha abituato a litigi clamorosi – e a vittorie insperate – con le Big Tech estere. “Mediaset vince contro YouTube” si legge nella pagina che lo studio legale Previti dedica alla propria personalissima rassegna stampa.

Finora a indispettire il gruppo di Cologno Monzese erano state soprattutto le trasmissioni del suo sterminato archivio caricate – per lo più da fan e appassionati, senza alcuno scopo di lucro – sulle piattaforme più note.

QUEI DEEPFAKE CHE TURBANO MEDIASET

Ora invece la preoccupazione principale dell’azienda Berlusconi sono invece i video creati con l’Ia. Come è emerso dal convegno “Deepfake: tra realtà e illusione” organizzato da Ipsos in collaborazione con Studio Previti Associazione Professionale, probabilmente nella speranza di dar vita a un tamtam mediatico la cui eco, chissà, possa giungere alle orecchie del governo. “Con tanto di indagine Ipsos  – annota il cronista del Sole24Ore presente all’evento – da cui è emersa la scarsa consapevolezza del fenomeno: solo il 46% degli italiani dice di conoscere il tema e solo 4 aziende su 10 hanno una struttura dedicata interna per ridurre i rischi cyber.”

Ma perché Mediaset teme così tanto i deepfake? Lo ha spiegato Stefano Longhini, della direzione Affari legali di Rti (Mfe-Mediaset): “Il problema l’abbiamo intercettato per la prima volta nel 2022 con Paolo Del Debbio fake che promuoveva una vendita di prodotti dimagranti”, si legge sul Sole 24 ore di oggi. Poi sono arrivate le finte “Maria De Filippi e Myrta Merlino che propongono prodotti finanziari”.

I VIDEO CON PIER SILVIO E MARINA FAKE

Infine qualcuno ha l’ardire di commettere lesa maestà arrivando persino a sguinzagliare sul Web fasulli “Marina e Pier Silvio Berlusconi che propongono una serie di investimenti finanziari”. “A quel punto – da Mediaset vedono rosso – attiviamo una serie di ricorsi di urgenza. Siamo a giugno-ottobre 2023. È passato un anno e siamo in attesa di un’ulteriore convocazione della sezione civile del Tribunale”. Lo sfogo di Longhini, che aggiunge anche le “11 querele sul fronte penale”.

MEDIASET CHIEDE AIUTO CONTRO META

“Contro il problema dei deepfake” per il Gruppo di Cologno la giustizia ordinaria non basta, “occorre responsabilizzare Meta. Da lì passa il 90% almeno delle fattispecie che ci hanno visto coinvolti”, puntano il dito da Mediaset.

Lì però l’azienda capisce di aver bisogno di una mano, di non aver sufficiente peso contro i proprietari delle piattaforme social per indurli a sveltire le pratiche quando qualcuno libera nell’etere un Pier Fake: “Seduti al tavolo con Meta e nella convinzione che abbiano l’interesse a risolvere il problema – racconta infatti Longhini – ci sentiamo dire: Riusciamo a intervenire in otto giorni”. Un lasso di tempo che da Mediaset ritengono “inaccettabile. Con ulteriori interlocuzioni si scende a tre giorni”.

Chiaro insomma lo scopo del convegno: spingere chi governa a fare qualcosa. Del resto nel recente passato anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è finito vittima del fenomeno. Anche se i rapporti tra i Berlusconi e Palazzo Chigi non vengono descritti come particolarmente sereni, chi governa potrebbe avere un interesse personale sulla questione. All’evento del resto era presente un possibile trait-d’union tra l’azienda e l’esecutivo, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria, Alberto Barachini, che ha alle spalle proprio una vita in Mediaset e ha assicurato i presenti ricordando che è allo studio il disegno di legge sul reato di deepfake.

Da Viale Europa sembrano però voler leggi in grado di spingere le piattaforme a una vigilanza tempestiva ed effettiva. E dallo Studio Previti non a caso si ricorda che “i pericoli connessi alla diffusione della disinformazione hanno condotto lo stato americano della California a introdurre una legge severa contro i “deep fake” politici che entrerà in vigore prima delle elezioni di novembre. Tuttavia – aggiungono -, le disposizioni introdotte hanno attirato le critiche del magnate Elon Musk, che negli scorsi mesi ha pubblicato contenuti prodotti dall’intelligenza artificiale della candidata Kamala Harris e del governatore della California Newsom”.

Insomma, dal quadro dipinto è chiaro che si debba fare qualcosa per evitare che ogni violazione si trasformi un una supplica indirizzata ai pochi che hanno in mano le chiavi dei social e che possono vederla in modo differente sulla questione, specie se il video incriminato sta rimbalzando in modo virale. Anche perché, lamentano ancora dalla direzione Affari Legali del Biscione, le interlocuzioni con Meta non forniscono mai alcuna “garanzia di poter ribloccare questi contenuti. Ma come è possibile?”. Longhini si dà la risposta: “Perché ci guadagnano con la pubblicità”. E Mediaset di pubblicità se ne intende. Oltre il danno, la beffa.

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