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Crisi Impresa

Crisi d’impresa: come si affronta e cosa dice la normativa

E’ un periodo storico molto particolare per il mondo dell’economia, della finanza e del lavoro. L’emergenza sanitaria pone sempre più questioni urgenti, soprattutto nell’ambito produttivo e delle imprese. Che sono le prime a risentire delle difficoltà e delle contingenze sia a livello nazionale che internazionale. In questo quadro diventa di grande interesse e attualità l’esame…

E’ un periodo storico molto particolare per il mondo dell’economia, della finanza e del lavoro. L’emergenza sanitaria pone sempre più questioni urgenti, soprattutto nell’ambito produttivo e delle imprese. Che sono le prime a risentire delle difficoltà e delle contingenze sia a livello nazionale che internazionale.

In questo quadro diventa di grande interesse e attualità l’esame del nuovo Codice della crisi d’impresa, contenuto nel d.lgs. 14 del 2019. La sua entrata in vigore era attesa per il 15 agosto scorso, ma in seguito al Decreto Liquidità dell’8 aprile è stata posticipata al primo settembre del 2021. Questo documento contiene molte importanti novità per la gestione d’impresa.

Per quel che concerne in particolare lo stato di crisi, quest’ultimo viene definito come uno stato di difficoltà finanziaria ed economica che rende l’insolvenza da parte del debitore probabile. Di conseguenza, per le imprese si configura l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte con regolarità alle obbligazioni che siano state pianificate.

In sintesi, con questo Codice il legislatore punta ad anticipare il verificarsi di uno stato patologico: l’obiettivo è cercare di risolvere presto e bene la crisi, ricorrendo a determinati indicatori che sapranno rivelare quali ripercussioni potranno avere determinate scelte dell’amministrazione e la gestione dell’azienda stessa sul futuro.

COMPRENDERE IL POTENZIALE STATO DI DIFFICOLTÀ E PUNTARE AL RIPRISTINO DELL’EQUILIBRIO

La nuova normativa punta – in breve – ad anticipare la possibilità che la crisi d’impresa emerga, limitandone i relativi effetti e scongiurando fallimenti. Anche grazie all’ausilio di software ad hoc, si potrà agevolare una precoce diagnosi relativamente alla possibilità che si verifichi uno stato di difficoltà. Tali programmi, oltre a occuparsi di andare ad istituire un assetto di tipo organizzativo che sia idoneo per rilevare in modo tempestivo gli stati di dissesto, si offrono in genere – nell’eventualità di una crisi aziendale – di progettare e proporre dei piani per il risanamento e la ristrutturazione. Inoltre si punta a tutelare e proteggere la capacità imprenditoriale di chi si trovi ad andare incontro a una simile situazione.

Il regime di controllo che si attiva è in grado di assicurare un monitoraggio costante, ricorrendo alla verifica di certi indicatori, per prevenire la potenziale crisi. Intercettare gli elementi di criticità, responsabilizzare il debitore e gli organi amministrativi sono tutte attività propedeutiche a scongiurare il rischio che la crisi diventi in breve insanabile. Il piano di intervento che si dovrà andare a strutturare avrà l’obiettivo dichiarato di ripristinare l’equilibrio sia finanziario che patrimoniale ed economico.

GLI INDICATORI E LE ANOMALIE CHE RIVELANO L’URGENZA DI UN CAMBIO DI PASSO

Per riuscire a comprendere quando una situazione imprenditoriale stia andando verso un potenziale stato di crisi, è bene saper leggere e interpretare – monitorandoli con costanza – determinati indicatori segnaletici di tipo qualitativo e quantitativo (detti ‘early warnings’), da integrare con quelli prospettici. Le anomalie nella contabilità sono monitorate e valutate dal sistema interno, così come il rischio di insolvenza. Quest’ultimo si mette a fuoco controllando gli indicatori relativi ad anomalie nei rapporti con istituti bancari, anomalie a livello gestionale ma anche di bilancio ed erariali.

Tra i campanelli d’allarme che suonano e devono far presagire l’incombere di uno stato di difficoltà è possibile indicare in primis il patrimonio netto negativo. Gli indici in grado di far presumere – ragionevolmente – uno stato di crisi di impresa sono cinque e sono stati proposti dal CNDCEC (Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili). Si tratta nello specifico dell’indice di sostenibilità degli oneri finanziari (in termini di rapporto tra fatturato e oneri finanziari), l’indice di ritorno liquido dell’attivo (in termini di rapporto tra attivo e cash flow), l’indice di adeguatezza patrimoniale (in termini di rapporto tra i debiti totali e il patrimonio netto), l’indice di liquidità (in termini di rapporto tra attività e passivo nel breve termine), l’indice di indebitamento previdenziale e tributario (in termini di rapporto tra attivo e indebitamento tributario e previdenziale).

Nel caso in cui l’imprenditore non dovesse ripristinare l’equilibrio aziendale – agendo in autonomia oppure con il supporto di esperti – potrà scattare la procedura di allerta, che servirà a trovare l’accordo tra creditori senza che la crisi possa sfociare nell’insolvenza. La durata di tale procedura potrà andare dai tre ai sei mesi, durante i quali si punterà a raggiungere l’accordo. Ove questo non sia possibile (e vi sia la crisi dell’impresa) l’OCRI (Organismo per la composizione delle crisi di impresa, istituito dalla normativa) inviterà all’apertura da parte dell’impresa di una delle tradizionali procedure d’insolvenza. Un’allerta interna sarà quella attivata dall’imprenditore direttamente oppure dal collegio sindacale, mentre sarà esterna nel caso in cui ad attivarla siano Inps, Agenzia delle Entrate o agenti di riscossione (una volta che lo scaduto abbia superato una certa soglia).

Peraltro, il testo della riforma prevede nello specifico che in caso di bancarotta – sia di tipo semplice che di tipo fraudolento – l’imprenditore che abbia presentato in maniera tempestiva l’istanza per accedere alle procedure per scongiurare la crisi di impresa possa beneficiare di una ‘causa di non punibilità’ (comunque per danni che siano di entità ridotta). L’intenzione del legislatore è quella di ridurre quella che è la pressione penale in relazione ad eventi di minor rilevanza: l’obiettivo dichiarato è sempre e comunque riuscire a favorire una ripartenza dell’attività d’impresa.

L’IMPORTANZA DI UNA CORRETTA STRATEGIA PER IL RECUPERO CREDITI

In quest’ottica sarà utile anche esaminare – consigliano gli addetti ai lavori – l’importanza di una corretta attività e strategia di recupero crediti commerciali. Se infatti sono presenti dei crediti insoluti – i quali non siano stati gestiti in modo corretto e in tutta tempestività – questi possono andare a impattare anche in maniera molto pesante sul fatturato e i flussi di cassa, fino a toccare duro la reputazione aziendale e la sua affidabilità. Stabilire e strutturare una efficace e performante strategia per la gestione del credito è dunque essenziale per poter fronteggiare al meglio eventuali situazioni di criticità, bypassandole e ripristinando l’ordine. Più l’attività è ampia – basta pensare al caso in cui si facciano affari sul mercato internazionale – maggiore sarà la difficoltà di riuscire a monitorare la situazione nel suo complesso. Ecco perché è sempre bene affidarsi a un team di esperti, evitando di navigare a vista.

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