Leonardo esce dal capitale di Industria Italiana Autobus, in crisi infinita con le attività dell’ex Irisbus a Flumeri nell’Avellinese e dell’ex BredaMenarinibus a Bologna.
Il colosso dell’aerospazio e difesa (partecipato al 30% dal Mef) ha sottoscritto un accordo per la cessione a titolo definitivo della propria partecipazione in Industria Italiana Autobus a Seri Industrial, società della famiglia Civitello. È quanto si legge in una nota della società di Piazza Monte Grappa che detiene il 29% del capitale dell’azienda che conta quasi 600 dipendenti, due centri produttivi a Bologna e a Flumeri.
La decisione arriva dopo la delibera di Leonardo e Invitalia, attuali soci principali della compagine di IIA, che hanno deciso di accogliere l’offerta presentata da Seri Industrial, proposta arrivata al termine di un percorso avviato per individuare di un partner industriale per rilanciare l’azienda. La mossa porterà quindi all’ingresso di Seri Industrial nel capitale di Industria Italiana Autobus con una partecipazione di controllo.
Sullo sfondo resta però il forte malcontento dei sindacati, “contrari al disimpegno del socio pubblico e preoccupati per il futuro di una fabbrica”, riportava il Sole 24 Ore la scorsa settimana, e le critiche del Pd, rimarcate in settimana dal quotidiano Repubblica: “Il Pd difende i bus di Stato”.
Tutti i dettagli.
LA CESSIONE DA PARTE DI LEONARDO DELLA PROPRIA QUOTA IN IIA
L’operazione – indica la nota di Leonardo – prevede che Seri Industrial rilevi il 98% del capitale sociale mentre il restante 2% continuerà ad essere detenuto da Invitalia, già socio insieme a Leonardo in Industria Italiana Autobus.
LA STRATEGIA DI CINGOLANI
“La cessione di Industria italiana autobus rientra nel piano di razionalizzazione del portafoglio partecipazioni di Leonardo mirato alla focalizzazione sul core-business, come definito nel Piano industriale”, ha dichiarato Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo.
Lo scorso marzo il gruppo ex Finmeccanica ha tracciato la rotta da qui a cinque anni nel piano industriale 2024-2028 che prevede: rafforzamento del core business velivoli, razionalizzazione del portafoglio (almeno il 20%), incremento della competitività e nuove alleanze (“nessuno può farcela da solo” aveva evidenziato l’ad Roberto Cingolani nella presentazione del piano agli analisti).
E il settore autobus non rientra nei core business di Leonardo. In realtà, come sottolineato da Startmag, anche secondo l’ex ad di Leonardo Mauro “Moretti il gruppo aerospaziale sarebbe dovuto uscire repentinamente dal settore autobus. Non fu così, perché proprio Moretti concordò di acquisire fino al 20% di Iia, operativa dal primo gennaio 2015, nella quale finì anche l’Irisbus (ex Fiat-Iveco) che l’allora ad del Gruppo Fca Sergio Marchionne voleva dismettere”.
IL COMMENTO DEGLI ANALISTI
Non sono stati comunicati i dettagli economici dell’operazione, che “sicuramente non sono” rilevanti, nota Equita. “Lo scorso anno Leonardo aveva già recepito in bilancio una perdita di 57 milioni e ricapitalizzato per 24 milioni, classificando” la partecipazione in Iia “tra le attività detenute per la cessione”. L’impatto del deal è quindi “modesto, ma conferma la focalizzazione sul core-business”, concludono gli esperti.
L’INDIVIDUAZIONE DEL NUOVO SOCIO
Lo scorso anno IIA, guidata oggi da Giancarlo Schisano, era stata oggetto di un aumento di capitale per 25 milioni dai tre soci: Invitalia, che detiene il 42,76%, Leonardo con il 28,65% e i turchi di Karsan con il 28,59%, ma i soci pubblici erano intenzionati a trovare un nuovo socio.
Quest’ultimo è stato individuato a conclusione di un percorso di selezione avviato nel 2022 che ha coinvolto numerosi potenziali investitori di natura industriale e finanziaria, sia italiani che internazionali, nel quale Kpmg e lo studio Legance hanno svolto il ruolo di advisor esterni.
