Ieri sera il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato che oggi avrebbe firmato un ordine esecutivo per ridurre immediatamente i prezzi dei farmaci nel Paese del 30-80%. Ma già durante il suo primo mandato aveva avanzato una simile idea, poi respinta da un tribunale federale che aveva bloccato l’iniziativa in seguito a una causa presentata dalle aziende farmaceutiche.
LE ULTIME SUI DAZI
L’atteso annuncio sui dazi su farmaci e prodotti farmaceutici ancora non c’è stato, ma la scorsa settimana Trump ha annunciato di avere intenzione di imporli entro due settimane, potenzialmente fino al 200% nel tentativo di riportare la produzione sul suolo americano.
“Le aziende farmaceutiche torneranno alla grande”, ha dichiarato il tycoon. Ma gli esperti avvertono che i dazi potrebbero far aumentare i prezzi dei farmaci, aggravare le carenze (270 sono già carenti) e destabilizzare un mercato già in forte tensione. Gli Stati Uniti importano infatti ogni anno oltre 200 miliardi di dollari in prodotti farmaceutici – principalmente dall’Europa – e molti farmaci essenziali dipendono da principi attivi prodotti all’estero, soprattutto in Cina e India.
Anche le grandi case farmaceutiche che hanno previsto investimenti negli Stati Uniti ritengono che i dazi potrebbero rallentare l’innovazione, ritardare il lancio di nuovi farmaci e costringere a difficili compromessi tra prezzo e accesso.
LA PROMESSA DEI TAGLI SUI PREZZI
Ieri sul suo social Truth, Trump ha scritto che “istituirà una POLITICA DEL PAESE PIÙ FAVORITO, in base alla quale gli Stati Uniti pagheranno lo stesso prezzo del Paese che paga il prezzo più basso al mondo”.
“Il nostro Paese – ha aggiunto – sarà finalmente trattato in modo equo e i costi sanitari per i nostri cittadini saranno ridotti a livelli mai nemmeno immaginati prima. Inoltre, gli Stati Uniti risparmieranno MIGLIAIA DI MILIARDI DI DOLLARI”.
Trump ha stimato che i prezzi dei farmaci da prescrizione “saranno RIDOTTI, quasi immediatamente, dal 30% all’80%”. E ancora: “Saliranno in tutto il mondo per riequilibrarsi e, per la prima volta dopo tanti anni, porteranno GIUSTIZIA ALL’AMERICA!”. Come conseguenza, i titoli farmaceutici globali sono scesi e le azioni delle aziende pharma statunitensi hanno registrato un calo tra il 2% e il 3%.
Oggi, in attesa della firma dell’ordine esecutivo, la stima è stata rivista e il presidente ha affermato che i prezzi si ridurrebbero del 59%.
COME FARE RESTA UN MISTERO
Gli Stati Uniti, osserva Reuters, pagano i prezzi più alti al mondo per molti farmaci da prescrizione, spesso quasi il triplo rispetto ad altre nazioni sviluppate. Trump ha più volte affermato di voler ridurre questo divario, ma finora non ha spiegato pubblicamente come intenda farlo né ha fornito dettagli nel suo annuncio.
Anche Axios scrive che “non è ancora chiaro come funzionerà concretamente l’ordine e se si applicherà a Medicare o Medicaid”. I rappresentanti dell’amministrazione Trump non hanno risposto immediatamente alla richiesta di commento da parte della testata americana.
Secondo quattro lobbisti dell’industria farmaceutica, citati da Reuters e che hanno riferito di essere stati informati dalla Casa Bianca, i produttori di farmaci si aspettano che l’ordine si concentri sul programma di assicurazione sanitaria Medicare, destinato alle persone di età pari o superiore a 65 anni o con disabilità.
LA POLITICA DEL PAESE PIÙ FAVORITO
La politica del “Paese più favorito”, o International Reference Pricing, promessa da Trump è un meccanismo attraverso il quale i prezzi dei farmaci in un Paese vengono stabiliti o adeguati in base ai prezzi praticati in altri Paesi. Consiste nel confrontare i prezzi dei farmaci con quelli di un gruppo selezionato di nazioni, spesso definito “paniere”, al fine di controllare la spesa farmaceutica e negoziare condizioni più vantaggiose con i produttori.
Il presidente Usa l’aveva già proposta per Medicare durante il suo primo mandato, ma un tribunale federale aveva bloccato l’iniziativa dopo che le aziende farmaceutiche avevano fatto causa. Secondo le stime dell’amministrazione di allora, quella proposta – ricorda Reuters – avrebbe fatto risparmiare ai contribuenti oltre 85 miliardi di dollari in sette anni, incidendo sulla spesa annuale degli Stati Uniti per i farmaci, che supera i 400 miliardi di dollari.
Ora, secondo Axios, sebbene la proposta sia in contrasto con l’ortodossia del libero mercato, “per i legislatori repubblicani potrebbe essere difficile da respingere sotto la pressione politica di Trump”.
LE CRITICHE
Questa politica “è un pessimo affare per i pazienti americani”, ha commentato Stephen Ubl, presidente e Ceo di Pharmaceutical Research and Manufacturers of America (PhRMA), il principale gruppo di lobbying dell’industria farmaceutica statunitense. “Importare prezzi esteri taglierà miliardi da Medicare senza alcuna garanzia che migliori l’accesso dei pazienti alle cure. Questo mette a rischio centinaia di miliardi di dollari di investimenti che le nostre aziende intendono fare in America, rendendoci più dipendenti dalla Cina per i farmaci innovativi”.
“Qualsiasi forma di fissazione dei prezzi da parte del governo è dannosa per i pazienti americani”, ha proseguito Alex Schriver, portavoce di PhRMA.
Nonostante possa sembrare difficile opporsi alla scelta di Trump, c’è anche chi ritiene che potrebbe tradursi nuovamente in un nulla di fatto: “Il presidente ha una lunga storia, durante il suo primo mandato, di grandi promesse sui prezzi dei farmaci che non si sono tradotte in azioni concrete”. A dirlo è l’analista Chris Meekins di Raymond James, il quale ha aggiunto che più gli ordini esecutivi di Trump sono ambiziosi, maggiore è la probabilità che vengano bloccati dai tribunali.
PERCHÉ I FARMACI NEGLI USA COSTANO DI PIÙ
Come spiega Reuters, “a differenza della maggior parte dei Paesi, che negoziano direttamente con le aziende i prezzi dei farmaci, gli Stati Uniti hanno limitate capacità di negoziazione diretta e si affidano a intermediari privati (pharmacy benefit managers) per trattare i prezzi all’interno dei piani assicurativi”. L’ex presidente Joe Biden, con l’Inflation Reduction Act (Ira), aveva consentito al governo di iniziare a negoziare i prezzi dei farmaci più costosi.
Tuttavia, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa, i prezzi dei primi 10 farmaci negoziati risultavano in media più del doppio e in alcuni casi cinque volte superiori rispetto a quelli pattuiti dai produttori con altri quattro Paesi ad alto reddito. È il caso dell’anticoagulante Eliquis, uno dei farmaci più venduti prodotto da Bristol Myers Squibb, che ha un prezzo di listino negli Stati Uniti di 606 dollari per una fornitura mensile. L’amministrazione Biden ha negoziato un prezzo ridotto a 295 dollari per Medicare, che entrerà in vigore dal 2026, ma lo stesso farmaco costa 114 dollari in Svezia e appena 20 dollari in Giappone.