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Cina

Cosa farà la Cina alle prese con una crescita rallentata

La nuova strategia di crescita autosufficiente di Pechino deve bilanciare la stabilizzazione dei settori altamente indebitati, come l'immobiliare. L'analisi di Paul Smillie, Analista del credito senior, Lin Jing Leong, Analista senior del debito sovrano, Asia emergente e Justin Ong, Analista di ricerca senior, Debito societario Asia di Columbia Threadneedle Investment

 

La decisione presa da Pechino in luglio di consentire alle società di servizi di doposcuola di svolgere aspetti fondamentali della loro attività solo su base non profit potrebbe essere sembrata alquanto bizzarra agli investitori occidentali.

La misura, tuttavia, non era mirata soltanto ad alleggerire il crescente onere dell’istruzione per le famiglie nell’ambito del programma di “prosperità comune”. Ciò che molti non hanno capito è che il provvedimento puntava anche a rafforzare il potere di spesa delle classi medie in modo che potessero comprare più prodotti cinesi e ridurre la dipendenza dell’economia dalle esportazioni.

Nel 2021 la Cina ci ha riservato molte sorprese. Non da ultimo, la sua espansione ha subito una decelerazione superiore al previsto. A causa delle riforme politiche, della stretta creditizia e dei blackout, la crescita del PIL dovrebbe a nostro avviso chiudere l’anno al 7,5-8%, per poi rallentare ulteriormente e portarsi a meno del 5% nel primo semestre 2022. Altrettanto sorprendenti, tuttavia, sono state le riforme politiche.

Pechino ha approfittato dell’elevato tasso di crescita all’inizio del 2021 per mettere ordine nell’economia, il che è lodevole. In prospettiva, le autorità cinesi sono chiamate a perseguire un delicato equilibrio economico: mantenere la disoccupazione al di sotto del livello critico del 5,5%, proseguendo al contempo la stretta creditizia nei settori altamente indebitati come l’immobiliare, le amministrazioni locali e le imprese statali. Nel frattempo, Pechino sta cercando di stimolare i consumi interni e di ridurre la dipendenza dal mondo esterno – in termini sia di esportazioni che di investimenti esteri – in un periodo di continue tensioni commerciali con gli Stati Uniti.

Mentre persegue questi obiettivi strategici – stabilità finanziaria, stabilità sociale e crescita autosufficiente – la Cina punterà ad attuare uno stimolo finanziario più mirato rispetto al passato. Per quanto il credito rimarrà invariato in termini reali fino a fine 2021, con una crescita a nostro avviso dell’11% circa, più importante è la riallocazione verso i settori prioritari: produzione manifatturiera ad alto valore aggiunto, energia verde e piccole e medie imprese. Da quando ha aderito all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) vent’anni fa, nel 2001, la Cina ha prodotto articoli a basso costo da esportare in tutto il mondo. Tuttavia, con il deterioramento delle relazioni internazionali, l’enfasi si è spostata sulla protezione delle filiere produttive e dell’economia. Nel prossimo decennio, la Cina inizierà a produrre per la propria popolazione.

Come convincerà le classi medie a comprare prodotti cinesi? È essenziale ricordare che il cittadino cinese medio passa la vita a risparmiare per tre cose: l’acquisto di una casa, l’istruzione dei figli e l’assistenza sanitaria. Pertanto, la riduzione dei costi dell’istruzione e il taglio dei prezzi delle abitazioni giocano un ruolo importante nella rifocalizzazione della Cina verso l’economia interna.

Il problema della qualità degli asset che affligge il sistema finanziario

La stabilizzazione del settore immobiliare influisce sulla qualità degli asset del settore bancario. Tutti sono a conoscenza delle difficoltà incontrate da Evergrande, uno dei maggiori sviluppatori immobiliari del paese, nell’onorare i propri debiti, ma in realtà i problemi del settore immobiliare sono molto più grandi. Il debito totale degli sviluppatori, pari a 20.000 miliardi di RMB (3.000 miliardi di dollari), corrisponde al 10% circa del debito societario complessivo o al 20% circa del PIL nominale.

