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Confindustria, gol e autogol nella partita fra Gozzi, Orsini, Brugnoli e Marenghi

Parole e mosse di Gozzi, Orsini, Brugnoli e Marenghi per il dopo Bonomi in Confindustria. Fatti, articoli e indiscrezioni

 

Grandi manovre (anche mediatiche) per l’elezione del prossimo presidente di Confindustria al posto di Carlo Bonomi.

CORSA A 4 IN CONFINDUSTRIA PER IL DOPO BONOMI

Alle tre figure emerse negli ultimi giorni sui quotidiani – ossia Antonio Gozzi, Emanuele Orsini e Alberto Marenghi – si vocifera di un quarto nome: Giovanni Brugnoli, presidente della Tiba Tricot di Castellanza, società attiva nella produzione di tessuti indemagliabili per abbigliamento sportivo, tessuti industriali e per l’arredamento.

UNA CENA A CASA CORNETTO BOURLOT

Secondo le indiscrezioni raccolte da Start Magazine, ieri sera a Roma nella casa di Giuseppe Cornetto Bourlot, manager e imprenditore vicino a Luigi Abete e genero di Francesco Merloni, si è tenuta una cena a ridosso del consiglio generale di Confindustria in programma oggi.

CHI C’ERA ALLA CENA CON BRUGNOLI

Alla cena hanno partecipato due past presidents della confederazione ed esponenti confindustriali di Piemonte, Veneto, Lombardia, Lazio, Liguria e Campania. Erano presenti oltre 40 membri del Consiglio generale che eleggeranno il prossimo presidente dell’associazione di viale dell’Astronomia.

Come vicepresidente di Confindustria con delega al Capitale umano, Brugnoli ha seguito in questi anni sia con il ministro Patrizio Bianchi (governo Draghi) sia con l’attuale titolare dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, la riforma degli istituti tecnico-professionali che punta a un maggiore raccordo scuola-impresa sulla scia delle esperienze in particolare della Germania ma anche della Francia.

COSA È STATO DETTO ALLA CENA

Un tema che sarebbe stato toccato da Brugnoli durante la cena a casa di Cornetto Bourlot in cui è stata rimarcata l’irrilevanza attuale della confederazione, che ha un peso scarso nel dibattito pubblico.

Temi e problemi accennati – secondo le indiscrezioni – anche nell’intervento dello stesso Brugnoli, che ha indicato tra l’altro una rotta per Confindustria: direzione Bruxelles per pesare di più e meglio nelle istituzioni europee, senza concentrarsi troppo su Roma, e per affrontare le sfide prossime, come la questione salariale e contrattuale. Per aumentare peso e rilevanza della confederazione serve un nuovo ruolo per l’ufficio studi: siamo meno rilevanti degli Artigiani di Mestre in questo, avrebbe sibilato.

IL RUOLO MEDIATICO DI GOZZI NON SOLO SULL’EX ILVA

Finora, nella corsa per la successione a Bonomi, erano emerse altre figure. In primis, almeno sui giornali, quella di Antonio Gozzi.

Dopo giorni in cui Gozzi ha rilasciato caterve di interviste candidandosi di fatto, come numero uno del gruppo lussemburghese Duferco, a rilevare l’ex Ilva, martedì scorso spunta un articolone del quotidiano Il Foglio su parole, opere e missioni di Gozzi.

IL FOGLIO SU GOZZI

Alla fine, la notizia: Gozzi punta alla presidenza di Confindustria. Ma la notizia si deduce da questo passaggio finale in cui sono altri a invocare Gozzi, mica lui che si candida, per carità:

Chissà se nei prossimi giorni il pressing di alcuni grandi imprenditori italiani, su Gozzi, si tradurrà davvero in quello che in molti nel mondo industriale sperano: una sua candidatura alla guida di Confindustria, per provare ad avere dopo molti anni un’associazione guidata da un capitano d’impresa.

