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Olio Oliva Sfuso

Chi spinge e chi frena in Europa sulla vendita di olio d’oliva sfuso?

La Commissione europea ha proposto di autorizzare la vendita di olio d’oliva sfuso ma non sono tutti d’accordo, a partire dai produttori italiani. Fatti, numeri e commenti

 

La proposta della Commissione europea di autorizzare la vendita di olio d’oliva sfuso allarma i produttori italiani, ma anche altri Paesi dell’Unione europea. Per qualcuno, invece, si tratta di una pratica già diffusa.

LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE UE

La Commissione europea ha proposto di modificare il Regolamento 29/2012, che “stabilisce le norme di commercializzazione specifiche per il commercio al dettaglio degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva”.

Il Regolamento prevede che solo l’olio d’oliva confezionato (o imbottigliato) può essere venduto ai consumatori finali in Europa in quantità fino a 5 litri per confezione, dotata di un sistema di apertura che non può più essere sigillato dopo la prima apertura.

L’intento della modifica, afferma la Commissione Ue, sarebbe quello di vendere olio d’oliva sfuso per risparmiare sugli imballaggi e rendere più sostenibili gli acquisti dei consumatori europei.

Questa pratica è già possibile per il vino, ma i produttori di olio che si oppongono alla proposta ricordano che ogni prodotto ha le sue caratteristiche.

LE CRITICHE

Dal mondo dell’olio extra vergine di oliva si alzano critiche e l’Italia – in particolare ma non solo – promette battaglia. Il fronte dell’opposizione ritiene, infatti, che la modifica non apporterebbe alcun beneficio per la sostenibilità, danneggerebbe le attuali norme igieniche e distorcerebbe la concorrenza interna nel mercato unico.

POCA SOSTENIBILITÀ (COMUNQUE)

Per Agrinsieme l’impatto degli imballaggi non verrebbe ridotto in quanto il prodotto dovrebbe comunque essere riconfezionato in contenitori nei negozi.

Concorda Fedolive, la Federazione europea delle industrie olearie, che ha scritto una nota a Wolfgang Burtscher, a capo della Direzione generale dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale: “L’impatto ambientale dell’imballaggio non sarà eliminato o ridotto al minimo se l’olio d’oliva sarà venduto sfuso, poiché sarà nuovamente confezionato in contenitori nei negozi, come altri prodotti venduti sfusi nei punti vendita al dettaglio, che ovviamente non saranno controllati come le confezioni standard di olio d’oliva per verificare la conformità con le normative ambientali”.

NORME IGIENICHE COMPROMESSE

Ma oltre a non essere garantita una maggiore sostenibilità, i contrari affermano che la qualità dell’olio d’oliva e la sicurezza sanitaria per il consumatore sarebbero compromesse dalla commercializzazione del prodotto in bottiglie aperte e riutilizzabili.

A differenza “della standardizzazione e del confezionamento in contenitori fino a 5 litri, che è stata dimostrata essere l’unica pratica che garantisce la protezione dei consumatori ed è stata anche convalidata dall’ultima revisione del Regolamento esecutivo 29/2012 sulle norme di commercializzazione dell’olio d’oliva”, si legge nella nota inviata a Bruxelles.

I PAESI CONTRARI

I Paesi che si oppongono strenuamente all’idea di vendere l’olio d’oliva sfuso sono quelli che ne producono e ne consumano di più: Italia, Grecia e Spagna. I Paesi per eccellenza della dieta Mediterranea.

LA BATTAGLIA DELL’ITALIA…

L’industria olearia italiana contesta la proposta perché “non garantisce i consumatori dal punto di vista della qualità, dell’igiene e anche della provenienza del prodotto”, si legge sul Sole24Ore.

Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari, tutte associazioni che fanno capo al coordinamento Agrinsieme, hanno inviato una lettera al ministero dell’Agricoltura (Mipaaf) per chiedere che l’Italia si opponga a Bruxelles.

Secondo gli agricoltori vendere olio d’oliva sfuso aumenterebbe il rischio di frodi poiché risulterebbe molto difficile, se non impossibile, monitorare la qualità e non darebbe alcuna garanzia della corrispondenza tra quanto indicato in etichetta e quanto contenuto nella bottiglia.

Inoltre, scrivono al Mipaaf, “se venisse autorizzata la vendita di olio sfuso su base volontaria si andrebbe incontro ad una distorsione della concorrenza interna nel mercato unico”.

…E DELLA GRECIA

All’appello italiano si è unita anche la Grecia, la cui associazione nazionale degli imbottigliatori di olio d’oliva (Sevitel), riferisce Olive Oil Times, ha definito la proposta “un passo indietro per quanto riguarda la sicurezza del prodotto e la lotta all’adulterazione”, come dichiarato dal direttore generale Yiorgos Economou.

I PAESI FAVOREVOLI

La proposta ha invece incontrato il favore di ambientalisti e associazioni di consumatori e in Francia è già possibile, dal 2018, acquistare olio sfuso ma con determinate garanzie.

I consumatori possono riempire i propri contenitori, ma le vendite vengono monitorate e i contenitori, su cui il venditore applica un’etichetta con tutte le informazioni, sono sigillati dopo il riempimento.

QUANTO OLIO D’OLIVA PRODUCE L’UE

L’Unione europea è il principale produttore, consumatore ed esportatore di olio d’oliva. Stando ai dati della Commissione Ue, produce circa il 67% dell’olio d’oliva mondiale e quasi 4 milioni di ettari, soprattutto nei Paesi mediterranei, sono dedicati alla coltivazione dell’olivo, combinando oliveti tradizionali, intensivi e superintensivi.

Secondo le stime del Consiglio oleicolo internazionale riportate dal Sole24Ore, “l’anno scorso l’Italia ha prodotto circa 315 mila tonnellate di olio di oliva. Il principale produttore europeo però è la Spagna, con 1,4 milioni di tonnellate, mentre la Grecia è al terzo posto con 200 mila tonnellate”.

QUALI SONO I PAESI CHE NE CONSUMANO DI PIÙ

In totale, l’Unione rappresenta circa il 53% del consumo mondiale.

Italia e Spagna sono i maggiori consumatori di olio d’oliva dell’Ue, con un consumo annuo di circa 500.000 tonnellate ciascuno, mentre la Grecia ha il maggior consumo pro capite dell’Ue, con circa 12 kg per persona all’anno.

IL COMMERCIO DI OLIO D’OLIVA DELL’UE

In termini di commercio, riferisce la Commissione, l’Ue rappresenta circa il 65% delle esportazioni mondiali di olio d’oliva, che viene consegnato principalmente negli Stati Uniti, in Brasile e Giappone.

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