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Perché l’Ipo di Spotify deve impensierire le banche d’affari

Il commento di Edoardo Narduzzi, manager, imprenditore ed editorialista, sulla recente Ipo di Spotify La quotazione in borsa di Spotify, il colosso svedese della musica digitale, è stata un successo non soltanto per la raccolta realizzata. La società tecnologica ha sperimentato una Ipo, cioè una offerta di prima quotazione in borsa delle proprie azioni, senza…

La quotazione in borsa di Spotify, il colosso svedese della musica digitale, è stata un successo non soltanto per la raccolta realizzata. La società tecnologica ha sperimentato una Ipo, cioè una offerta di prima quotazione in borsa delle proprie azioni, senza intermediari, permettendo la sottoscrizione diretta via web delle sue azioni in offerta agli investitori finali.

Più trasparenza e meno costi per una forma di Ipo che è sicuramente destinata a essere replicata nel prossimo futuro da altri colossi della tecnologia mondiale. Significa che le banche d’affari faranno la fine delle agenzie di viaggio? Per il momento è difficile da dire ma è assai probabile che la rendita di posizione della quale hanno goduto per oltre un secolo sia destinata a mutare in favore delle imprese interessate a raccogliere capitale.

Ma l’Ipo molto simile ad un Ico, Initial coin offering, di Spotify segnala anche come il fenomeno delle cosiddette cryptovalute ha già saputo produrre effetti nelle condotte di mercato ben oltre il semplice prezzo del bitcoin. Un Ico, cioè una offerta al pubblico di una nuova criptomoneta, avviene con le stesse modalità seguite per l’Ipo di Spotify: si realizza un collocamento diretto con gli investitori finali senza utilizzo alcuno di intermediari che al massimo possono agire come investitori essi stessi nell’Ipo. In pratica, come la maxi Ipo di Telegram insegna molto bene, la raccolta diretta delle cryptovalute ha aperto la strada a modelli di Ipo innovativi per le società tecnologiche e Spotify non ha perso tempo nello sperimentare e sfruttare questa opportunità.

A voler guardare oltre l’attualità della finanza si intravede già assai bene il modello in divenire che sarà la normalità tra qualche anno. La modalità di collocare asset class caratterizzate da livelli di volatilità specifica sarà sempre più senza l’intervento di intermediari specializzati. L’offerta di titoli sarà diretta agli investitori finali sia che si tratti di azioni che di asset class di altra natura, come le cryptovalute.

Le borse valori, a loro volta, diventeranno dei pubblici registri e degli exchange totalmente gestiti con la logica operativa della blockchain e degli smart contract e regoleranno le transazioni tra le parti, non appena la tecnologia diventerà adeguatamente real time, con modalità analoghe a quelle con cui oggi si scambiano i bitcoin. Costi più bassi e maggiore trasparenza negli scambi, ma anche l’emersione di asset class molto più convergenti tra loro nella valutazione degli investitori finali di quanto oggi non si pensi.

(articolo pubblicato su ItaliaOggi)

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