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Bruxelles sbaglia analisi sulla bassa crescita

Che cosa dice e non dice la Commissione europea rivedendo le stime di crescita dei Paesi Ue. L'approfondimento di Giuseppe Liturri.

Il Commissario Ue agli affari economici, Paolo Gentiloni, ha pubblicato e commentato il consueto report di primavera con le previsioni economiche per Ue ed Eurozona e, poiché quando si ragiona numeri alla mano, lo spazio per la propaganda si assottiglia fino ad azzerarsi, il principio di realtà ha cominciato a farsi largo anche a Bruxelles.

Il quadro è desolante, quanto a fotografia del presente e prospettive per il futuro. Stiamo andando a mani nude verso la tempesta perfetta e tutto ciò che la Ue sa fare è trovare il capro espiatorio nella invasione russa dell’Ucraina, chiudendo la strada all’ipotesi di uno scostamento di bilancio che secondo Gentiloni, sarebbe “imprudente”. Per l’Italia le politiche di sostegno sono “certamente possibili, ma con prudenza”, cioè finanziandole con entrate aggiuntive. Una entrata a gamba tesa poche ore dopo le dichiarazioni del segretario PD, Enrico Letta che, buon ultimo, aveva invece espresso un’apertura verso l’ipotesi dello scostamento, inteso come estrema ratio al fine di scongiurare il rischio di recessione.

Secondo la Commissione, il rimedio per il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti, il cui salario è eroso dall’inflazione, è semplicemente quello di mettere mano ai risparmi accumulati durante la pandemia. Il tutto accompagnato dall’essenziale premessa, ripetuta a più riprese, che si tratta di previsioni caratterizzate da un’estrema incertezza e che – nello scenario più grave, se il flusso di gas dalla Russia si interrompesse improvvisamente nei prossimi mesi – la crescita dell’Eurozona sarebbe cancellata con un tratto di penna, scendendo nel 2022 dal 2,7% allo 0,2% e nel 2023 dal 2,3% al 1,3%. Se qualcuno avesse ancora bisogno di una spiegazione per il balbettio della Ue – in corso ormai dal 4 maggio – sul sesto pacchetto di sanzioni alla Russia che potrebbe coinvolgere il petrolio ed i suoi derivati, ecco la spiegazione. Sarebbe spazzata via la crescita di quest’anno e buona parte di quella del 2023. Il resto sono chiacchiere.

Ma andiamo con ordine. Ciò che stupisce di queste previsioni, che giungono solo tre mesi dopo quelle invernali, è la drastica riduzione delle prospettive di crescita. Quel 2,7% reso noto ieri, solo a febbraio valeva il 4% e, per il 2023, il 2,8% è ora diventato il 2,3%. Un peccato di ottimismo fatto quando le prospettive erano già a tinte fosche, che oggi la Commissione paga caro con questa revisione al ribasso senza precedenti per la sua entità.

Ma vi è di più. La crescita che oggi la Commissione riesce a prevedere è sostanzialmente l’esito del rimbalzo rispetto ad un 2021 ancora frenato. Senza questo effetto, il 2,7% si ridurrebbe ad un davvero modesto 0,8%.

Questi dati riflettono uno scenario base, nel quale le tensioni geopolitiche non termineranno prima del 2023 e, soprattutto, che i mercati dei prodotti energetici non saranno interessati da ulteriori gravi turbative rispetto alla situazione attuale. Ma va evidenziato che i prezzi di tali prodotti incorporati nelle previsioni sono quelli espressi dai mercati a termine (futures), e tale discutibile metodo è già costato caro ai tecnici della BCE che hanno platealmente ammesso di aver sistematicamente sbagliato le loro previsioni negli anni passati.

Osservando l’Italia, la revisione al ribasso è ancora più clamorosa. Giusto qualche settimana fa, il Def prevedeva una crescita del 3,1% e 2,4% rispettivamente per il 2022 e 2023, che ieri la Commissione ha tagliato al 2,4% e 1,9%. Anche in questo caso, se qualcuno avesse avuto bisogno di una conferma ufficiale che i numeri su cui il governo, appena il 6 aprile scorso, ha fondato la sua politica economica per il 2022 fossero scritti sull’acqua, ecco che la Commissione l’ha fornita.

L’unico spazio di manovra sul fronte di una politica di bilancio effettivamente anti ciclica è quello fornito dal Dispositivo per la ripresa e resilienza (RRF). La famosa “pioggia di miliardi”, di cui si parla da luglio 2020 e che, stando agli ultimi dati, ha eseguito pagamenti per 97 miliardi (tra anticipi e prima rata), di cui 46 a favore dell’Italia. Somme irrilevanti dal punto di vista macroeconomico per le economie dei Paesi Ue.

L’inflazione dovrebbe toccare il picco del 6,9% nel secondo trimestre di quest’anno ed attestarsi su base annuale al 6,1% nel 2022 e 2,7% nel 2023. Non c’è dubbio che l’incremento dei prezzi dei prodotti energetici sia alla base della gran parte di questo aumento, ma non va trascurato il fatto che ormai la Commissione ammette che anche l’inflazione “core” (quella depurata da prodotti alimentari ed energetici) sarà pari al 3% nel prossimo biennio. Insomma il cosiddetto effetto “spillover” (ricaduta) è ormai in funzione e ciò che solo pochi mesi fa si riteneva essere un fenomeno transitorio si è consolidato e trasmesso a tutti i settori. Solo i salari non manifestano alcuna reazione, portando in questo modo alla perdita di potere di acquisto.

Ciò che colpisce e desta enormi perplessità è la causa, secondo Gentiloni, di questi risultati: in sostanza è tutto o quasi colpa della guerra, che è giunta ad esacerbare un quadro fatto di tensioni sui prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici e di difficoltà nella ricostruzione delle catene di fornitura, con conseguente calo della fiducia di famiglie ed imprese.

I tecnici di Bruxelles sono convinti che tali fattori sarebbero svaniti, se non fosse arrivata la guerra ad aggravarli. Non una parola sul fatto che tali tensioni, a detta di molti commentatori, non solo non erano transitorie (e questo era chiaro già nell’autunno 2021) ma trovano origine in alcune improvvide scelte operate dalla Commissione proprio a proposito della transizione ecologica.

A completare il quadro a tinte fosche, Gentiloni ci ricorda che su tutto ciò incombe il rischio di un imminente aumento dei tassi di interesse, anche superiore al previsto, che potrebbe determinare un serio ribasso del valore delle attività finanziarie ed immobiliari.

Ma è tutta, o quasi, colpa dell’invasione russa. Chi può, metta mano ai propri risparmi. Gli altri mangino brioches.

(Versione aggiornata e ampliata di un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità)

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