Le aziende tedesche hanno imboccato la seconda metà dell’anno con un inizio sorprendentemente positivo: la produzione industriale, edile ed energetica è cresciuta dell’1,3% a luglio rispetto a giugno, superando le attese degli analisti che stimavano un incremento più contenuto dell’1,0%. Il dato, comunicato lunedì 8 settembre dall’Ufficio federale di statistica, segna un inatteso segnale di vitalità dopo mesi di debolezza, rafforzato anche dalla revisione al rialzo delle cifre di giugno, inizialmente molto negative.
PRODUZIONE IN RIPRESA, MA ORDINI IN CALO
Il mese di luglio ha evidenziato una performance robusta dell’industria, con un aumento della produzione del 2,2% su base mensile. Particolarmente dinamici si sono mostrati i comparti dell’ingegneria meccanica e dell’automotive, trainando il risultato complessivo. Al contrario, la produzione energetica ha segnato una contrazione del 4,5%, mentre l’edilizia ha registrato un lieve progresso dello 0,3%.
Il ministero dell’Economia ha sottolineato che i numeri più recenti indicano una fase di lenta stabilizzazione, pur ricordando le persistenti incertezze legate alla congiuntura internazionale e alla domanda interna ed estera. Una lettura condivisa anche dagli economisti interpellati dall’Handelsblatt, che hanno accolto con interesse soprattutto la revisione del dato di giugno: invece del crollo inizialmente stimato, il bilancio è ora quasi stagnante. Jörg Krämer, capo economista della Commerzbank, ha rilevato che i segnali di una possibile inversione di tendenza si stanno moltiplicando, anche se il quadro resta fragile.
Nonostante l’andamento positivo della produzione, gli ordini industriali hanno infatti registrato un nuovo calo. A luglio sono diminuiti del 2,9% rispetto al mese precedente, segnando il terzo arretramento consecutivo e il più consistente da inizio anno. Alexander Krüger, economista della banca privata Hauck Aufhäuser Lampe, afferma al quotidiano economico che la revisione di giugno rende probabile un chiaro aumento trimestrale della produzione, ma la debolezza della domanda non lascia presagire un’immediata ripresa strutturale.
EXPORT IN FLESSIONE TRA USA E CINA, RECUPERO CON L’UE
La situazione resta complessa, come i dati che in questi primi giorni di settembre si susseguono. Tipo quello sulle esportazioni, in calo inatteso dello 0,6% a luglio, per un valore complessivo di 130,2 miliardi di euro. Gli analisti avevano previsto un lieve aumento, ma la frenata della domanda da Stati Uniti e Cina ha inciso pesantemente. Le vendite verso gli Usa, pari a 11,1 miliardi, sono diminuite del 7,9% – illustra in dettaglio l’Handelsblatt – segnando il quarto calo consecutivo e il livello più basso da fine 2021. In contemporanea, le esportazioni verso la Cina sono scese del 7,3% a 6,4 miliardi, con Pechino che si rende sempre più autonoma nella produzione, specialmente nei settori tecnologici e delle auto elettriche.
Diversa la dinamica con l’Unione Europea, dove le vendite tedesche sono aumentate del 2,5% a 74,8 miliardi di euro, mitigando parzialmente il bilancio negativo. Le importazioni, invece, hanno registrato un lieve calo dello 0,1%, meglio delle stime che prevedevano un arretramento dell’1,0%.
Gli esperti segnalano che l’inizio del terzo trimestre non è stato disastroso, ma resta l’immagine di un’economia che oscilla attorno a una crescita quasi nulla. L’introduzione di nuovi dazi statunitensi del 15% sulle esportazioni europee, entrati in vigore ad agosto, rischia inoltre di pesare ulteriormente sui flussi commerciali tedeschi. Il barometro delle aspettative di export dell’Istituto Ifo ha infatti mostrato ad agosto un peggioramento, con un diffuso clima di disillusione tra gli esportatori.
PROSPETTIVE DI CRESCITA LIMITATA
Le previsioni degli istituti economici, pubblicate solo qualche giorno fa, confermano che la locomotiva europea resterà rallentata ancora a lungo. Per il 2025 è attesa una crescita minima, tra lo 0,1 e lo 0,2%, mentre solo negli anni successivi la congiuntura potrebbe rafforzarsi, sostenuta da maggiori spese pubbliche per infrastrutture e difesa e dagli effetti attesi dei tagli ai tassi d’interesse della Banca centrale europea.
Per ora, il quadro resta a tinte contrastanti: da un lato la produzione industriale offre segnali di vitalità e di possibile stabilizzazione, dall’altro il commercio estero evidenzia fragilità e la domanda interna non appare in grado di spingere da sola la ripresa. L’economia tedesca, cuore manifatturiero dell’Europa, continua così a muoversi lungo una linea sottile tra stagnazione e lenta ripartenza.