Skip to content

Codice degli appalti, tutti i veri motivi dei lavori pubblici a rilento

Uno dei punti a mio avviso più qualificanti (tra i tanti che non lo erano per nulla) del programma elettorale del centrodestra prevedeva l’abolizione del codice degli appalti, un provvedimento partito male (era zeppo di errori) e gestito peggio (grazie alle soft law emanate dall’Anac, ovvero alle direttive a cui attenersi in materia). Infatti, come ha affermato dal presidente dell’Ance, Gabriele Buia, in un’intervista a Il Sole 24 Ore, “il codice ha prodotto un calo dei bandi di gara del 14% nel 2016 e la perdita di altri 800 milioni di risorse stanziate e non spese nel 2017’’.

Non a caso, nell’arco di qualche mese il governo si era reso conto dei guasti determinati dal nuovo codice, tanto da scrivere nel Def per il 2017 quanto segue a proposito di investimenti pubblici. ‘’Il governo ha inteso invertire questa tendenza: la spesa per investimenti è prevista, infatti, in aumento di circa 3 miliardi tra il 2016 e il 2019, e questa tendenza andrà rafforzata in futuro. A tal fine particolare valenza ha assunto: i) la previsione di un fondo da ripartire per il rilancio degli investimenti infrastrutturali, che dispone di una dotazione complessiva di risorse pari a 47,5 miliardi da utilizzare in un orizzonte pluriennale compreso tra il 2017 e il 2032; ii) l’abolizione del patto di stabilità interno, che limitava le capacità di intervento degli enti locali; iii) la riforma del codice degli appalti, affinata che aiuterà a gestire in modo più trasparente ed efficiente gli appalti pubblici’’.

Poco tempo dopo, il ministro Pier Carlo Padoan, intervenendo in un seminario della Confindustria, denunciava i ritardi nel dare avvio ad un piano di opere pubbliche e di infrastrutture ed accennava – cautamente – alla necessità di ‘’implementazione del codice degli appalti’’. A suo avviso non si trattava di un problema di risorse – che erano state stanziate e che sono arrivate a 130 miliardi entro il 2030 – ma di questioni concernenti l’apparato ed il percorso decisionali.

Non solo per gli inconvenienti di una burocrazia inefficiente, ma anche per il legittimo timore dei funzionari pubblici (e dei sindaci sempre a rischio di abuso d’ufficio) ad assumersi delle responsabilità a fronte dei rischi di incorrere in indagini di natura penale, pur avendo compiuto il proprio dovere nell’ambito di un reticolo di procedure assurde e vederselo riconoscere a distanza di anni, dopo essere stati triturati dalla macchina mediatico-giudiziaria. La medesima valutazione è stata espressa dal presidente dell’Ance secondo il quale ‘’la soft law ha dimostrato di non funzionare, vuoi per i lunghi tempi di attuazione, vuoi per le resistenze della pubblica amministrazione che ha bisogno di norme cogenti per agire. Il codice, viceversa, ha aggravato lo stato di paralisi della firma’’.

Un’altra fake news da sfatare è quella di attribuire i ritardi ai ricorsi in via amministrativa da parte delle imprese escluse dall’appalto. Infatti, Il presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno ha sgomberato il campo da questa leggenda spiegando che solo il 2,7% degli appalti va al Tar. Tutto ciò premesso, è d’obbligo far notare che se non si affrontano questi problemi è inutile che i partiti impegnati nella ricerca di una maggioranza per formare un governo, continuino a promettere agli italiani robusti piani di investimenti allo scopo di creare lavoro. Non si dimentichi mai che l’assegnazione dei primi appalti per lo sgombero delle macerie nelle aree dell’Italia centrale martoriate dal terremoto è avvenuta nelle stesse giornate in cui ricorreva l’anniversario di quei tragici fatti.

Insomma, ci siamo complicati la vita a causa di un maledetto pregiudizio di‘’corruttela’’, da parte della magistratura inquirente, che trova sempre facile audience mediatica e che è tra le cause dell’immobilismo nel dare corso agli investimenti in infrastrutture. Ormai, l’imprenditore che vince un appalto deve mettere in conto di essere sottoposto ad intercettazione telefonica. Di conseguenza, pezzi di frase smozzicate possono essere citate come conferma di un teorema accusatorio che dà luogo ad un avviso di garanzia, con tanto di rimbalzo mediatico sulla stampa e in tv. Povera Italia!

Torna su