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Conad

Conad-Auchan, ecco le soluzioni possibili (e quelle impossibili). L’approfondimento di Sassi

Conad dovrà essere ingaggiata a fare di più di quello che leggi e contratti le consentono di fare. Lo “deve” fare perché con questa operazione si trasforma, assume un profilo nuovo Il commento di Mario Sassi

Alla fine l’annuncio è stato in linea con le previsioni della vigilia. Per chi voleva vedere la realtà. Con la crudezza dei numeri. 3105 esuberi su 18.000 addetti dichiarati ufficialmente al Mise da Conad. Il salvataggio della multinazionale francese e i progetti dell’unico interlocutore che si è proposto per questa operazione non potevano essere a saldo zero. Almeno nelle possibilità dirette di Conad.

Certo, per le persone coinvolte, la speranza non era quella. La storia iniziata da Auchan con il suo arrivo in Italia nel 1989 è finita. Porta con sé vicende di uomini e di donne che hanno messo in gioco una parte importante della loro vita professionale. Per molti che ci hanno creduto e coinvolto i loro collaboratori è stato un trauma forte. Dirigenti, quadri e personale di sede e di filiale che hanno dato l’anima e che sarebbero in grado di garantire risultati in qualsiasi azienda della GDO si trovano oggi messi in discussione per un tradimento certamente difficile da metabolizzare. Inutile girarci intorno. Di questo si tratta.

La controparte matrigna, sotto questo punto di vista, resta Auchan, non certo Conad. Almeno per i 3105 esuberi. Conad dovrà essere chiamata a rispondere se non farà ciò che concorderà sul resto dell’operazione sul piano occupazionale ma queste 3105 persone sono frutto di responsabilità evidenti e precise. Al Mise è stata certificata questa realtà.

Adesso occorre voltare pagina. Com’era evidente fin da subito i negoziatori devono impegnarsi ad individuare tutte le soluzioni possibili affinché quel numero tenda a zero. E su questo l’azienda italiana può e deve contribuire diventando il perno di tutte le possibili soluzioni. L’adesione scontata ma significativa allo sciopero assegna ai tre sindacati di categoria l’autorevolezza necessaria a re-impostare un confronto serio in sede aziendale. Al Mise è stato annunciato un timing preciso. Meno tempo sarà riservato alle polemiche e alle parole meglio sarà.

Occorrerà lavorare su più piani. Da quello che è filtrato sembra che l’azienda voglia contribuire alla soluzione complessiva ma l’impressione è che, ad oggi, le soluzioni praticabili siano ancora appena abbozzate e tutte nel solco della tradizione. E forse, in un caso di queste dimensioni, poco incisive. Innanzitutto le partnership commerciali e le loro disponibilità a concorrere alle soluzioni occupazionali. Il sottosegretario Alessandra Todde ha chiesto su questo approfondimenti riservati vista la delicatezza della fase di interlocuzione con i terzi potenzialmente interessati. È una sponda comunque necessaria per comporre il puzzle finale.

Al “piano di solidarietà occupazionale” pensato da Conad il sindacato può dare il suo contributo arricchendolo con proposte e soluzioni innovative nella sua gestione. Non servono notai rassegnati. È questo lo spazio vero di confronto e coinvolgimento che non andrebbe lasciato all’esclusiva gestione dell’azienda.

Purtroppo aver scartato subito l’idea di un CIA Conad che governasse l’intera operazione e gettasse le basi per il futuro staccandola (in modo intelligente) dal Ccnl o almeno integrandola con uno scelto a riferimento limita il raggio di azione alla sola BDC. E questo non è un bene.

Continuare a considerare Conad come esempio di un passato da superare e non una delle sue evoluzioni possibili (vedi l’operazione Bennet/Vegé) rappresenta una grave sottovalutazione. L’epoca della GDO fordista con le sue tutele tradizionali è finita. Oggi prevalgono modelli diversi. Franchising, discount, cooperative, associati, ecc. la tecnologia stessa aprirà scenari nuovi sul lavoro e sulla tutela dei diritti come giustamente ha sottolineato Francesco Seghezzi sul Sole 24 ore. E certo la risposta non può essere affrontata a livello di singolo comparto. È evidente che oggi una parte del rischio di impresa si è spostato sui lavoratori. E difficilmente tornerà indietro. Serve un passo avanti altrimenti si è condannati all’emarginazione.

Pretendere di “auchanizzare” Conad è una battaglia persa. Soprattutto una battaglia inutile. Lo scenario che si apre è un altro. Giustamente oggi Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs richiamano ad “un’assunzione di responsabilità corale che non si limiti solo a impresa e organizzazioni sindacali, ma veda la partecipazione attiva degli enti locali, in particolare delle Regioni per la ricollocazione dei lavoratori. È fondamentale che la vertenza non lasci nessuno indietro perché Conad non ha acquisito solo il retail, ma anche le funzioni e i dipendenti che non operano esclusivamente nelle rete commerciale”.

Conad dovrà essere ingaggiata a fare di più di quello che leggi e contratti le consentono di fare. Lo “deve” fare perché con questa operazione si trasforma, assume un profilo nuovo, un impegno e una responsabilità sociale diversa dal passato. Ma non lo può fare con lo specchietto retrovisore né accettando di diventare quella che non può essere.

L’incontro al Mise ha consentito di rimettere in carreggiata un negoziato che si stava perdendo nelle nebbie delle accuse reciproche e inconcludenti. Adesso occorre concentrarsi sul percorso rispettando le reciproche sensibilità. Credo che questo rappresenti l’aspettativa di chi ha a cuore una conclusione di questa complessa scommessa.

 

Articolo tratto da mariosassi.it

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