Le piccole e medie banche cinesi, che nel 2020 hanno dato il principale contributo all’espansione del credito per contrastare la pandemia, sono le più esposte al settore immobiliare. Mentre le cinque maggiori banche sono adeguatamente patrimonializzate e sono cresciute in modo ordinato, a giudicare dagli standard occidentali circa la metà degli istituti di minori dimensioni è tecnicamente insolvente. A partire dalla crisi finanziaria globale l’attivo delle “Big Five” è passato dal 110% al 135% del PIL, mentre quello delle banche più piccole è schizzato dal 90% al 190%.

Ciononostante, la Cina è consapevole del problema e possiede le risorse per risolverlo. Una crisi finanziaria sembra improbabile, data l’assenza di un evidente canale di contagio verso i mercati finanziari globali: le banche cinesi si finanziano a livello nazionale e la People’s Bank of China (PBoC) dispone di un potente arsenale di strumenti da impiegare in caso di problemi di finanziamento. Malgrado la presenza di potenziali catalizzatori interni ed esterni in grado di innescare un congelamento dei finanziamenti, nessuno di essi potrebbe materializzarsi senza una perdita di fiducia nel sistema, che sembra improbabile.

Indebolimento del sentiment nel mercato azionario

Le disavventure del settore immobiliare, in concorso con le novità normative riguardanti le società di Internet ed e-commerce, hanno pesato sul sentiment nel mercato azionario. Dall’inizio del 2021 gli sviluppatori immobiliari (escluso il gruppo Evergrande) hanno fatto default su circa 12,7 miliardi di dollari di debito, pari al 4,7% del segmento high yield cinese.

Per raffreddare il settore, nel 2020 Pechino ha varato la politica delle “tre linee rosse”, che mira a limitare il debito degli sviluppatori ricorrendo a tre indicatori di bilancio: il rapporto tra le passività e le attività, il rapporto tra debito netto e patrimonio netto e il rapporto tra liquidità e prestiti a breve termine. Se uno sviluppatore non soddisfa tutti e tre criteri sopra citati non può emettere altro debito, e dunque non può rifinanziarsi e crescere. Per regolamentare la vendita dei terreni, il governo ha introdotto aste centralizzate in 22 città; finora, tuttavia, i risultati sono stati contrastanti, perché in alcune aree i prezzi d’asta dei terreni rimangono elevati.

Quanto alle imprese di Internet ed e-commerce, dopo anni di rapida crescita il settore è interessato da una serie di novità normative mirate ad affrontare le stesse questioni di riservatezza dei dati e tendenze monopolistiche osservate in Occidente. Tuttavia nel caso della Cina, che ha un’economia di tipo verticistico, arginare il potere di queste aziende è molto più semplice. Il sentiment degli investitori si è indebolito a luglio dopo che le autorità di regolamentazione cinesi hanno lanciato un’indagine sulla sicurezza dei dati nella principale app cinese di ride hailing, Didi Chuxing, pochi giorni dopo la sua quotazione in borsa a New York.

Opportunità derivanti da fattori d’impulso

Tuttavia, malgrado le sorprese normative del 2021 e il rallentamento della crescita economica, rimangono opportunità per investire nell’ampio universo azionario cinese. Nonostante gli ostacoli normativi associati all’e-commerce, alla prosperità comune e ai servizi di doposcuola, in molte altre aree le politiche di Pechino sono incoraggianti.

Tra queste figurano la produzione manifatturiera ad alto valore aggiunto e l’energia verde, ad esempio nel settore dei veicoli elettrici. Gli obiettivi strategici emersi dal 2021, anziché agire da freno, daranno un forte impulso a questi settori.

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