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Inflazione

Come migliorare il Pnrr

L'audizione parlamentare dell'economista Domenico Lombardi sul Pnrr

 

Il Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) sarà la priorità del nuovo Governo Draghi- anche in termini temporali – poiché la scadenza che ha dato Bruxelles per il suo inoltro è del 30 aprile prossimo. Nel poco tempo che rimane occorrerà fare delle bozze che ha lasciato in eredità il Governo uscente un vero e proprio Piano che consenta all’Italia di accedere ai fondi Ue. Nel complesso, si tratta di oltre 200 miliardi, di cui circa 70 a fondo perduto.

Nei giorni scorsi la Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera ha audito l’economista Domenico Lombardi. Esperienze al Fondo Monetario Internazionale e alla Brookings Institution di Washington, Lombardi ha indicato, come nel suo stile sempre costruttivo e garbato, le aree in cui l’attuale bozza andrebbe significativamente migliorata, non solo per rispondere alle attese di coloro che valuteranno il PNRR a Bruxelles, ma soprattutto per promuovere un’ambiziosa agenda di riforme e di investimenti che il nostro Paese non può più rinviare.  (Redazione Start Magazine)

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Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,

Ringrazio la V Commissione della Camera per l’invito.

Nelle considerazioni che seguono mi concentro sugli aspetti di maggiore rilevanza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rispetto al quadro di politica economica europeo, alla grave situazione economica in cui versa la nostra economia e alle prospettive che il Piano può offrire, se validamente impostato e correttamente eseguito.

Nel farlo, mi baso sulla proposta di PNRR presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri alle Camere di recente, ben consapevole che si tratta di una bozza migliorabile, pur nel breve tempo ancora disponibile.

 I numeri. Il PNRR guiderà l’utilizzo di quasi 200 miliardi messi in campo dalla Ue per il tramite dell’iniziativa Next Generation EU (NGEU) che consiste di risorse a dono quantificabili, per l’Italia, in circa 69 miliardi e risorse a prestito per poco più di 127. A tali ammontari si aggiungono ulteriori risorse, derivanti per la maggior parte dal nostro Quadro finanziario pluriennale che, nel complesso, consistono di quasi 100 miliardi.

Nel valutare l’adeguatezza del PNRR, occorre tener presente, quindi, che i fondi europei catalizzano risorse nazionali, il cui impiego va a sostenere le più ampie finalità del Piano. Nel complesso, il PNRR dovrebbe contare sull’impiego di circa 300 miliardi.

La risposta della Ue all’emergenza economica della pandemia. Il PNRR viene richiesto nel quadro delle iniziative europee formulate in risposta all’emergenza economica e finanziaria scatenata dalla pandemia—iniziative articolate su almeno tre pilastri:

  • la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita per consentire ai governi nazionali di porre in essere politiche fiscali potenzialmente controcicliche;
  • ulteriori interventi non convenzionali della Banca centrale europea tesi a fornire, nell’immediato, liquidità di fatto illimitata, e ulteriori impulsi iper espansivi al mercato monetario e del credito;
  • infine, l’NGEU che stimola e finanzia interventi strutturali nelle economie beneficiarie.

Aspetti strategici dell’NGEU. L’NGEU rappresenta un’iniziativa fortemente innovativa rispetto:

  • al complesso di risorse che direttamente e indirettamente attiva;
  • alle modalità di finanziamento, che prevedono anche l’emissione di titoli di debito Ue;
  • e, infine, alle aree di intervento che si concentrano sul comparto trasversale legato alla transizione digitale ed ecologica nelle economie che formano il Mercato Unico.

Vorrei sottolineare, poi, che la scelta di concentrarsi sugli investimenti è significativa. Gli investimenti sono una componente della domanda aggregata: pertanto, interventi volti a favorire tale componente sono una forma di sostegno alla domanda. Allo stesso tempo, gli investimenti determinano anche il potenziale di crescita di un’economia che, nel caso italiano, si situa attualmente su livelli prossimi allo zero.

