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Economia Italiana

Come cambierà l’economia post Covid-19

L'analisi di Giovanni Ajassa, Direttore del Servizio Studi Group Economic Research di BNL Gruppo BNP Paribas

L’economia riparte se fermiamo il contagio. Se riusciamo a mitigare la diffusione epidemica entro limiti compatibili con una gestione praticabile della sanità. A partire da quella trincea di eccellenza rappresentata dal circuito delle terapie intensive. Per ottenere ciò serve il concorso di tutti. Nella sua drammatica complessità, la crisi che stiamo vivendo ci rammenta alcune semplici verità. In un mondo globalizzato – forse un po’ troppo globalizzato – non ci possono essere soluzioni parziali a sfide generali.

La gestione della complessità richiede competenza e senso del limite. Come ha scritto di Kenneth Rogoff, ci sono momenti in cui sono più importanti “i summit sanitari”. Nella stagione della quarantena sanitaria la parola passa al Dr. Tedros Adhanom Ghebreyesus, il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e ai suoi competenti collaboratori. Che ci insegnano regole semplici come lavarci le mani. Che ci richiamano il valore della cooperazione. Non è un caso che ad aiutarci a venire fuori da questo complicato tornante della storia sia un organismo, multilaterale, l’Oms, nato nel 1948 sulle macerie delle Seconda Guerra Mondiale.

Multilateralità, competenza, cooperazione, semplicità. Valori da riscoprire nel Mondo e anche in Europa. Una lezione da imparare, per quando la luce sarà tornata, per provare una volta per tutte a semplificare le regole europee. Se non anche per riscriverle profondamente, alla luce della durissima lezione dataci dal virus. In Italia una prima lezione dell’epidemia ci parla di un Paese che sa reagire. E reagisce a cominciare dal settore della sanità. Un settore che, più di altri grandi paesi europei, ha segnato una riduzione di risorse. Per dare un paio di numeri, dai tempi della Sars al 2017, il numero di letti per degenza, per centomila abitanti, è diminuito da 367 a 267 unità in Italia contro un calo da 381 a 309 in Francia.

Nonostante i tagli, il sistema sanitario italiano sta reagendo mostrando una capacità di adattamento che all’economista ricorda il dinamismo tipico delle piccole e medie imprese italiane. I piccoli e medi ospedali italiani, insieme ai grandi nosocomi velocemente si riorganizzano. A partire dall’esempio lombardo superano inciampi burocratici. Invertono anni di inazione sul fronte dell’acquisizione di nuovo capitale umano e tecnologico. Aprono nuovi padiglioni per dare a ciascun paziente critico una possibilità di salvezza. Anche per quella fascia più anziana o più debole, la cui perdita qualcuno cinicamente propone quasi come meno grave. Non è così. Al fianco della sanità c’è l’industria, chiamata per un po’ a ridurre al minimo i giri del motore. Ma non in quei settori strategici chiamate in poche settimane ad attivare produzioni e ricerche focalizzate nella guerra al virus. E alcuni primi risultati, di rilievo mondiale, già si colgono.

Ex post, quando l’ora più buia sarà finita, ci sarà modo per ripensare il modello di internazionalizzazione delle catene del valore. Applicando quel banale principio di precauzione che si chiama diversificazione del rischio. E, quindi, provvedendo alla ricollocazione nazionale di uno zoccolo duro di produzioni strategiche, necessarie per il rispetto di bisogni essenziali quali la tutela della sanità. Last but not least, tra le risorse di cui la nostra comunità dispone per ritrovare la luce ci sono le attività finanziarie delle famiglie e delle imprese italiane. Dal lato delle imprese, le incertezze degli ultimi anni hanno indotto un’accumulazione importante di circolante e depositi. Si tratta di risorse che ora potranno rivelarsi utili per far fronte alle necessità di finanziamento del circolante, insieme a adeguati e veloci sostegni da parte del bilancio pubblico. Dal lato delle famiglie, occorre fare molta attenzione. Il mantra rimane quello che le famiglie italiane sono ricche. Questo rimane vero, se si guardano i 4,4 trilioni di euro di attività finanziarie lorde segnate al terzo trimestre del 2019. Ma all’economista non sfugge che, una volta tolti i debiti e l’inflazione, la ricchezza finanziaria netta degli italiani ha perso il dieci per cento dal 2007 ad oggi.

È il conto amaro di tre recessioni. Il risparmio cristallizzato di padri e nonni ci ha aiutato e continuerà ad aiutarci. Non venga in mente a qualcuno di ricorrervi in maniere improvvide. Specie quando è l’Europa a cominciare a capire che con queste regole non si superano le pandemie. Sostegno pubblico e psicologia privata. Aiuti “macro” al tessuto di domanda e offerta. Sostegno “micro” alla psicologia privata nella consapevolezza delle reazioni asimmetriche a shock di questa portata. Nel disciplinato rispetto di ciò che ci dicono e diranno le autorità sanitarie, l’economista quarantenato potrà rileggersi Keynes. E Kahnemann.

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