Non solo un capitano d’impresa, ma anche molto altro secondo l’autore del pezzo, Giuseppe De Filippi, vicedirettore del Tg5 e firma di economia del Foglio:

Di Gozzi dicevamo che lo potete incontrare per le strade di Chiavari, anche ora che il suo gruppo fattura miliardi, e lui un po’ ci tiene a rimarcare questa assenza di distanza. Senza snobismi al rovescio, ma con una grande libertà dai tentativi di condizionamento e dalle sirene dello status sociale. Si direbbe che non gliene importi nulla, che è immune dai passi falsi dello snobismo. Una certa spavalderia la copre con rimandi a una storia minore, popolare, fatta di fatica e di tenacia.

IL GRUPPO DUFERCO

Non tutti in Confindustria dipingono Gozzi così. C’è anche chi bisbiglia di un eccesso di simpatia di Gozzi per Matteo Renzi (e con il governo Meloni, sarebbe preferibile un presidente meno schierato con un esponente delle opposizioni), di un processo pendente per una vecchia vicenda per cui fu anche arrestato e di una proprietà di una società del gruppo Duferco che arriva in parte anche in Cina.

Ma di che cosa si tratta?

La Duferco di Lugano, uno dei principali commercianti di acciaio del mondo, è attualmente sotto processo a Bruxelles. La società e due suoi alti dirigenti sono stati accusati anni fa di avere corrotto alcuni funzionari congolesi, tra cui l’ex primo ministro Alphonse Muzito, tramite Serge Kubla, un ex politico belga di primo piano.

LA DIFESA DI GOZZI

“La mia incazzatura è perché in questa vicenda ci siamo fatti fregare come bambini piccoli”. Così si difese Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e amministratore delegato di Duferco, arrestato tre giorni fa a Bruxelles insieme al collaboratore Massimo Croci con l’accusa di corruzione e rilasciato poche ore dopo. Gozzi, che ha convocato una conferenza stampa per chiarire la propria versione, ha ribadito “totale estraneità ai fatti”. “Non abbiamo corrotto nessuno, la Duferco è completamente estranea e la vicenda non riguarda il gruppo né investimenti del gruppo”, sostenne l’imprenditore.

LE RASSICURAZIONI GARANTISTE DEL FOGLIO SU GOZZI

Rassicura ora Il Foglio: “Nulla di fatto dalle indagini che riguardarono gli italiani, tirati in mezzo tanto per fare confusione e poi assolti con formula super piena, ma una certa eco ovviamente c’è stata, anche se ora quell’episodio andrebbe forse riletto pensando a un altro recente exploit dei magistrati belgi, quello sul Qatargate con cui il Parlamento europeo è stato travolto senza essere in grado di darsi difese garantiste. Passata quella buriana Gozzi prosegue la sua crescita tra i protagonisti dell’economia produttiva italiana”.

LA POSIZIONE DI DUFERCO

Nella bio di Gozzi su Wikipedia si parla di un processo ancora in corso.

Ma da Duferco si fa notare che “ove il Tribunale ha esaminato nel merito le vicende, ha assolto il prof Gozzi e il dottor Croci con formula formula piena”. E “in conseguenza di tali decisioni assolutorie, il Tribunale ha poi considerato estinta l’azione del pubblico ministero per il decorrere del tempo rispetto ad altri capi di imputazione, senza scendere nell’esame de merito degli stessi”.

I LEGAMI TRA DUFERCO E LA CINA

Il Foglio sminuisce, anzi non fa proprio accenno, alle cineserie della proprietà di Duferco, il gruppo guidato da Gozzi. Eppure il Foglio è il quotidiano cartaceo più anti Cina in Italia, come testimoniano ad esempio le inchieste e gli approfondimenti di Giulia Pompili.

In un articolo di Milano Finanza del 2014, si legge: “Il 51% Duferco alla cinese Hebei. Per la maggioranza della società di trading di acciaio hanno pagato 400 mln $. L’acquisizione consentirà al colosso asiatico di controbilanciare l’eccesso di offerta produttiva domestica. Il ceo del gruppo svizzero-italiano, Gozzi: i soci resteranno e il management non cambierà”.

