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Bilancio

Contro la Russia ci sono alternative alle sanzioni?

Cosa fare contro la Russia. Il commento di Walter Galbusera

 

Non sembrano infondate le riflessioni di chi accusa gli Stati Uniti di non aver rispettato le assicurazioni verbali date a Gorbaciov di non allargare la presenza della Nato nei territori dell’ex URSS e di non aver dato vita ad un’area di paesi neutrali che avrebbero potuto costituire le condizioni di un graduale avvicinamento se non di integrazione fra Europa e Russia, ma il nastro della Storia non può purtroppo essere riavvolto (leggi anche: Nessuno in Occidente morirà per Kiev. Occidente affogato nel lago della sua ignominia).

LA RUSSIA PUO’ CONTARE SOLO SULLA CINA

La resistenza ucraina non sembra per nulla rassegnata ma i rapporti di forze e la dichiarata volontà degli occidentali di non intervenire lasciano poco scampo per l’esercito di Kiev anche se aprono inquietanti interrogativi per l’esercito russo sul controllo di un paese a rischio guerriglia che potrebbe essere alimentata dall’esterno.

Salvo imprevedibili, oggi, ma non impossibili reazioni di massa del popolo russo, quando comincerà a contare i suoi soldati morti e a percepire gli enormi disagi sociali della crisi, il regime post sovietico-zarista potrà contare su un solo grande alleato come la Cina (forse troppo ingombrante per la Russia che condivide con essa un interminabile confine ed ha meno di un decimo della sua popolazione, ma questo è quel che passa il convento) con cui potrebbe dar vita ad una stretta alleanza internazionale per costruire un’ autosufficienza economica di sistema, disponendo di una rilevante potenza militare, autoritaria e imperialista, assumendo una natura che è insieme nazionalista, comunista e capitalista. Ma nessuno ha la palla di vetro per predire il futuro, anche se non è difficile conoscere le reali intenzioni di Pechino su Taiwan.

UNA NUOVA CORTINA DI FERRO?

Ciò che oggi serve, partendo dalla constatazione realistica che quello che un tempo veniva definito “il mondo libero” esclude un intervento militare, sono le sanzioni economiche, tradizionalmente un’arma spuntata e un modo per salvarsi l’anima, ma che possono essere davvero efficaci se sono pressoché totali. In poche parole deve calare una nuova “cortina di ferro” come la definì nel discorso di Fulton Winston Churchill il 5 marzo del 1946, questa volta per decisione del mondo libero occidentale, a partire dal vecchio continente che si trova di fronte a decisioni cruciali come quella di dar vita agli Stati Uniti d’Europa.

La nuova cortina di ferro è l’unica alternativa concreta ed efficace all’intervento militare che per altro viene escluso, del resto nessuno pensò mai di intervenire né a Budapest nel 1956 né a Praga nel 1968. Il resto sono chiacchere. Le sanzioni totali, come quelle di cui attualmente si discute, sono uno strumento efficace ma i suoi effetti non si produrrebbero soltanto nei confronti delle popolazioni dell’ex impero sovietico inducendole prima o poi a reagire contro il regime ma colpirebbero anche le economie occidentali , rallentandone la ripresa e la crescita. Questo è il nodo politico che dovremo affrontare, in particolare nel nostro paese, di cui si intravvedono già le avvisaglie nella revisione di una transizione energetica troppo accelerata, ma che dovrà riguardare la revisione delle politiche di globalizzazione esasperata che hanno trasferito produzioni strategiche in paesi come la Cina indebolendo il sistema economico occidentale e in particolare dell’Europa.

Il costo sociale per l’Europa e per l’Italia sarà pesante ma non insopportabile. Se si vuole costruire un’Europa unita e indipendente in grado di discutere da pari a pari con ogni suo interlocutore non possiamo assistere impotenti all’invasione dell’Ucraina. Se ciò accadesse sarebbe una nuova Monaco, la presa d’atto dell’impotenza degli Stati democratici che preparerebbe la via a nuove aggressioni da parte degli eredi dello Zar e di Lenin. Le sanzioni totali sono una risposta politica necessaria alternativa all’intervento militare e le forze politiche e sociali del nostro paese devono averne la consapevolezza quando discuteranno con il governo gli effetti sociali di queste decisioni. Pagare un prezzo sociale è la riscoperta di una solidarietà internazionale che nel nostro paese ha una grande tradizione.

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