Il post di Fulvio Coltorti, già direttore dell’area studi e ricerche di Mediobanca, tratto da Facebook
Interessante l’intervento di Domenico Siniscalco sul Sole 24 Ore di giorni fa che punta all’efficienza del sistema bancario promuovendo l’aumento dimensionale degli istituti.
A mio parere occorre prima chiarire da quale parte si guarda all’efficienza: dalla parte delle banche o dalla parte dell’economia reale e quindi dei loro clienti?
Penso che la banca sia efficiente quando consente che le risorse raccolte in un territorio finiscano a famiglie e imprese produttive che favoriscono il benessere di quel territorio.
Se questo è il criterio allora le banche debbono essere a misura dei clienti e se i clienti sono piccoli e medi allora una banca gigante è quanto di peggio si possa immaginare.
In questo lavoro il patrimonio dovrebbe essere ininfluente perché la banca deve lavorare con risorse prese a debito.
Ma la lobby delle grandi banche, invece di consentire alla iniziale proposta di riduzione delle assurde dimensioni raggiunte con il salvacondotto del too-big-to-fail, ha spostato l’enfasi sul patrimonio.
In tal modo è automatica la trasformazione della banca da ente a supporto dell’economia reale ad ente che massimizza i profitti degli azionisti attraverso speculazioni sui mercati finanziari: “Gli speculatori possono non essere dannosi… ma il problema diventa serio se è l’intraprendenza a diventare una bolla di superficie nel vortice della speculazione” (John Maynard Keynes, 1936, tradotto da Giorgio La Malfa).
La relazione tra dimensione ed efficienza ha dato in Italia numerose prove: dalla disfatta delle grandi banche miste negli anni Trenta alle crisi più recenti del Banco di Napoli e del Monte dei Paschi. Una banca non deve necessariamente preoccuparsi di essere nel “gruppo di testa”.
La Lehman Brothers era in tale gruppo come pure l’oligarchia delle grandi banche americane responsabili impunite della crisi finanziaria del 2008 (Merrill Lynch, Bear Sterns, Fannie Mae, Freddie Mac, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Wells Fargo, Citigroup, JPM, BofA…).
Erano tutte fallite, ma sono ancora lì, non perché sono più grandi di prima, ma solo perché lo Stato più liberista del mondo le ha salvate. Per non parlare in Europa della “grande” Deutsche Bank, da noi più volte segnalata per i suoi immani problemi, ora di nuovo in difficoltà con una perdita dichiarata di 5,3 miliardi di euro nel 2019…