Luci e ombre della strategia europea sul Sure
La teoria economica indica che schemi di integrazione salariale per riduzioni temporanee dell’orario di lavoro sono degli strumenti efficienti per rispondere a shock economici transitori. In presenza di un repentino calo della domanda, tali schemi favoriscono:
- le imprese, che non perdono capacità produttiva e preservano il capitale umano; in periodi di riduzione o sospensione totale dell’attività, possono evitare e risparmiare sui costi connessi ai licenziamenti; quando lo shock temporaneo si esaurisce, risparmiano i costi di ricerca, assunzione e formazione del personale e sono pronte a riprendere l’attività a pieno ritmo;
- i lavoratori, che possono mantenere il proprio posto di lavoro e ricevono un’indennità (seppur spesso non completa) per la retribuzione persa, anche se la riduzione di orario arriva al 100%. Ciò sostiene reddito e capacità di spesa dei lavoratori, ed evita al tempo stesso la perdita del lavoro in un momento in cui sarebbe difficile trovarne un altro.
Le riduzioni drastiche e repentine di domanda e produzione causate dalle politiche di contenimento del virus sono un caso da libro di testo per il ricorso massiccio a programmi di riduzione degli orari. In questo contesto, infatti, questi schemi sono più efficienti sia dei sussidi di disoccupazione sia dei trasferimenti monetari incondizionati alle famiglie. In questo senso, la risposta europea rivolta a fornire sostegno finanziario ai Governi nazionali che introducano o rafforzino tali schemi va sicuramente nella direzione giusta, in contrapposizione alla risposta americana, più nettamente orientata a un forte sostegno del reddito a fronte di un’elevatissima e incontrastata distruzione di posti di lavoro già in atto. Il punto debole della strategia europea appare quello della natura, dell’entità e della tempistica delle risorse messe in campo con il meccanismo Sure:
- i fondi trasferiti ai paesi membri saranno prestiti che peseranno sul loro futuro bilancio pubblico, fino a quando non saranno restituiti. Tale indebitamento condizionerà, quindi, le risorse che quegli stati potranno utilizzare nella fase della ricostruzione post-pandemia;
- gli stati membri potranno beneficiare di assistenza finanziaria per un totale di 100 miliardi di euro, ammontare ben al di sotto delle risorse stanziate negli Usa per il potenziamento dell’assicurazione contro la disoccupazione;
- i 260 miliardi di dollari stanziati dal Cares act americano, inoltre, sono immediatamente disponibili per il finanziamento dei sussidi di disoccupazione erogati dai sistemi statali. La messa in opera del Sure, al contrario, ha tempi incerti, sia per la necessaria previa attivazione formale del meccanismo a livello europeo sia per l’iter previsto per l’approvazione dei singoli prestiti.
All’Europa, inoltre, rimane il compito aperto di ripensare in maniera più completa il proprio sistema di welfare, per affrontare le sfide nel mercato del lavoro che si apriranno in uscita da questa crisi, quando saranno inevitabili ristrutturazioni, anche profonde, che coinvolgeranno interi settori.
In vista di questa seconda fase, appare importante che il Sure, nelle intenzioni della Commissione, non sostituisce il regime europeo di riassicurazione contro la disoccupazione annunciato in precedenza dalla Ue. Anzi, la Commissione europea si è impegnata ad accelerare l’elaborazione della proposta legislativa relativa a un regime europeo di riassicurazione contro la disoccupazione. Ma sarà cruciale investire anche nel rafforzamento delle politiche attive, in primis quelle di formazione e riqualificazione professionale, per fornire nuove competenze ai lavoratori che dovranno transitare verso occupazioni diverse a quelle precedentemente svolte.