Nove anni fa, si legge in un articolo del 2022, che “il gruppo Duferco subisce una trasformazione societaria e viene di fatto divisa in due holding lussemburghesi, entrambe case madri di società attive in Ticino. La Duferco International Trading Holding (Dith), controllata oggi dai cinesi di Hebsteel detiene la la Duferco Sa. La Duferco Participations Holding (Dph) controllata dallo stesso Bolfo e diretta da Antonio Gozzi detiene una quota di minoranza nella stessa Dith ed è attiva in vari ambiti, dalla siderurgia al trasporto marittimo. Essendo i fatti toccati dall’inchiesta verificatisi prima di questa divisione, l’utilizzo del nome “Duferco” nell’articolo fa riferimento a quello che oggi è il gruppo facente capo alla vecchia proprietà”.

IL FOGLIO SU ORSINI (MA CON MENO PASSIONE)

Ma la gioia dell’entourage di Gozzi dura 24 ore. Il giorno dopo, sempre il Foglio va in edicola con questo titolo: “Emanuele Orsini, il supermanager che guarda al vertice di Confindustria. Amministratore delegato di due imprese, ne controlla quindici, dopo un percorso che va dal legno alle costruzioni ai salumifici”.

Ohibò: quindi le ambizioni di Gozzi devono essere ridimensionate?

L’articolo, scritto da Marianna Rizzini, ritrae (con minore passione enfatica rispetto a quello su Gozzi) così Orsini:

Andare piano, andare lontano, osservare nel frattempo il paesaggio. Sta forse nell’attitudine riflessiva dell’harleysta – che viaggia, ma non alle velocità stordenti a cui si viaggia sulle moto giapponesi – il segreto del successo di Emanuele Orsini, nato a Sassuolo nel 1973 e un tempo harleysta per diletto (senza giubbotto e borchie), ma oggi amministratore delegato di Sistem Costruzioni e di Tino Prosciutti Spa, presidente di Maranello Residence e vicepresidente di Confindustria nazionale con delega al Credito, alla Finanza e al Fisco fin dal 2020.

La Sistem Costruzioni, sottolinea il Foglio, controlla altre 15 società, con diversificazione di obiettivi: è stata per esempio in prima linea nei progetti di ricostruzione di vari edifici nel post terremoto in Abruzzo, Emilia-Romagna e Marche, ma anche nella realizzazione di infrastrutture e padiglioni per Expo 2015, come il Cardo e il Decumano, per un totale di 27 mila metri quadrati in tre mesi. Ma è dal 2020, dopo la morte del suocero Lanfranco Fiandri, che Orsini diventa anche presidente e ad di Tino Prosciutti, azienda parmense fondata da Fiandri con quattro stabilimenti produttivi, leader in Italia nella lavorazione e nella produzione di prosciutto crudo stagionato e prosciutto crudo stagionato disossato (capacità produttiva settimanale: 35.000 prosciutti”.

COSA SCRIVE AFFARITALIANI SU GOZZI

Passano altre 24 ore e Gozzi – che era incalzato dal mondo confindustriale secondo la versione del Foglio per candidarsi per il dopo Bonomi improvvisamente – abbandona improvvisamente dubbi e ritrosie: ha già la squadra pronta. Una trovata del consulente per la comunicazione Gianluca Comin?

Ecco quello che si legge infatti su Affaritaliani:

A dirigere l’operazione Gozzi ci sarebbero il past president Antonio D’Amato e l’attuale numero uno della divisione di Brescia Giuseppe Pasini.

Secondo quanto apprende Affaritaliani.it, le vicepresidenze saranno così distribuite: due al Nord, due alla Lombardia, due all’Emilia Romagna, una al Piemonte e tre al Sud. Per quanto concerne il Settentrione, e in particolare il Veneto, il nome prescelto è quello di Leopoldo Destro, numero uno di Confindustria Veneto Est. L’altro nome va ancora identificato, anche se appare evidente che non può trattarsi di Barbara Beltrame Giacomello, vicepresidente di Confindustria Vicenza e parte dell’omonima dinastia dell’acciaio. E il motivo è molto semplice: dal momento che Gozzi proviene dall’acciaio e che Pasini, come vedremo, avrà un ruolo di peso, è impensabile che ci sia una terza esponente della siderurgia. Un ulteriore riprova che il nome di Enrico Carraro sta continuando a perdere quota non solo per la presidenza, ma anche per una poltrona importante.

