A due anni dalla Dichiarazione di Anversa, rinnovata nel 2025, il quadro legislativo europeo sul futuro dell’industria appare ancora lontano dalle aspettative. Nonostante la richiesta di oltre 1.300 tra imprese e associazioni di 25 settori industriali di definire un “Accordo Industriale Europeo” per rafforzare la competitività e semplificare la burocrazia, i progressi concreti sul piano normativo sono limitati. Il rischio è che il Clean Industrial Deal resti un quadro di intenti, mentre l’industria europea continua a perdere terreno rispetto ai competitor globali, con effetti potenzialmente irreversibili su investimenti, occupazione e sovranità industriale. “Delegare la produzione della nostra industria ad altre geografie comporterebbe la perdita di competitività del nostro continente”, spiega Filippo Bertacchini, Head of Communications and Government Relations di BASF Italia.
L’ACCORDO INDUSTRIALE UE NON C’E’
Riportare l’industria al centro dell’agenda europea, bilanciando sostenibilità, competitività e sicurezza industriale. È l’obiettivo della Dichiarazione di Anversa, firmata lo scorso anno da 73 dirigenti di più di 20 settori industriali. Il testo tracciava una rotta definita: eliminare incoerenze regolamentari, semplificare i processi autorizzativi, garantire energia accessibile, rafforzare le infrastrutture e assicurare l’accesso alle materie prime critiche. Tuttavia, dal salto dalle intenzioni alle politiche attuative, il passo si sta rivelando più lungo del previsto. Infatti, gli obiettivi sono condivisi anche dalle istituzioni europee ma, a distanza di due anni, faticano a tradursi in misure operative efficaci.
L’agenda e il quadro normativo europeo continuano penalizzare la competitività dell’industria dell’Ue, secondo i dirigenti industriali. Infatti, se da un lato Bruxelles riconosce formalmente l’importanza di un Clean Industrial Deal, dall’altro continuano ad avanzare dossier legislativi critici per l’industria europea. In particolare, il settore chimico deve fronteggiare un quadro regolatorio complesso, frammentato e in alcuni casi incoerente. Le normative che dovrebbero semplificare procedure, autorizzazioni e obblighi di reporting procedono con lentezza, mentre quelle più restrittive continuano ad accumularsi. Il risultato è un aggravio burocratico che assorbe risorse, rallenta gli investimenti e riduce l’attrattività dell’Europa come luogo di produzione industriale, penalizzando un pilastro strategico per la transizione energetica, i materiali avanzati e l’autonomia industriale dell’Unione.
“L’industria chimica è presente nel 95% dei prodotti manufatturieri di uso comune”, sottolinea Bertacchini. “A questo dato, se ne affiancano però altri due decisamente più allarmanti: il 75% delle chiusure annunciate a livello globale di aziende chimiche si concentra in Europa e le importazioni cinesi di prodotti chimici strategici in Italia sono passate dal 6% del 2021 al 17% nel 2025. È chiaro quindi come la situazione richieda un intervento immediato e necessario, che assume ancora più importanza a fronte dello scenario geopolitico che si sta configurando negli ultimi anni. Delegare la produzione della nostra industria ad altre geografie comporterebbe la perdita di competitività del nostro continente. Una scelta da ponderare bene, anche in termini di sostenibilità, che va ricordato essere non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Una correlazione di fattori che tutti insieme costituiscono la società italiana ed europea”, continua Bertacchini, aggiungendo che “solo prendendo atto della drammaticità della situazione e avviando una collaborazione audace tra istituzioni, imprese e comunità possiamo provare a vincere questa battaglia”.
IL PIANO D’AZIONE ANCORA SULLA CARTA
L’8 luglio 2025 la Commissione europea ha pubblicato il Piano d’azione europeo per l’industria chimica. La strategia mira a rafforzare la competitività e modernizzare il settore chimico europeo, assicurando al tempo stesso elevati livelli di sicurezza. Il Piano si fonda sul sostegno della transizione energetica e della decarbonizzazione, sulla creazione di un mercato per i prodotti verdi e sulla semplificazione del quadro normativo. Il pacchetto Omnibus VI è uno degli strumenti principali scelti dalla Commissione Ue per ridurre gli oneri amministrativi e finanziari a carico dell’industria chimica. Il pacchetto prevede interventi che modificano tre regolamenti chiave per il settore: Regolamento CLP (Classificazione, Etichettatura e Imballaggio delle sostanze e miscele); Regolamento sui prodotti cosmetici e Regolamento sui prodotti fertilizzanti.
L’obiettivo dichiarato è ridurre oneri amministrativi e semplificare requisiti, assicurando al tempo stesso un livello elevato di protezione per la salute e l’ambiente. Per realizzarlo, Bruxelles punta sulle deroghe temporali. Il cuore del provvedimento è un meccanismo “stop-the-clock” per rinviare l’entrata in vigore di alcune nuove disposizioni del regolamento CLP fino al 1° gennaio 2028. I vantaggi attesi sono che le imprese avranno più tempo per adeguarsi agli obblighi normativi, la pressione su etichette e SDS si allenterà e si ridurranno le duplicazioni amministrative. Il pacchetto di misure allo studio dell’Europa, però, porta anche con sé anche potenziali rischi per le imprese e l’ambiente. Il primo è una falsa sensazione di allentamento degli obblighi, che potrebbe spingere le aziende ad abbandonare il percorso intrapreso verso l’innovazione e la sostenibilità. Al tempo stesso, rappresenta una toppa su un buco normativo. Infatti, gli adempimenti dei Regolamenti non spariscono, sono solo posticipati.
PACCHETTO OMNIBUS ANCORA IN ALTO MARE
La Commissione ha adottato la sua posizione sul pacchetto Omnibus VI. Tuttavia, l’iter delle nuove norme è tutt’altro che concluso. Infatti, il prossimo step sono i negoziati con il Parlamento Europeo, che potrebbero concludersi con possibili emendamenti che limitano la semplificazione. Il testo finale approvato dal Trilogo, quindi, potrebbe prediligere un maggiore livello di protezione alla riduzione degli obblighi burocratici. Quale che sia il risultato, prima di potere vedere gli effetti delle nuove norme dovremo attendere l’entrata in vigore delle nuove norme, che non sarà prima di 1 anno, a meno che Bruxelles non decida per un’entrata in vigore senza un periodo transitorio.
INDUSTRIA UE STRETTA TRA NORME E COMPETIZIONE ESTERNA
L’incertezza normativa si aggiunge a un quadro globale sempre più competitivo. L’industria europea deve confrontarsi con una concorrenza internazionale particolarmente aggressiva. Il mercato asiatico continua a beneficiare di costi energetici inferiori, politiche industriali più rapide e un quadro regolatorio più favorevole alla produzione.
Una situazione aggravata ulteriormente dai dazi statunitensi, che hanno effetti diretti e indiretti importanti sull’industria Ue. Infatti, quando le tariffe non colpiscono direttamente le imprese europee, incidono sui clienti e sull’intera catena del valore, generando un impatto indiretto ma significativo sulla competitività complessiva dell’industria europea.




