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Come è stato respinto l’attacco della Francia all’Italia sul dumping fiscale

Dumping fiscale? Commenti e analisi sulla polemica Francia-Italia

Le frasi del premier francese Francois Bayrou, in grossa difficoltà in patria, rispetto al dumping fiscale che farebbe l’Italia è sfociata prevedibilmente subito in un’accesa polemica. Sia la premier Giorgia Meloni sia diversi ministri, tra cui non poteva mancare Matteo Salvini, hanno risposto a tono a Parigi. E a cascata la notizia si è riversata sui giornali italiani in diverso modo, tra interventi di esponenti governativi e analisi del sistema fiscale del Belpaese.

LA RISPOSTA DI LEO A BAYROU

L’ultimo è stato il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo (nella foto), sulle pagine di Repubblica, da cui ha rigettato le accuse di Bayrou. “Fare dumping fiscale significa portare avanti politiche distorsive, con regimi privilegiati volti ad attrarre in modo sleale capitali e imprese. È una cosa che l’Italia non sta assolutamente facendo”, ha dichiarato Leo, esponente di spicco di Fratelli d’Italia. Aggiungendo: “In questi due anni abbiamo costruito un sistema equo e trasparente, basato sulla certezza del diritto e sulla semplificazione”.

Leo ha poi sottolineato quali siano due regimi fiscali pensati, quello “degli impatriati, che agevola a determinate condizioni i redditi prodotti in Italia per chi trasferisce la residenza da noi” e poi quello “dei neo-residenti, che prevede una tassazione forfettaria solo sui redditi di fonte estera, per i soggetti che negli ultimi 10 anni non sono stati residenti in Italia”.

Il viceministro ci tiene a dire due cose. Innanzitutto, che “non siamo i soli, strumenti simili esistono anche in altri paesi”, tanto che “ci sono varie nazioni in Europa che applicano tassazioni molto contenute”. E poi: “Da tempo l’Italia chiede un’armonizzazione fiscale per arrivare a un’Ue sempre più integrata. Paradossalmente possiamo essere contenti che la Francia abbia sollevato il tema, seppure in maniera non corretta. Il vero dumping fiscale non deriva tanto dai regimi agevolati dei singoli paesi, quando dagli stessi regimi agevolativi utilizzati in combinazione con le singole convenzioni”. Insomma, ben venga un intervento europeo.

FRANCIA PARADISO FISCALE?

A contrattaccare sono anche i giornali di area centrodestra, come il Giornale, che ha ripreso il Corporate Tax Haven Index compilato dall’ong Tax justice network, ricordando come nella top ten mondiale degli stati che “favoriscono gli abusi fiscali delle grandi multinazionali” c’è l’Irlanda al nono posto, la Svizzera al quarto, l’Olanda al sesto e il Lussemburgo all’ottavo. L’Italia è al 29esimo posto, ben dietro a una Francia 19esima.

Il Giornale, poi, sottolinea come “Roma – secondo gli analisti – perderebbe ogni anno oltre 4 miliardi a causa dei paradisi fiscali. Di più secondo la Cgia di Mestre, che aveva calcolato come i paradisi fiscali europei sottrarrebbero al Fisco italiano almeno 10 miliardi di euro l’anno, 7 per effetto di elusione delle multinazionali, 3 per le frodi di privati cittadini”.

L’ORGOGLIO DI RENZI

Ma le voci non si sono alzate solo dal fronte governativo. Anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva, fulminato sulla via del campo largo e quindi in cerca di un ruolo nell’opposizione, ha risposto al premier francese con orgoglio: “Quelle che Bayrou chiama politiche di dumping fiscale sono scelte fatte dal mio governo nel 2016. Il mio amico Francois evidentemente non è informato. Il dumping non lo fa l’Italia. Il governo francese impari a riconoscere gli alleati dai nemici”.

FLAT TAX, BREXIT E PRIVILEGIATI

E in effetti è vero. Bayrou si riferisce alla legge del 2016, introdotta da Renzi, “in base alla quale individui residenti all’estero che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia possono esentare dalla tassazione – per i successivi 15 anni – i redditi conseguiti all’estero”, spiega il fiscalista Tommaso Di Tanno sul quotidiano Domani. “Per godere di questo regime devono versare una flat tax di 200mila euro l’anno. È evidente che si tratta di un regime di favore riservato a pochi privilegiati”, aggiunge il quotidiano che ricorda i motivi per cui fu varata.

Nel 2016 ci fu la votazione per la Brexit “e il governo Renzi dell’epoca ha pensato che vi sarebbe stata una fuga dalla City di plotoni di finanzieri che avrebbero dovuto traslocare da Londra per scegliere una nuova location europea”. “Si è valutato che il trasferimento in Italia di questi privilegiati individui potesse portare non solo il pagamento della flat tax (all’epoca di 100mila euro l’anno) ma anche lo sviluppo di attività già basate a Londra”, continua Domani, che alla fine però sottolinea come “i trasferimenti, pur esistenti, si sono rivelati numericamente inferiori alle attese”.

RADDOPPIO PER FARE CASSA

Come evidenzia invece il Fatto Quotidiano, la mossa del governo Meloni di raddoppiare l’onere fiscale forfettario, passato dai 100mila euro sui redditi prodotti all’estero ai 200mila, “è stato solo un modo per far cassa, mentre le adesioni continuano a crescere (nel solo 2023 sono state 1.459)”. Ma il problema è che “nessuno sa se stia raggiungendo l’obiettivo di favorire gli investimenti in Italia o si tratti di un regalo fiscale a manager, imprenditori e sportivi professionisti senza ottenere nulla in cambio”.

A tal punto che “la Corte dei Conti propende per la seconda ipotesi perché la norma continua a non ‘esigere un effettivo e tangibile collegamento con la realizzazione di investimenti produttivi nel nostro paese’”, mette in luce il Fatto.

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