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economia

Che cosa succederà alla crescita globale

Non solo Usa e Ue, come andrà l'economia mondiale. Il punto di Álvaro Sanmartín, Chief Economist, Amchor IS.

Sebbene preoccupi il rischio di una recessione a breve termine negli Stati Uniti, vediamo poche ragioni per modificare in modo significativo il nostro scenario macroeconomico centrale. Scenario che contempla un progressivo calo dell’inflazione core, tagli moderati dei tassi da parte delle banche centrali e una crescita economica globale in linea con il potenziale.

Atterraggio morbido negli Usa

Nel complesso, i recenti dati macroeconomici sono un fattore importante negli Stati Uniti e continuano a essere molto più compatibili con un atterraggio morbido che con un rischio di recessione, più o meno imminente. In particolare, e sebbene sia chiaro che il mercato del lavoro statunitense si sia raffreddato sensibilmente rispetto al forte eccesso di domanda generatosi dopo la pandemia, la verità è che non ci sono segnali che indichino una debolezza particolarmente preoccupante.

Per quanto riguarda la domanda aggregata, la sua componente principale (i consumi privati) rimane in una forma ragionevolmente buona. Allo stesso tempo, al di là dell’inevitabile incertezza generata dalle elezioni statunitensi, non vediamo molte ragioni per prevedere un comportamento costantemente negativo per quanto riguarda gli investimenti delle imprese. Inoltre, e per quanto riguarda la politica fiscale, non vediamo alcun segno che avrà un effetto restrittivo significativo sull’attività economica né quest’anno né il prossimo. Al contrario: gli annunci fatti dai due candidati alle elezioni presidenziali statunitensi sono più compatibili con le tendenze di bilancio espansive che con una contrazione nel corso del 2025.

Il buon andamento dell’inflazione core e dei salari, insieme alle aspettative di inflazione che rimangono saldamente ancorate, crea un margine di manovra per la Fed per avviare un ciclo di tagli dei tassi a partire da settembre. Continuiamo a pensare che il rischio principale a sei mesi non sia una recessione ma piuttosto la possibilità nei prossimi trimestri di sorprese al rialzo nella crescita e nei prezzi.

Proprio perché vediamo questi rischi al rialzo nell’attività e nei prezzi e perché, anche nel nostro scenario centrale, ci aspettiamo un ciclo di ribassi molto meno intenso nella loro entità totale rispetto a quello che il mercato sta ora scontando, preferiamo continuare ad evitare i tratti lunghi delle curve dei rendimenti. Nello specifico, ci aspettiamo tra i 75 e i 100 punti base di tagli dei tassi quest’anno (senza escludere del tutto la possibilità di un taglio di 50pb a settembre, a seconda di come andranno i dati) e un tasso terminale che potrebbe essere raggiunto prima della fine del primo trimestre 2025 e che riteniamo non sarà molto inferiore al 4%.

Eurozona: crescita sopra il potenziale

Se è vero che la debolezza tedesca continua a frenare in modo significativo l’attività nell’Eurozona, rimaniamo fiduciosi in un rimbalzo dei consumi privati nell’intera area nel resto dell’anno, grazie ai salari che stanno salendo nettamente al di sopra dell’inflazione e alla disoccupazione ai minimi storici. Grazie, anche, alla solida situazione di equilibrio di cui godono le famiglie nel nostro continente.

Oltre a queste buone prospettive per i consumi privati, vi sono ulteriori motivi per prevedere che l’Eurozona possa crescere a tassi in linea o addirittura leggermente superiori al potenziale nei prossimi 6-12 mesi: costi energetici moderati e buone prospettive a medio termine; un eventuale completamento dell’aggiustamento al ribasso delle scorte industriali, che potrebbe favorire un certo rimbalzo dell’attività di un settore che è stato piuttosto depresso; società europee con bilanci solidi; tassi di interesse reali a lungo termine a livelli molto bassi; una politica fiscale non affatto restrittiva.

Inoltre, un certo aumento della domanda aggregata nel nostro continente, insieme a un’eventuale vittoria di Harris alle elezioni americane, dovrebbe fungere da fattore favorevole rilevante per l’azionario europeo e, in particolare, per i titoli più ciclici.

Il buon andamento dell’inflazione nell’area dell’euro nell’ultimo periodo, le prospettive di moderazione salariale per il 2025 e il forte ancoraggio delle aspettative sui prezzi aprono la porta a ulteriori tagli dei tassi da parte della Bce quest’anno. Nello specifico, e anche se la Bce probabilmente manterrà un tono cauto e un approccio di “dipendenza dai dati”, anche in questo caso ci aspettiamo tagli dei tassi compresi tra i 50 e i 75 punti base quest’anno, con un tasso terminale che non vediamo molto al di sotto del 3% e che potrebbe essere raggiunto già nel primo trimestre del 2025.

Asia: segnali di resilienza in Cina

Nell’Asia emergente, al di fuori della Cina, i dati sull’attività continuano ad essere per lo più favorevoli, in un contesto di significativa stabilità macroeconomica, sia in termini di inflazione sia in termini di livelli (generalmente moderati) di disavanzo e debito pubblico. Nel caso della Cina, non ci aspettiamo certo un forte rimbalzo dell’attività economica, ma ci aspettiamo più segnali di resilienza di quelli ora scontati dal mercato, grazie soprattutto ai significativi stimoli monetari e fiscali che continuano a essere approvati, compresi quelli specificamente volti a stabilizzare il settore immobiliare.

Per quanto riguarda il Giappone, vediamo segnali sempre più evidenti che il rimbalzo dei salari inizia a tradursi in una certa ripresa dei consumi, che pone il Paese sulla strada giusta per conseguire una crescita in linea o superiore al potenziale e, anche, per stabilizzare definitivamente l’inflazione intorno al 2%. Allo stesso tempo, tuttavia, non vediamo ancora segni di surriscaldamento e va anche tenuto presente che il recente apprezzamento dello yen potrebbe generare una certa pressione al ribasso sull’inflazione nei prossimi mesi. Entrambe queste cose dovrebbero consentire alla BOJ di essere paziente nel decidere su ulteriori rialzi dei tassi.

View di mercato

Coerentemente con la nostra analisi della situazione economica globale, manteniamo praticamente intatti gli elementi essenziali della nostra asset allocation: posizioni moderatamente costruttive in azioni, con una certa presenza nell’Asia emergente, e un peso maggiore in Europa che negli Stati Uniti, con titoli più ciclici che difensivi e puntando anche su piccole e medie imprese; bassa duration nel reddito fisso governativo, in particolare evitando i tratti lunghi della curva; esposizioni moderate al credito societario, con particolare attenzione alle scadenze brevi; e posizioni valutarie con livelli di carry interessanti che possono offrire una copertura nel caso in cui le nostre prospettive relativamente favorevoli per l’economia europea non si concretizzino.

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