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Green Deal

Fisco Ue filo Biden?

Che cosa ha proposto la Commissione Ue come riforma fiscale. L'analisi dell'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci.

La nuova Amministrazione americana ha annunciato, nelle settimane scorse, un ampio e ambizioso progetto di riforma del fisco, che si articola in numerose componenti, e che è destinata a provocare un significativo aumento della pressione fiscale negli Usa. L’aumento del gettito atteso da questa riforma (stimato dell’ordine dei 3,3 trilioni di dollari per il periodo 2021-2030) dovrebbe essere in larga misura destinato a finanziare i programmi di spesa pubblica del presidente Joe Biden (in primis il Recovery Act e il grande Piano di sviluppo delle infrastrutture).

La riforma annunciata prevede, tra le varie misure, una revisione al rialzo delle aliquote sui redditi delle persone fisiche (al di sopra di 400mila dollari) e delle imprese e società (che passerebbe dal 21% al 28%), una revisione della tassazione sulle successioni e sulle donazioni, nuovi crediti di imposta e molte altre disposizioni su cui non è qui il caso di soffermarsi.

È verosimile che una riforma di questa portata incontrerà non pochi ostacoli in Congresso. Ed è pertanto impossibile, allo stato attuale, fare previsioni su quale sarà il risultato finale della proposta. Ne accenniamo però in questa sede perché fra le misure in cui si dovrebbe articolare la riforma, c’è anche l’aumento dal 15% al 21% della aliquota applicabile ai redditi prodotti dalle filiali americane all’estero. E soprattutto perché, contestualmente all’annuncio della riforma complessiva, Biden ha proposto anche l’adozione su scala globale di una imposta minima unificata (la Global Minimum Tax di cui si parla da anni) sui profitti di impresa e sui redditi delle multinazionali, con ripartizione dei profitti fra le varie giurisdizioni fiscali dove i profitti si originano. Tema quest’ultimo da anni oggetto di analisi e proposte da parte dell’Ocse, e nuovamente all’ordine del giorno del G20, ma sul quale non sono stati in realtà ancora realizzati progressi concreti.

Sul tema della tassazione delle imprese, il 18 maggio la Commissione europea ha a sua volta proposto un apparentemente ambizioso piano di azione. Come spesso accade in queste occasioni, il Piano si compone di una comunicazione e di varie iniziative legislative, collegate fra loro dall’obiettivo di rendere la tassazione delle imprese più equa, più semplice e più rispondente all’obiettivo di promuovere una crescita economica all’insegna della transizione ecologica e digitale.

Il corposo documento che anticipa ben 25 specifiche iniziative legislative, si concentra soprattutto sui temi della cooperazione amministrativa in materia di fiscalità, dello scambio di informazioni, della lotta contro la frode, l’evasione e l’elusione fiscale, dell’utilizzo delle tecnologie digitali per ridurre abusi e facilitare la riscossione delle imposte, con un obiettivo più generale di rendere la tassazione delle imprese più equa e trasparente.

Ma sulla “vexata quaestio” delle aliquote per la tassazione dei redditi di impresa, la Comunicazione si limita invece ad accennare in termini molto generici all’obiettivo di un “riallineamento fra livelli di tassazione e creazione di valore” e all’ipotesi di fissare un “livello minimo di effettiva tassazione dei profitti di impresa”. In altre parole, la Commissione non affronta direttamente il tema controverso di una aliquota minima per la tassazione di impresa da realizzare nel mercato interno europeo, per la quale si limita ad annunciare ulteriori proposte che verranno presentate in un prossimo futuro.

La prudenza della Commissione è comprensibile se si considerano i precedenti sull’argomento. Se si pensa ad esempio che perfino l’ipotesi minimalista di una armonizzazione della base imponibile per i redditi di impresa è bloccata in Consiglio da circa venti anni per le resistenze di alcuni Paesi. Se si considerano le resistenze sull’argomento di quegli Stati che praticano la competizione fiscale come strumento di politica economica e di attrazione degli investimenti. E soprattutto se si considera che nell’Unione Europea le decisioni in materia di fiscalità diretta si adottano all’unanimità.

Si tratta però di un’occasione in parte mancata, perché, in presenza di una apertura politicamente molto significativa dell’Amministrazione americana sull’ipotesi di un’aliquota minima unificata sui redditi di impresa, questa volta la Commissione avrebbe potuto mostrare un po’ più di coraggio. Anche per dare una mano a chi tra gli europei vorrebbe far passare almeno il principio in sede di G20. Magari con l’idea di cominciare a consolidare un consenso anche in sede Ue sull’obiettivo di una tassazione minima dei redditi di impresa.

Volendo dare una dare un lettura più ottimistica (e meno critica) della proposta della Commissione, si potrebbe constatare che l’esecutivo europeo ha preferito evitare di affrontare con questo piano di azione temi divisivi fra gli Stati membri, in attesa di vedere cosa si riuscirà a concordare in sede di G20. Non a caso in questa comunicazione non figurano neppure le molto attese proposte in tema di tassazione dei giganti del digitale, o in tema di tassazione alle frontiere della Ue delle emissioni di carbonio (il Carbon Border Adjustement Mechanism), dato che entrambe le misure sono ugualmente potenzialmente divisive e destinate ad essere di oggetto almeno di un previo tentativo di intesa con gli Usa.

Da segnalare infine, a parziale compensazione per la scarsa ambizione del Piano di Azione, che la Commissione nella sua Comunicazione non ha escluso l’ipotesi di ricorrere all’art.116 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con la possibilità quindi di adottare decisioni in materia di fiscalità con la maggioranza qualificata, qualora si tratti di eliminare disparità nelle legislazioni dei Paesi membri in grado di falsare la concorrenza nel mercato interno. Vedremo nei prossimi mesi se questa cauta apertura (allo stato difficilmente praticabile) si tradurrà in proposte operative.

Certo sarebbe tempo che si cominci a porre rimedio ad una competizione in materia di fiscalità delle imprese che condiziona pesantemente il corretto funzionamento del mercato interno europeo.

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