L’NGEU si propone di favorire una trasformazione strutturale dell’economia europea nel suo complesso. Data la grandezza delle economie coinvolte, si tratta di un intervento strutturale in grado potenzialmente di alterare la morfologia di un blocco rilevante dell’economia mondiale, orientandolo verso la sostenibilità e l’inclusività. Questo aspetto, come vedremo, impone un criterio inderogabile nella selezione e valutazione dei progetti da finanziare.

Vanno considerati, quindi, progetti trasformativi che si situano a monte della filiera produttiva piuttosto che a valle, in grado di creare significative esternalità. Ne discende che tali progetti debbano essere trainanti per il resto dell’economia con impatto non solo verticale sul settore di appartenenza, ma anche e, soprattutto, trasversale per il resto dell’economia.

Viene altresì richiesto ai Paesi beneficiari non solo di articolare i progetti in un quadro strategico allineato con le finalità dell’iniziativa, ma di favorire quelle riforme abilitanti all’attuazione dei Piani stessi. Pertanto, nella valutazione del PNRR, occorre formulare un giudizio di coerenza su questo criterio, stante il potenziale inibente che le mancate riforme avrebbero sull’impatto degli investimenti in parola.

Il quadro italiano. Come è noto, in Italia gli investimenti si situano, da lungo tempo, su livelli modesti. Nella Relazione della Banca d’Italia dello scorso maggio, emerge che gli investimenti lordi si sono attestati nell’ultimo decennio su un livello significativamente inferiore ai tre precedenti, in proporzione al reddito nazionale lordo. Per quelli pubblici, poi, considerati al netto degli ammortamenti, è in atto una progressiva erosione delle consistenze di capitale.

Nel complesso, l’impatto negativo di tali dinamiche sulla crescita economica è significativo, tant’è che il reddito pro capite, all’inizio della pandemia, non aveva ancora recuperato il livello antecedente alla crisi finanziaria internazionale del 2008-09.

Per Paesi ad alto debito come l’Italia – debito che la pandemia ha innalzato in modo significativo – un efficace programma di investimenti accompagnato da ambiziose riforme è la sola opzione praticabile per riportare il rapporto debito/pil su un sentiero di sostenibilità, puntando ad accrescere l’impatto del denominatore sull’evoluzione di lungo periodo del rapporto in parola.

I criteri di valutazione del PNRR. Sulla base di quanto sopra, si possono formulare i seguenti criteri operativi con cui valutare la bozza di PNRR in oggetto, con l’esclusivo intento di contribuire a migliorarla, sia pure nella ridotta finestra temporale residua:

  1. caratura strategica degli interventi progettuali;
  2. riforme abilitanti;
  3. ed infine, collaborazione tra pubblico e privato.

In particolare, un approccio valutativo olistico al PNRR secondo il criterio 1. è utile poiché, stante l’architettura originariamente concepita a livello europeo, l’impatto sulla crescita che dovrebbe generare non è semplicemente riconducibile ai moltiplicatori settoriali. Le interazioni tra i vari interventi strategici a monte della filiera e con le riforme abilitanti potrebbero esercitare un effetto significativo sulla crescita ben oltre i moltiplicatori settoriali.

Caratura strategica degli interventi progettuali. Il PNRR si compone di 6 missioni o aree strutturali di intervento. Le missioni, a loro volta, si declinano in 16 componenti funzionali. Queste ultime, poi, prevedono 48 linee di intervento che aggregano, per omogeneità, i singoli progetti.

L’impressione che se ne ricava è che la caratura strategica associata al Piano sia significativamente migliorabile, auspicando che le successive versioni diano ragione di una maggiore selettività degli interventi, identificabili tra quelli maggiormente trainanti.

L’approccio additivo o aggregativo piuttosto che strategico è rilevabile anche da come la digitalizzazione viene presentata nell’ambito del Piano. Pensare di digitalizzare la Pubblica Amministrazione, caratterizzata da un’elevata età media degli addetti, da una cultura organizzativa tradizionalmente poco incline all’innovazione e da stringenti vincoli normativi e burocratici, risulta improbabile in assenza di radicali interventi di riforma.