Per quanto concerne i due nomi della Lombardia, il primo spetterà a Milano e sarà probabilmente appannaggio di Alessandro Spada, numero uno di Assolombarda che vedrà scadere nei prossimi mesi il suo mandato. L’altro nome, come detto, è quello di Pasini. Per quel che concerne l’Emilia Romagna, un posto dovrebbe essere destinato al presidente di Confindustria Emilia Valter Caiumi, mentre l’altra sedia dovrebbe spettare al petroliere Guido Ottolenghi. In questo caso il grande escluso sarebbe Maurizio Marchesini, già oggi vicepresidente di Confindustria e imprenditore stimato negli ambienti di Viale dell’Astronomia.

Per quanto concerne il Piemonte, la lotta come abbiamo già detto in altre occasioni è tra Giorgio Marsiaj, imprenditore manifatturiero molto stimato a Torino, e Marco Gay, giovane e ambizioso che punta senza più nascondersi alla presidenza nel 2028. Il Sud invece sarà appannaggio di Antonio D’Amato, che potrebbe destinare una sedia all’attuale presidente di Confindustria Campania Costanzo Jannotti Pecci. Il past president di Viale dell’Astronomia era stato stoppato dai suoi omologhi dopo l’estate e non potrà ricandidarsi.

Antonio Gozzi, al momento, può contare su sei voti sicuri, molto pochi se si pensa al seguito che ha un imprenditore come lui. Mentre Emanuele Orsini ha già raggiunto il quorum necessario per presentarsi dinanzi ai saggi, il presidente di Duferco dovrà trovare delle sinergie, magari anche tra i voti di Alberto Marenghi, che vede in calo le sue quotazioni. Rimane, inoltre, il rebus relativo al centro Italia. Sembra che la stella di Luigi Abete, per decenni dominus di quella che gli addetti ai lavori chiamano la “ztl romana”, sia lievemente offuscata. E lo stesso Maurizio Stirpe, da due mandati vicepresidente di Confindustria, non sembra rientrare nei piani di Gozzi. Anche se ricordiamo che ci sono altre due poltrone da assegnare, cioè quelle di vicepresidente di diretta nomina del presidente. E chissà che Stirpe non possa finire nella ristretta cerchia dei papabili.

PARTITA CHIUSA? SEMBRA DI NO

Partita in discesa, dunque, per Gozzi? Mica tanto, a leggere Lettera43 di Paolo Madron:

La candidatura di Gozzi ha subito spaccato Confindustria Liguria perché non troverebbe neppure l’indispensabile appoggio del presidente Giovanni Mondini, per anni uomo forte della Erg del gruppo Garrone. Anche in Federacciai Gozzi non è amato dalle due primedonne del settore, Emma Marcegaglia, queen maker di tutti presidenti di Confindustria, e Barbara Beltrame. Secondo gli esegeti di Viale dell’Astronomia la mossa in extremis di Gozzi, vista certamente sfavorevolmente dal governo soprattutto per i suoi rapporti con la Cina a pochi giorni dallo stop del progetto grillino della Via della seta, viene letta come azione di disturbo verso gli altri candidati in corsa ormai da mesi, e mirata solo a ottenere una vicepresidenza.

MARENGHI È IL NOME DI BONOMI

Da tenere conto anche del nome sostenuto dall’uscente Bonomi: “Alberto Marenghi, amministratore di Cartiera Mantonava. Attuale vice e fedelissimo di Bonomi, Marenghi può contare anche su un “aiuto” politico in famiglia: è sposato, infatti, con la deputata di Fratelli d’Italia, Maddalena Morgante”, ha scritto di recente Dagospia.

La sfida (a 4) continua.

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