La conferma è pressoché scontata: il congresso della First Cisl, che si apre oggi a Roma, non dovrebbe riservare sorprese per l’attuale segretario, Riccardo Colombani, che si appresta dunque a iniziare il suo secondo mandato. Una fiducia, quella dei delegati che lo voteranno, che trae fondamento non solo dalla stima che Colombani, serio e credibile, riscuote dalla base al vertice, ma soprattutto dal fatto che è riuscito finalmente a riportare serenità e stabilità all’interno della sua organizzazione, la seconda sigla nel settore bancario dopo la Fabi. Nella segreteria nazionale, Colombani – un fedelissimo del leader Cisl, Luigi Sbarra, che stima e ammira – non farà rivoluzioni: è previsto, secondo indiscrezioni, un solo, nuovo innesto. I lavori, all’hotel Marriott, si apriranno con la relazione introduttiva dello stesso Colombani, poi spazio, come di consueto, ai segretari generali delle altre organizzazioni sindacali. Ci saranno tutti, con una sola eccezione, legata a ragioni strettamente personali, quella del leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, sostituito dal segretario generale aggiunto, Giuliano De Filippis. Sarà proprio lui – la persona più vicina al numero uno Fabi – ad aprire i saluti, poi toccherà a Nino Baseotto (First Cisl), Fulvio Furlan (Uilca) ed Emilio Contrasto (Unisin).
Sullo sfondo, al congresso First, terrà banco la mossa di Crédit Agricole, che giovedì ha reso noto di aver acquisito una partecipazione in Banco Bpm del 9,2%. In Italia, negli ultimi anni, i francesi del Credit hanno già rilevato Cariparma e, più recentemente, il Creval. Ragion per cui la mossa di giovedì, annunciata a tarda sera, ha fatto rumore e ha fatto notizia anche la presa di posizione, finora solo di esponenti di Fratelli d’Italia, come Federico Mollicone, che hanno invocato l’utilizzo del golden power da parte del governo per bloccare un’operazione che «punta alla gestione del risparmio italiano». Il riferimento è anche alla sgr di BancoBpm, Anima, una delle più importanti del Paese. Il boccone è appetitoso e l’interesse nazionale, considerando anche i btp e gli altri titoli di Stato in portafoglio, è sotto gli occhi di tutti. Non si spiega, quindi, perché finora nessun rappresentante del governo abbia ventilato l’ipotesi di utilizzare quei super poteri, previsti dalla legge, volti a porre il veto sull’acquisto, da parte di soggetti stranieri, di asset ritenuti strategici per il Paese.
Fin qui gli aspetti strettamente politici. Ma c’è anche il mercato che si agita e non poco. Nonostante non abbia chiesto alla Consob (per ora) l’autorizzazione a salire oltre il 10% di Banco Bpm, con la fiche pesante appena acquistata, Crédit Agricole può essere di ostacolo a due gruppi bancari italiani interessati all’istituto di Piazza Meda, ovvero Unicredit e Bper. Ma il blitz francese è anche un potenziale problema per Intesa Sanpaolo che si ritroverebbe nelle sue regioni chiave una banca assai ben attrezzata, Crédit Agricole, con fabbriche prodotto maggiori della sua e un costo della raccolta minore. Nel caso andassero avanti su Piazza Meda, e sommando la rete della ex Cariparma oltre quella del Creval, i francesi controllerebbero un gruppo che sarebbe secondo solo a Intesa Sanpaolo. Una prospettiva che potrebbe essere poco gradita, in particolare a Bper e alla sua controllante Unipol di Carlo Cimbri, soprattutto per le ripercussioni negative sulla vendita dei prodotti assicurativi: per gli osservatori potrebbero esserci, proprio nel business delle polizze, evidenti svantaggi competitivi.
In questo contesto, ha fatto un certo scalpore la dichiarazione del segretario generale della Fabi. «E’ un depistaggio e le motivazioni vere le tengo per me», ha detto Sileoni, venerdì pomeriggio, a margine di un convegno su Carige, a Genova, rispondendo all’agenzia di stampa Agi che gli ha chiesto un commento sull’operazione. Sileoni, sempre ben informato, non parla mai a caso. Forse ha lasciato intravedere una pista alternativa: Crédit Agricole, di là dalla possibilità che vada oltre il 10% per prendere il controllo di Banco Bpm, potrebbe rivendere questa partecipazione a una banca “amica”, magari a un importante gruppo bancario che opera in Italia, che avrebbe poi il merito politico di aver evitato la prepotente entrata dei francesi in Italia.
E il fronte interno al Banco Bpm? L’amministratore delegato, Giuseppe Castagna, ha ricevuto la notizia a casa sua, mentre cenava assieme al presidente Massimo Tononi. Castagna avrebbe in un primo momento letto positivamente la novità, perché un socio forte nell’azionariato potrebbe garantirgli una certa stabilità. Ma in realtà entrambi appaiono preoccupati, perché, di là dalle prossime mosse dei francesi, l’attenzione verso piazza Meda da parte di tutti i principali player bancari è sotto gli occhi di tutti. E poi c’è il Tesoro. Qualcuno ha scritto che ci sarebbero irritazioni a via Venti Settembre: sono vere. Ma non vanno collegate alla ragion di Stato, quanto al fatto che se grandi gruppi bancari italiani si muoveranno a stretto giro sullo scacchiere del risiko, potranno venire a mancare potenziali compratori per il Monte dei Paschi di Siena, che è ancora in mano pubblica col 64%.