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Quota 100

Cig e grandi studi legali, tanto rumore per nulla?

L'opinione dell'editotorialista Giuliano Cazzola

Anche nelle emergenze più gravi c’è sempre qualcuno che non esita a sparare sulle ambulanze della Croce Rossa. Un giornale on line, noto cacciatore di casi/scandali, ha messo alla berlina un prestigioso studio legale perché, nonostante gli utili dichiarato nel bilancio 2019, al diffondersi dell’epidemia, ha chiesto l’autorizzazione per mettere in cig i suoi dipendenti.

Poiché in uno Stato di diritto non esistono tribunali dell’etica (in verità così dovrebbe essere, ma ci stiamo pericolosamente allontanando da questi principi) i comportamenti delle persone si giudicano in base alle leggi.

Se così è, prima di tranciare giudizi additando alla plebe il riccastro profittatore, bisognerebbe tener conto di due circostanze di carattere generale.

A) Gli studi professionali sono stati posti in quarantena e quindi non era loro consentito di lavorare normalmente. I titolari di studi legali, poi, non potevano neppure recarsi nei Palazzi di Giustizia, precipitosamente chiusi per la tutela del personale e per evitare gli assembramenti (pare che l’apertura avvenga con qualche ritardo).

B) La cassa integrazione in deroga (come nel 2008) è stata estesa anche ai settori esclusi in forza della legislazione vigente (per questo si chiama cig in deroga). E ai datori che chiedono l’intervento della cassa nelle sue diverse tipologie non viene chiesta la dichiarazione dei redditi, con relativa prova dei mezzi.

Non esiste che un’impresa debba farsi carico di una fase di stallo, avvalendosi delle risorse dei bilanci precedenti, quando nel presente è impedita di lavorare.

Sarebbe non solo scorretto, ma illegale e perseguibile in sede penale, lo studio professionale che mettesse in cassa integrazione i dipendenti, facendoli lavorare da remoto o aprendo loro gli uffici di nascosto, erogando così l’ammortizzatore sociale al posto dello stipendio.

Se il caso denunciato presentasse queste caratteristiche, lo studio incorrerebbe in una truffa ai danni dello Stato, perché la cig ha sempre, come presupposto, la sospensione dei dipendenti dal lavoro. E un comportamento siffatto dovrebbe essere punito in base alla legge. Ma se l’uso degli ammortizzatori sociali è la conseguenza di blocco dell’attività a cui il datore professionista si è attenuto scrupolosamente, diventa scorretto sollevare uno scandalo.

Passando da palo in frasca è urgente risolvere un problema, prevedibile, ma foriero di gravi danni morali ed economici per quel personale sanitario che ha combattuto il virus in prima linea, spesso senza strumenti di protezione, sottoposto a turni massacranti e dovendo soccorrere un numero di malati gravi superiore alle materiali possibilità di accoglienza e di adozione di cure adeguate.

Sappiamo che, sotto traccia, si stanno moltiplicando i comitati di parenti delle vittime che chiedono giustizia (in verità risarcimenti). Un conto sono gli amministratori, i direttori generali e i primari, i quali, però, hanno fatto anch’essi quello che potevano, ma certe decisioni prese possono essere riesaminate dalla magistratura.

I medici e gli infermieri sono parte di un diverso problema. Saprà la magistratura inquirente tener conto delle condizioni di emergenza in cui hanno dovuto assumere, nel giro di poche ore, decisioni gli amministratori regionali, i sindaci, i responsabili degli enti? E gli stessi medici quando, magari, si sono trovati a scegliere chi dovesse occupare tra tanti malati il posto che si era liberato in rianimazione? Interverrà il magistrato, magari su esposto della famiglia, a sindacare sulla correttezza di una valutazione tecnica compiuta in pochi minuti, magari accorgendosi in ritardo che forse sarebbe stata più opportuna una scelta diversa?

Ecco perché è non solo opportuno, ma necessario uno scudo penale che garantisca gli operatori per le scelte compiute durante l’emergenza, salvo i casi di colpa grave o di dolo. Certo che, in un Paese in cui coloro che agiscono e cercano di compiere il loro dovere sono costretti a chiedere l’immunità penale, non è proprio destinato ad avere un destino radioso.

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