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Chi sale, chi scende e chi salirà (forse) al ministero dell’Economia

Fatti, mormorii, commenti e scenari sul ministro dell'Economia, Giovanni Tria, e non solo. I Graffi di Damato

La notizia del giorno, stando alla lettura dei giornali, è la sostanziale apertura della stagione del dopo-Tria al vertice del Superministero dell’Economia. La sorte del professore sarebbe bella che segnata – a prescindere dalla sua resistenza alle dimissioni e dalle coperture sinora fornitegli dal Quirinale – per la pazienza ormai esaurita dei grillini e del loro capo Luigi Di Maio. Il quale, stufo in particolare della mania del ministro di “fare come gli pare”, secondo la formula usata in un titolo di prima pagina dal Fatto Quotidiano a proposito del rimborso ai truffati o danneggiati dalle banche fallite, avrebbe deciso di rimuovere ogni ostacolo all’interno del governo offrendone la successione ad un leghista: in particolare, all’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, pur entrato parecchie volte anche lui nei mormorii, a dir poco, dei pentastellati per le presunte o reali resistenze opposte ai loro progetti e metodi.

Polemiche aperte e stilettate contro Giorgetti potrebbero ben essere archiviate sotto le cinque stelle pur di liberarsi di Giovanni Tria, ma anche per prevenire e in qualche modo persino limitare le richieste di riequilibrio delle forze nella compagine di governo da parte della Lega dopo i prevedibili guadagni nelle elezioni europee e amministrative di fine maggio. Peraltro, “i mercati tifano per Giorgetti”, ha assicurato, sempre in prima pagina, il sullodato Fatto Quotidiano respingendo a modo suo la sfida lanciata da Tria il giorno prima dalle colonne del Corriere della Sera a privarsi di lui e a vedere come avrebbero reagito, appunto, i mercati.

A completare mediaticamente l’assedio, o la caccia, al ministro ormai uscente, a quanto pare, dell’Economia si è messo di proposito il giornale La Verità diretto da Maurizio Belpietro contestando a Tria non solo la consulente Claudia Bugno – della quale i grillini hanno reclamato la testa tirando in ballo incarichi in società a partecipazione statale e l’azienda del marito avventuratasi ad assumere il figlio della seconda moglie del professore – ma anche la portavoce Adriana Cerretelli. Che è una giornalista in pensione del giornale confindustriale Sole 24 Ore, rimborsata delle spese dal Ministero ma stipendiata, o qualcosa del genere, per oltre 65 mila euro lordi l’anno dal gruppo petrolifero Moratti, facendo parte da tempo del consiglio di amministrazione della Saras.

Il giornale di Belpietro, forse giusto per incuriosire di più il vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini, conoscendo il fastidio, a dir poco, che gli procurano queste vicende, ha sparato in prima pagina la foto di un figlio di Tria, Stefano Paolo, sulla barca a vela che ha recentemente fiancheggiato nei soccorsi dei migranti in acque libiche la nave di Luca Casarini e amici, tutti indagati dalla Procura di Agrigento per supporto al traffico clandestino di persone. Essi sono stati peraltro restituiti alla loro nave dissequestrata dopo pochi giorni a Lampedusa. Potete immaginare, ripeto, il…. sollievo che possono avere procurato e procurare tuttora simili notizie a Salvini, dopo avere peraltro saputo che Casarini, in attesa del dissequestro della sua nave, era stato invitato alla Camera, tra buvette e cortile attrezzato del palazzo di Montecitorio, da amici e sostenitori politici dell’accoglienza sostanzialmente incondizionata.

Eppure, c’è un’altra notizia che può ben essere accompagnata, per la sua portata politica, a quelle su Tria. E’ il lungo corteo che ha accompagnato, festoso, il passaggio di Matteo Renzi nel cosiddetto transatlantico della Camera, reduce da una conferenza stampa col vice presidente Ettore Rosato e con l’ex ministra Maria Elena Boschi, indetta per sollecitare giustizia con i familiari delle sette giovani italiane morte tre anni fa nell’incidente stradale di Freginals, nella Spagna.

Renzi ha attraversato impettito, sorridente e riverito i corridoi di Montecitorio, pago – lasciatemelo sospettare – dei guai in cui il giorno prima si era fatto mettere il suo successore alla guida del Pd, Nicola Zingaretti, dal nuovo – pure lui – segretario generale della Cgil Maurizio Landini. Che si era vantato, alla fine di un incontro al Nazareno caricatissimo di significato, di avere proposto la patrimoniale per reperire fondi da destinare allo sviluppo, pur cercando di chiamarla in altro modo. Poi, in verità, Zingaretti aveva cercato di prenderne le distanze, ma fra le proteste e le critiche di chi nel Pd non ha paura di perdere voti cavalcando Landini.

A godersi le difficoltà di Zingaretti su questo terreno insidiosissimo della patrimoniale è stato, sul versante decisamente opposto a Renzi, anche il vice presidente grillino del Consiglio Di Maio. Che si è proposto come difensore dei risparmiatori.

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