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Pensioni

Cosa ha stabilito la Cassazione sulle pensioni di invalidità

L'articolo dell'editorialista Giuliano Cazzola

Tempi duri per i ‘’sovranisti’’ di casa nostra che vorrebbero discriminare gli stranieri residenti o negando loro le medesime prestazioni assistenziali riconosciute agli italiani o, se proprio non possono fare altrimenti, condizionarne l’erogazione a vincoli più stringenti. Di traverso non ci si è messa solo la ‘’perfida’’ Europa, prona ai voleri di George Soros, il quale si propone di riempire il Vecchio Continente di negher, al solo scopo di poterli pagare meno dei lavoratori europei. Persino la Suprema Corte di Cassazione ‘’è passata al nemico’’ e – senza essere stata eletta da nessuno (così ragiona Matteo Salvini) non si adegua alle direttive di chi invece è stato ‘’unto’’ dal voto degli italiani.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 23763 depositata nei giorni scorsi ha annullato una decisione dei giudici di merito che ritenevano legittima la norma secondo la quale il diritto alla pensione di invalidità civile per gli extracomunitari scatta dopo aver maturato un periodo di permanenza nel nostro Paese pari ai 5 anni: ovvero una volta superato il requisito temporale richiesto per ottenere il rilascio del permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo. L’Inps, invece, secondo la Suprema Corte non può negare l’erogazione della pensione di invalidità civile allo straniero che legittimamente soggiorna in Italia. La Cassazione ha ricordato, nella sentenza, che la Consulta ha smontato l’assioma ’diritto all’assistenza sociale solo a chi è in possesso dei requisiti per ottenere il permesso illimitato (ex carta di soggiorno)’, cioè reddito di sostentamento e 5 anni di permanenza non episodica in Italia.

Infatti, con diverse pronunce costituzionali – a partire dalla n. 36 del 2008 fino alla n. 40 del 2013 – è stata demolita l’illegittima interpretazione dell’articolo 80, comma 19, della legge 388/2000 (Finanziaria 2001) e dell’articolo 9, comma 1, del Dlgs 286/1998 (testo unico Immigrazione) nella parte in cui era possibile negare, agli extracomunitari regolarmente soggiornanti con permessi brevi, tanto l’indennità di accompagnamento quanto la pensione di inabilità. Non era giustificata, dalla nostra Costituzione e dal rispetto dei diritti umani fondamentali, la prevista coincidenza tra i requisiti che danno diritto a ottenere la carta di soggiorno e quelli che aprono le porte dell’assistenza sociale per chi è invalido. È stato prima cancellato il requisito reddituale e poi, come ha ribadito la Cassazione, quello temporale. La Consulta, spiega la Cassazione con la sentenza di ieri, ha detto che proprio la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), al suo articolo 14 sul principio di non discriminazione, impedisce di fare differenze tra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti in merito all’erogazione di quelle ’provvidenze destinate al sostentamento della persona nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il contesto familiare’ del disabile. Sono quindi applicabili a entrambe le categorie (italiani ed extracomunitari regolari) solo i requisiti previsti, appunto, per la ’generalità’ dei soggetti richiedenti.

In sostanza, ai fini del riconoscimento delle prestazioni sociali atte a soddisfare bisogni primari della persona, gli articoli 2 e 3 della Costituzione vietano la differenziazione tra cittadini italiani e stranieri regolari in Italia. Così la sentenza. Sappiamo che nell’ordinamento giuridico italiano le sentenza della magistratura ordinaria non sono fonti del diritto e che si applicano – anche quelle di legittimità – solo al caso concreto in esame. La giurisprudenza di Cassazione, tuttavia, orienta anche i giudizi di merito. E soprattutto diventa un punto di riferimento ineludibile quando la controversia arriva al terzo grado di giudizio.

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