Il consumatore statunitense è il secondo maggiore acquirente di lusso a livello globale dopo i cinesi, coprendo circa il 23-24% del mercato a livello globale. A gennaio avevamo stimato che questo gruppo avrebbe segnato una crescita del 6-8% quest’anno, portando la spesa globale per il lusso al +4% (si ricordi che la media a lungo termine è del 6%), dopo lo 0% dell’anno scorso. Questi numeri sono chiaramente troppo alti e li abbiamo già rivisti al 4-6% e al +3% rispettivamente. Entro l’estate dovrebbe esserci maggiore chiarezza.
Il consumatore statunitense acquista in patria in media i 2/3 della spesa di lusso e quando viaggia 1/3, che può salire se il dollaro è forte.
COSA PENSIAMO ORA?
Bisogna premettere che il 20% (o il 31% per gli orologi svizzeri) NON si applica sul prezzo finale ma bensì sul prezzo di trasferimento o di importazione; quindi, di solito ben al di sotto della metà dell’impatto sul prezzo al dettaglio.
Chiaramente i prezzi negli Stati Uniti aumenteranno. Questo varierà a seconda del brand (influenza, desiderabilità, profilo del cliente), ma sicuramente ci sarà un impatto sul margine a livello locale.
Il dollaro è tornato ai livelli pre-elezioni, quindi c’è un minore incentivo a viaggiare, ma ciò che mi preoccupa è anche l’aumento dell’antiamericanismo. È troppo presto per dirlo, ma questo potrebbe essere un problema in Europa, per esempio.
È chiaro che l’inflazione aumenterà negli Stati Uniti e, supponendo che i tagli dei tassi siano ritardati, ci sono dei veri e propri punti interrogativi sulla resilienza dei consumatori statunitensi.
Tuttavia, sebbene le carte di credito indichino una spesa più debole da metà febbraio, questi dati sono spesso fuorvianti per il settore del lusso, dove il consumatore è più resiliente. Tutti i manager con cui dialogo confermano di non aver ancora visto alcuna inversione di tendenza degna di nota.
Detto questo, ora siamo più cauti.
Consideriamo che:
- La pelletteria ha toccato il fondo nella parte superiore della piramide, per poi crescere man mano che si scende la piramide.
- L’abbigliamento, come sopra.
- Gli orologi saranno duramente colpiti, ma NON i marchi di lusso, che purtroppo non sono quotati; quindi Rolex, Audemars, Patek, Mille ecc. andranno bene… Omega ecc. invece no.
- I gioielli saranno colpiti soprattutto nella fascia più bassa e la produzione statunitense è limitata (Tiffany è in una posizione migliore).
- Le sneakers e gli articoli sportivi saranno tutti colpiti duramente (ma chi NON produce in Asia?).
Molto è già recepito nei prezzi, quindi si spera che presto avremo maggiore chiarezza e meno volatilità, ma chiaramente un certo grado di derating è destinato a durare. A meno che i brand non abbiano già stabilimenti di produzione negli Stati Uniti, è molto improbabile che vi trasferiscano la produzione.
Di seguito, un’analisi dei possibili impatti per una selezione di società:
HERMES
In cima alla piramide, quindi sovraperformerà il settore negli Stati Uniti. Con il 19% delle vendite negli Stati Uniti, probabilmente aumenterà i prezzi in questo mercato. Impatto limitato
FERRARI
Molto in cima alla piramide, quindi sovraperformerà. Il 25% delle vendite negli Stati Uniti. Ha già indicato un aumento dei prezzi del 10% a partire dal 2 aprile negli Stati Uniti e un calo del margine di 50 punti base. Impatto molto limitato nonostante l’annuncio di un dazio del 25%.
RICHEMONT
Gli orologi saranno colpiti. I gioielli (3/4 del business di Richemont) molto meno in virtù dell’alto profilo del marchio e della fedele base di clienti. Inevitabilmente aumenteranno i prezzi negli Stati Uniti. Impatto moderato
LVMH
Un mix: gli Stati Uniti sono il loro mercato più grande, ma Tiffany e Louis Vuitton possono aumentare la produzione locale per mitigare l’impatto (ma probabilmente solo nel 2026). Impatto moderato con alcuni probabili aumenti di prezzo.
ESSILOR LUXOTTICA
Quasi il 50% di esposizione negli Stati Uniti, ma enorme quota di mercato e la maggior parte degli occhiali è prodotta al di fuori degli Stati Uniti (vale anche per tutti i competitor). Inoltre, la maggior parte dei prodotti non sono di fascia alta. L’espansione nel settore del medtech sta aiutando. Impatto moderato.
RALPH LAUREN
Quasi il 50% di esposizione negli Stati Uniti e rischio di contraccolpi anti-USA all’estero. Lo slancio del brand è ancora forte. I prezzi aumenteranno, ma non nella fascia alta della piramide. Impatto significativo.
VIKING HOLDINGS
L’80% dei clienti è statunitense, ma il 90% della capacity per il 2025 è già stata venduta e i rendimenti sono in rialzo. Non si registrano cancellazioni e le vendite per il 2026 sono in linea con le aspettative. Impatto limitato.
AMER SPORTS
L’approvvigionamento in Asia (Vietnam, Cina) sarà penalizzante, ma il marchio ha un forte slancio a livello globale. L’esposizione agli Stati Uniti è del 26%, inferiore alla media. Impatto moderato.
BRUNELLO CUCINELLI
Esposizione agli Stati Uniti elevata, pari al 37%, ma si tratta della fascia più alta della piramide; quindi i prezzi negli Stati Uniti aumenteranno con limitato contraccolpo da parte della fascia di consumatori locali più abbienti. Impatto limitato.
TAPESTRY
Esposizione agli Stati Uniti superiore al 60% e non nella fascia più alta della piramide, sebbene Coach sia in forte crescita. Possibilità limitata di aumentare i prezzi per compensare i dazi asiatici. Impatto significativo.
È un momento di panico sul mercato, ma mi aspetto che nei prossimi giorni a mente fredda si arrivi a un’analisi più informata.