Il calo registrato poco più di un mese fa nella produzione viene confermato (fonte Istat) anche dagli indici del fatturato dell’industria che a dicembre 2018 è diminuito in termini congiunturali del 3,5% e che nel quarto trimestre 2018 registra un calo dell’1,6% rispetto al trimestre precedente. Anche gli ordinativi registrano una diminuzione congiunturale (-1,8%).
A dicembre 2018 il fatturato diminuisce del 7,3% e gli ordinativi del 5,3% su base annua. In media d' anno, il fatturato cresce del 2,3% e gli ordinativi del 2% rispetto al 2017 #istat https://t.co/VGrvuIogsd pic.twitter.com/Qf0Yw23tCM
— Istat (@istat_it) February 19, 2019
Si tratta di indicatori importanti che ci dicono che il Paese sta sensibilmente rallentando, cosa per altro evidente se si pensa alle rilevazioni Eurostat sul Pil di qualche giorno fa: l’Italia è l’unico paese europeo col segno negativo. Vero che anche la Germania è a 0 (zero) ma mentre per i tedeschi il problema è riconducibile all’impatto che la crisi del settore auto ha sulla loro economia, per noi si tratta di una forte contrazione della domanda interna.
LE MOSSE DEL GOVERNO
A questo proposito, il governo mostra ottimismo per le misure attuate con la recente manovra finanziaria, ovvero reddito di cittadinanza e quota 100.
IL RUOLO DELLE PARTI SOCIALI
Vedremo quali effetti sortiranno ma al di là del fatto che non è pensabile di intervenire sulla crescita con queste forme di politica passiva, varrebbe la pena che Confindustria e sindacati – ora che con l’elezione di Landini il quadro è più stabile – si guardassero negli occhi per affrontare il tema sviluppo e cominciare a fare qualche proposta seria al governo.
LA QUESTIONE SALARIALE
È di questi giorni, per altro, la notizia del calo dei salari reali (le retribuzioni aggiustate al costo della vita) del 4,3% tra il 2010 e il 2017 (dato European trade union institute): l’Italia è in coda all’Eurozona, con una flessione appena inferiore a quella della Spagna (-4,4%) e sulla scia dei record negativi di Croazia (-7,9%), Portogallo (-8,3%), Cipro (-10,2%) e Grecia (19,1%), mentre Germania (+8,3%) e Francia (3,9%) si attestano su valori positivi.
LO SCENARIO E GLI AUSPICI
Non si tratta semplicemente di un modello contrattuale obsoleto – magari bastasse cambiare regole… – il problema vero è che l’Italia deve tornare a produrre ricchezza e, naturalmente, a ridistribuirla.
COME MUOVERSI
La bassa produttività e il cuneo fiscale molto alto sono naturalmente delle zavorre in tal senso: ecco perché è indispensabile un piano di sistema che coinvolga il governo.
Twitter: @sabella_thinkin