Nella nota, Leonardo ricorda che, dopo un’accurata due diligence, Seri “ha formulato l’unica offerta rispondente a tali requisiti con la necessaria certezza di esecuzione e con la disponibilità alla presa in carico delle attività aziendali in tempi e modi congruenti con le esigenze di continuità produttiva, sulla base di un piano industriale complementare e improntato alla transizione verso la mobilità green”.
COSA FARÀ SERI INDUSTRIAL
Dunque Seri Industrial — azienda casertana, specializzata in plastiche, batterie (è l’unico produttore italiano di batterie al litio per autotrazione con il marchio Faam) e riciclo — rileverà il 98% del capitale sociale, mentre il restante 2% continuerà ad essere detenuto da Invitalia.
Come riportava il mese scorso Startmag a proposito dell’offerta di Seri per Iia, “si tratta di una quotata (dal 2009) di San Potito Sannitico guidata da Vittorino Civitillo in qualità di Ad e Roberto Maviglia sullo scranno del presidente. Il gruppo opera in 22 unità produttive/direzionali nel mondo, in 16 siti, con circa 800 tra dipendenti e collaboratori. La capogruppo, che svolge attività di direzione e coordinamento delle società controllate, ha sede nel Casertano. Seri Industrial nei primi tre mesi del 2024 ha registrato 43 milioni di euro di ricavi (in calo dell’1%) e debiti netti consolidati per circa 50 milioni. L’Ebitda al 31 dicembre 2022 era pari a 17.281 milioni, in calo del 16% rispetto ai 20.502 milioni dell’anno precedente”.
Infine, l’operazione prevede che Invitalia affiancherà Seri nell’azionariato di IIA con un ruolo di garanzia, indicato nei patti parasociali, (come annunciato la scorsa settimana dal Mimit) finalizzato all’esecuzione del piano industriale annunciato dal nuovo acquirente che intende cercare partnership e collaborazioni con operatori internazionali del settore con l’obiettivo di perseguire innovazione e crescita produttiva nonché l’allargamento dei mercati di sbocco per IIA.
LA POSIZIONE DEI SINDACATI
Infine, come anticipato all’inizio, resta ferma la contrarietà dei sindacati, che avevano ribadito i loro dubbi sull’operazione e posto alcune condizioni.
“Apprendiamo dalle agenzie di stampa che il governo ha deciso di accogliere la proposta del gruppo Seri per l’acquisizione di Industria italiana autobus (Iia)”. A dirlo sono Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic e Uglm, ripresi da Collettiva.it: “II governo si è assunto una responsabilità molto grave poiché rinuncia al controllo pubblico di un’impresa potenzialmente strategica contro la volontà dei lavoratori a più riprese rappresentata dal sindacato, nonché delle istituzioni locali”.
I sindacati rilevano che “la soluzione di Seri suscita difatti grandi dubbi, soprattutto combinata alla decisione di abbassare la presenza pubblica a una percentuale simbolica. Ancora più grave, se possibile, è il fatto che solo giovedì 13 si è tenuto un incontro al Mimit proprio su Iia e, alle richieste sindacali di prevedere un incontro per mettere a confronto i piani industriali di entrambi i potenziali acquirenti, il Mimit aveva detto che si sarebbe riservato di dare una risposta”.
MOBILITAZIONE IN ARRIVO?
Per Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic e Uglm, “il governo, sordo a qualsiasi ipotesi contraria, svende quindi Industria italiana autobus, un’impresa che opera nel settore strategico del trasporto pubblico locale. Tutto questo è inaccettabile e rappresenta un segnale gravissimo per quanto riguarda l’idea di questo governo di politica industriale”
“Nei prossimi giorni, nel corso delle assemblee nei due siti, insieme ai lavoratori decideremo le azioni di mobilitazione che si metteranno in campo” concludono le sigle sindacali a proposito del futuro di Industria Italiana Autobus.
IL PD DIFENDE I BUS DI STATO
«Il governo non sta autorizzando una vendita, ma una svendita di una società pubblica». Così la segretaria del Pd, Elly Schlein, è intervenuta sulla questione Industria Italiana Autobus. In un video pubblicato sui social è accanto agli operai del sito di Flumeri, in provincia di Avellino. «Qui si rischia una svendita di un’azienda strategica, proprio quello per cui ci servirebbe il Pnrr: investire sulla mobilità, sul trasporto pubblico locale. Ci servono aziende italiane che facciano autobus, in particolare che facciano autobus elettrici, altrimenti continueremo a doverli comprare da altri Paesi».