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Infortuni Lavoro

Cosa serve per fermare la strage di morti sul lavoro

L'intervento di Giovanni Assi, consigliere nazionale Unimpresa 

Dall’inizio dell’anno sono decedute già 279 lavoratori, di questi 147 hanno perso la vita sui luoghi di lavoro, i rimanenti sulle strade e in itinere, praticamente ci sono circa tre vittime al giorno sul lavoro e continuando di questo passo anche nel 2022 si registreranno più di mille morti sul lavoro. Dati che bocciano senza alcun appello la strategia posta in essere dal Governo Draghi e dal ministro del lavoro Orlando che sul finire dell’anno scorso, altro anno disastroso per il numero di vittime sui luoghi di lavoro, per arginare la “strage continua” delle morti bianche, hanno puntato con il D.L. 145/2021 sull’inasprimento delle sanzioni e su una politica di carattere repressivo. Era evidente sin dall’inizio che non era questa la (sola) strada giusta o per lo meno che da sola  è del tutto insufficiente ad arginare tale fenomeno.

La realtà a cui il Governo non vuole guardare in faccia è che gli infortuni sul lavoro sono spesso il frutto di mancati investimenti aziendali e dunque di mancata prevenzione e che questo deriva nella maggior parte dei casi dalla scarsità delle risorse destinate dalle imprese alla voce “sicurezza sui luoghi di lavoro” e dalla conseguente assenza di protezioni adeguate, dall’inadeguata gestione degli impianti e delle attrezzature, perché le aziende considerano, ancor di più in questo momento di grandissima difficoltà, le spese in sicurezza solo come dei costi che purtroppo rappresentano una voce importante dei lori bilanci che in questi anni sono sempre più in rosso, e dunque non sostenibili. È qui che un Governo davvero sensibile al problema dovrebbe intervenire sobbarcandosi una parte di questi costi, ponendo in essere dei meccanismi di incentivo per le imprese che investono in sicurezza riducendo ad esempio il costo del lavoro (che in Italia è di 29,3 all’ora rispetto ai 29,1 euro UE) per quelle aziende che rispettano le regole (e penalizzare giustamente quelle che non lo fanno).

Il Governo adesso intervenga fattivamente e soprattutto attivamente nella lotta contro le morti sul lavoro, non soltanto con annunci spot o con minacce repressive, (re)introducendo ad esempio da subito un credito d’imposta che nella misura del 60% dia loro la possibilità di recuperare, scontandole sulle imposte che le stesse versano nelle casse dello Stato, tutte le spese sostenute per porre in essere interventi di adeguamento degli ambienti di lavoro e di tutte le misure di prevenzione esattamente così come fu previsto dall’articolo 120 del D.L. 34/2020 convertito con modificazioni dalla legge 7/2020 per gli interventi finalizzati al contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2. Non c’è più tempo di attendere, il tempo dei proclami è finito.

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