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Investimenti

Tutti i rischiosi ritocchi al decreto Genova

L'intervento di Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari

Il decreto legge Carige, in corso di conversione alla Camera, ha riaperto i riflettori su molti aspetti inerenti le banche, aspetti che in effetti meriterebbero l’attenzione del legislatore. Un accreditato osservatore del settore come Angelo De Mattia si è già in argomento espresso, con l’equilibrio di sempre: invero, appare quantomeno inopportuno che, nel momento in cui il Parlamento si appresta a varare una Commissione d’inchiesta sull’intero mondo bancario, ci si avventuri in riforme non inquadrate nel dovuto contesto unitario.

Basti un esempio, al riguardo: si vogliono vietare per legge (sul piano etico sono già vietati) gli incentivi ai dipendenti bancari per la vendita di prodotti finanziari – così additandoli all’opinione pubblica quali, quantomeno, soggetti da cui guardarsi – e si trascurano paradossalmente (come, per il vero, si è finora fatto anche in ABI e da parte dei sindacati) i promotori finanziari, per i quali l’incentivazione è addirittura in re ipsa, nel loro stesso rapporto di lavoro. Così soggiacendo – senza volerlo – al pensiero unico e alla discriminazione fra lavoratori del credito imposta dalle banche che vogliono continuare a poter contare su una situazione di mercato privilegiata per loro anche sotto il profilo che – com’è noto – le banche rispondono comunque, nei confronti del risparmiatore, dell’operato dei loro dipendenti, ma non dell’operato dei promotori, siccome (considerati) liberi professionisti.

Una visione della problematica bancaria nella sua totalità evita incidenti di percorso come questo, di discriminare cioè i lavoratori dipendenti rispetto ai lavoratori autonomi. Ma la stessa cosa può dirsi quando si affrontano (possibili) problemi di una categoria di banche (le Popolari) e non si spende una parola sul fatto dei (possibili) problemi, e ben noti, di banche di altre categorie (Casse e Spa) e, ancor meno, si dice che proprio ad una Popolare ci si affida – di questi tempi – per aiutare una Cassa. Insomma, anche qua sembra dominare il pensiero unico: che impone di operare con la macchina del fango (anche sotto – falsa – specie di voler correre in aiuto), proprio come si fece – deliberatamente – a proposito della famose 4 banche, allorchè la grossa stampa arrivò a parlare sistematicamente di 4 Popolari quando – in realtà – fra quelle 4 vi era una sola Popolare, essendo le altre Spa o Casse ed ex Casse.

Per non parlare di quanto al proposito disse (e fece) Renzi (l’indagine penale pendente in merito a Roma farà forse luce – speriamo – sull’affaire, come invece si rifiutò di fare la Commissione Casini) e di quanto – senza opposizione, ovvio, da parte del Governo Renzi – fece l’UE, che considerò aiuto pubblico un aiuto privato (quello del Fondo di tutela dei depositi), con la stessa addomesticata facilità con la quale ora considera privati gli aiuti direttamente dello Stato.

Insomma, i fatti a quest’ultimo riguardo accreditano fortemente l’opinione che, per la finanza mondiale il vero nemico da abbattere è il voto capitario, e basta: per il semplice motivo che esso impedisce che i fondi speculativi internazionali si approprino di tutte le banche, come sta regolarmente avvenendo in Italia o già è avvenuto (eccezione fatta per le medio piccole banche, escluse dalla riforma Renzi e quindi graziate dall’impossessamento estero). Anche qui – va detto – un conto sono gli Ips (per i quali Assopopolari opera, anche sul piano tecnico-pratico, con un aiuto a favore delle associate che non conosce precedenti) e un altro conto sono le aggregazioni, in tipologie varie, per non dire le fusioni vere e proprie.

Delle quali si potrà – in caso, e nell’assoluta indipendenza di giudizio delle singole banche – parlare ma solo a bocce ferme, e cioè dopo il verdetto (che non potrà tardare molto, pervenute le risposte dalla Corte di giustizia europea) del Consiglio di Stato.

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