Un altro elemento da sottolineare che si ricava dalla lettura del Piano è l’approccio con cui la digitalizzazione viene presentata – una sorta di panacea, anzi, una vera e propria rivoluzione da abbracciare (testuale a p. 23). La digitalizzazione può essere un moltiplicatore di efficienza e competitività di un’economia, ma può creare un esercito infinitamente più numeroso di lavoratori precari senza prospettiva, per i quali non vi è alcun incentivo a investire nella formazione e nell’accrescimento del loro capitale umano.

In tal senso, è particolarmente importante che il PNRR sia finalizzato così da fornire una guida strategica a favore di macro-investimenti nelle filiere maggiormente trainanti. L’alternativa è che le diseguaglianze tra i generi, le generazioni e i territori che il PNRR si propone di abbattere, al contrario, si accrescano ulteriormente, amplificando la dicotomia tra gli iper protetti e gli iper esclusi.

Un altro aspetto che giova sottolineare è che questi investimenti andrebbero inseriti in un contesto di level-playing field, in cui attività analoghe siano regolate – e tassate – in modo analogo. Va evitato che l’auspicato cambio di paradigma, che naturalmente tutti noi ci auguriamo per il bene del nostro Paese, generi nuove asimmetrie di cui si avvantaggino pochi a danno di molti. Questo ci porta all’altra dimensione con cui valutare il PNRR.

Riforme abilitanti. La corretta articolazione delle riforme rappresenta una condizione imprescindibile per l’attuazione del Piano. Nelle survey internazionali, la nostra economia è sistematicamente attenzionata per la scarsa capacità di attrarre investimenti, sulla base di variabili regolamentari e amministrative, come nel caso dell’Ease of doing business della Banca mondiale. Nel complesso, l’Italia si classifica al 58esimo posto tra 190 paesi, ma nell’ambito relativo alle procedure per la costituzione di nuove imprese è 98esimo, in quello dell’enforcement dei contratti è 122esimo.

Proprio l’amministrazione della giustizia costituisce una delle aree da riformare nel Piano. Le modalità indicate, tuttavia, suggeriscono la necessità di interventi migliorativi. Nel leggere le parti dove l’argomento è trattato, si ha l’impressione che un tema così condizionante per la nostra società ed economia non possa essere semplicemente ricondotto all’esigenza di ridurre i tempi processuali, assumere maggiore personale o di favorire, ovviamente, una maggiore digitalizzazione nell’amministrazione della giustizia.

Un’altra riforma trattata nel PNRR è quella tributaria, necessaria per creare un contesto abilitante e non distorsivo per gli investimenti. Il piano, in particolare, si concentra sulla riforma dell’IRPEF, l’imposta da cui scaturisce il maggior gettito per l’Erario. Eppure, anche in questo caso, al di là di affermazioni certamente condivisibili sulla lotta all’evasione e la riduzione del carico fiscale nel segno dell’equità e della progressività, è difficile cogliere indicazioni ulteriori.

Sarà importante riformare il sistema impositivo nel contesto della crescente digitalizzazione della nostra economia così da evitare (ulteriori) distorsioni fiscali che la pandemia ha avuto l’effetto di imporre con ancor maggior forza all’attenzione di tutti.

Altri aspetti. Infine, e mi avvio alla conclusione del mio intervento, occorre tenere in considerazione la capacità della Pubblica Amministrazione di finalizzare gli interventi trasformativi in parola. In tal senso, un minore ma più strategico mix di progetti aiuterebbe nell’attuazione del Piano.

È parimenti necessario l’efficace coinvolgimento del settore privato, in un Piano che intende essere così trasformativo. In realtà, il PNRR riconosce che la radicalità delle trasformazioni prefigurate impone una collaborazione tra pubblico e privato. Tuttavia, sempre dalla lettura del testo, si ha l’impressione che per il settore privato non sia articolato adeguatamente il suo coinvolgimento – coinvolgimento che potrebbe aumentare la capacità di implementazione del Piano stesso.

Conclusioni. In conclusione, On. Presidente e On. Deputati, l’iniziativa dell’NGEU può generare una significativa discontinuità da cui la nostra economia può trarre potenzialmente grande beneficio. In tal senso, occorre che il PNRR sia all’altezza delle ambizioni che molti di noi vi ripongono. A tal fine, momenti di confronto autentico con gli stakeholder non possono che contribuire a migliorare il Piano nella versione in cui è oggi.

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